Tecnica: i motori sovralimentati (parte seconda)

Tecnica: i motori sovralimentati (parte seconda)
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Quali sono le differenze tra i motori sovralimentati e quelli aspirati dal punto di vista costruttivo? Le maggiori sollecitazioni in gioco rendono necessari vari adeguamenti | <i>M. Clarke</i>
31 luglio 2014

Grazie all’invio di aria in pressione ai cilindri è possibile aumentare la potenza in misura impressionante. Le sollecitazioni alle quali sono sottoposti gli organi meccanici però crescono e ciò rende necessarie adeguate modifiche. Oltre a pressioni massime elevatissime, occorre anche fare i conti con la maggiore quantità di calore che, con uno stesso regime di rotazione e a parità di cilindrata, viene sviluppata nell’unità di tempo all’interno dei cilindri. Con questa situazione hanno a che fare innanzitutto la testa e i pistoni, più le valvole di scarico, organi direttamente a contatto con i gas ad altissima temperatura, mentre gli imponenti picchi di pressione fanno sì che le bronzine di banco e di biella debbano sopportare carichi più elevati. Come ovvio, le condizioni di lavoro diventano sempre più gravose all’aumentare del grado di sovralimentazione.

Calore in aumento

In un eguale periodo di funzionamento le pareti metalliche sono attraversate da una superiore quantità di calore; in altre parole, sono nettamente più alte le sollecitazioni di natura termica che i componenti lambiti dai gas devono sopportare. Per avere precise indicazioni in merito ad esse basta dividere la potenza per la superficie totale dei pistoni. Si ottiene così la potenza specifica areale, che nei motori aspirati delle auto a benzina di serie dell’ultima generazione raggiunge valori dell’ordine di 0,60-0,68 CV/cm2, e che in quelli sovralimentati passa a 0,78-0,94 CV/cm2 nei sovralimentati. Nei turbodiesel automobilistici di alte prestazioni si arriva dalle parti di 0,82-0,96 CV/cm2.

A titolo di confronto, nei motori di Formula Uno aspirati, prima che il regolamento iniziasse a porre delle limitazioni, si arrivava quasi a 1,20 CV/cm2. Erano gli straordinari 3000 a dieci cilindri da 300 CV/litro, alcuni dei quali superavano i 19000 giri/min. Per avere un’idea di quanto “pesi” la sovralimentazione, a livello di sollecitazioni termiche, basta pensare che nei turbo di 1500 cm3 degli anni Ottanta sono stati raggiunti (e anche leggermente superati) i 3 CV/cm2! Nel regolamento attuale ci sono norme molto penalizzanti per le prestazioni, con limitazioni del regime di rotazione e della quantità di benzina che si può fornire al motore.

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In alcuni pistoni per motori diesel turbo (come quello dell’immagine, prodotto dalla Federal Mogul) si effettua una rifusione localizzata per migliorare la struttura del materiale al bordo della camera

Potenze specifiche dei V6 da F1

Nonostante questo le potenze specifiche areali dei V6 di Formula Uno sono comunque molto alte; raggiungono infatti valori dell’ordine di 1,98-2,0 CV/cm2. Il fatto di non poter disporre del vigoroso raffreddamento interno assicurato dall’impiego di miscele a dosatura notevolmente ricca (la cosa è impossibile, dati i severi limiti in fatto di consumo) peggiora sensibilmente le cose, in questi motori. Non solo si ha a che fare con una elevata densità del flusso termico, ma la refrigerazione di componenti come i pistoni è dunque più difficoltosa! Evitare che possano essere raggiunte temperature troppo elevate, negli attuali 1600 turbo da Gran Premio è dunque un’impresa ardua.

Come ovvio, nei motori di serie le cose sono più semplici, ma le maggiori sollecitazioni derivanti dalla adozione della sovralimentazione, abbinate all’esigenza di ottenere un funzionamento impeccabile per chilometraggi elevatissimi (unitamente a una affidabilità totale), creano comunque difficoltà tecniche di notevole portata. Se si pensa poi che le prestazioni continuano ad aumentare (l’incremento si ottiene facendo ricorso a pressioni di alimentazione sempre più alte) e che parallelamente stanno ancora crescendo le esigenze in fatto di riduzione dei consumi, appare chiaro che i costruttori sono chiamati ad affrontare una sfida tecnologica imponente. Nei motori a ciclo Otto, inoltre, a differenza di quanto accade in quelli a ciclo Diesel, c’è il problema della detonazione, con la quale si ha a che fare quando, durante la combustione, nella camera vengono raggiunte pressioni e temperature molto elevate. Per questa ragione quando il grado di sovralimentazione è considerevole di norma occorre ridurre in misura sensibile il rapporto di compressione.

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Un accurato studio della distribuzione delle temperature nella testa (in questo caso di un turbodiesel BMW) è fondamentale. In fase di progetto si ricorre alla visualizzazione al computer

Leghe di alluminio a conduttività termica elevata

Per quanto riguarda le teste, il più elevato carico termico derivante dalla sovralimentazione ha già fatto passare diversi costruttori a leghe di alluminio dotate di una conduttività termica superiore, rispetto a quelle impiegate in precedenza. Hanno un costo maggiore, ma consentono di abbassare le differenze di temperatura tra le varie zone di una stessa parete, e quindi di ridurre le tensioni derivanti dal fatto che una parte tende a dilatarsi in misura assai maggiore rispetto a un’altra, a pochi millimetri di distanza, che non può farlo. Le zone più “fresche” ostacolano l’espansione di quelle più calde! Di importanza essenziale sono anche la resistenza alla fatica termica e il mantenimento di buone caratteristiche meccaniche alle alte temperature. È alla luce di queste considerazioni, ad esempio, che si spiega il recente passaggio di una nota casa automobilistica tedesca dalla più economica lega Al Si9 Cu3 alla Al Si7 Mg, che ha una conduttività termica del 30% superiore. Eccellente per i motori con elevato grado di sovralimentazione è la RR350, contenente il 5% di rame e minori percentuali di nichel, cobalto e zirconio.  

Per i pistoni nei motori sovralimentati le condizioni di lavoro sono particolarmente severe. Tanto per cominciare, raffreddarli in maniera adeguata, data la maggiore quantità di calore da smaltire, è tutt’altro che facile. Nei motori aspirati di prestazioni elevate è sufficiente il ricorso a un getto d’olio per ogni pistone; in quelli delle Formula Uno pre-2014 si impiegavano anche tre o quattro ugelli diversi per ciascuno di essi (dai quali venivano emessi i getti). Nei motori sovralimentati però questo non basta.

Per i pistoni nei motori sovralimentati le condizioni di lavoro sono particolarmente severe. Tanto per cominciare, raffreddarli in maniera adeguata, data la maggiore quantità di calore da smaltire, è tutt’altro che facile


La quantità di calore da asportare è troppo grande. Si impiega allora un sistema che prevede la circolazione di olio in una apposita canalizzazione anulare praticata nella parte superiore di ciascun pistone, alla altezza delle cave per i segmenti. Per ricavarla si utilizza un’anima realizzata con un sale solubile (al posto della consueta sabbia da fonderia debitamente agglutinata mediante resina) che dopo la solidificazione della lega di alluminio viene sciolta. Questa soluzione va bene quando i pistoni (come accade nella stragrande maggioranza dei casi) vengono ottenuti mediante colata in conchiglia. Nei motori più sollecitati, come quelli delle vetture di Formula Uno, si impiegano però pistoni forgiati, dalle superiori caratteristiche meccaniche. Per ricavare la canalizzazione si fa allora ricorso a una soluzione particolarmente avanzata, che prevede l’unione al corpo principale di una parte della testa del pistone (realizzata separatamente) mediante saldatura a fascio di elettroni.

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Nei diesel sovralimentati per ottenere una cospicua asportazione di calore dalla parte alta del pistone si fa ricorso a una canalizzazione anulare nella quale viene fatto circolare olio

Caratteristiche meccaniche: quando peggiorano

Alle alte temperature le caratteristiche meccaniche delle leghe di alluminio peggiorano notevolmente. A questo si aggiunge il fatto che le elevatissime pressioni dei gas generano forze impressionanti, le quali devono essere trasmesse alla biella; è chiaro quindi che la situazione a livello delle portate per lo spinotto può diventare critica. Quando le pressioni di contatto superano un determinato valore e le temperature nelle zone interessate sono molto alte, diventa pertanto necessario l’impiego di bussole.

Questa soluzione viene largamente adottata nei motori di Formula Uno e nei diesel. In questi ultimi la camera di combustione è ricavata nel cielo del pistone, che di conseguenza assorbe una quantità di calore ancora maggiore (è più estesa la superficie a contatto con i gas) rispetto a quanto avviene nei motori a ciclo Otto. Particolarmente critica è la situazione in corrispondenza del bordo della camera, dove si possono raggiungere temperature che talvolta raggiungono (e in certi casi superano) i 400 °C; questo ha portato alcuni produttori di pistoni a sviluppare delle tecnologie mediante le quali si modifica la struttura della lega alluminio-silicio in tale zona, tramite rifusione localizzata.

Appare a questo punto evidente che, siccome le pressioni di alimentazione continuano ad aumentare, il passo successivo deve riguardare il materiale. E infatti già da diverso tempo vari motori per autocarro, fortemente sovralimentati, impiegano pistoni in acciaio. Audi li utilizza da anni per vincere a Le Mans. E pare che stiano arrivando anche sulle auto diesel di serie…

Una vita dura

Per valvole di scarico la vita è molto dura già nei motori aspirati di serie (per non parlare di quelli da competizione); con la sovralimentazione le condizioni di lavoro diventano ancora più gravose. Logico quindi che vengano impiegati materiali in grado di sopportare meglio lo straordinario “cimento termico”, ovvero di lavorare senza problemi a temperature più elevate. Si utilizzano comunemente superleghe a base di nichel, con una elevata percentuale di cromo e in genere con anche significativi tenori di altri elementi come il titanio e l’alluminio. Alcuni di essi, come il famoso Nimonic 80, sono stati sviluppati in origine per i componenti più sollecitati dei motori a reazione (palette delle turbine, combustori).

Per migliorare lo smaltimento del calore assorbito, vengono largamente impiegate valvole al sodio, che hanno lo stelo cavo (e talvolta anche parte della testa). In fase di fabbricazione al loro interno viene immessa una certa quantità dell’elemento in questione, che ha un basso punto di fusione e che quindi è liquido nelle condizioni di funzionamento. In questo modo si ottiene un apprezzabile rafreddamento “a shaker”: il sodio fuso assorbe calore dalla testa e lo trasferisce allo stelo, che lo smaltisce grazie al contatto con la guida. L’abbassamento di temperatura che così si ottiene è dell’ordine di 80-150 °C, il che non è davvero poco. Questa soluzione è tutt’altro che nuova; è stata escogitata infatti negli anni Venti per essere impiegata nei motori aeronautici.  

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