Tecnica: i condotti di aspirazione downdraft

Tecnica: i condotti di aspirazione downdraft
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I condotti di aspirazione downdraft sono una soluzione inconsueta che ha avuto poche ma interessanti applicazioni. Scopriamole insieme
3 settembre 2015

Lo schema classico per i motori di alte prestazioni prevede che la testa abbia un lato di aspirazione e uno di scarico. I gas combusti escono da una parte e l’aria entra dall’altra dall’altra. Semplice e razionale, no? Questa è la soluzione che domina la scena, abbinata a una distribuzione mono o bialbero. Fino ad alcuni anni fa avevano ancora una discreta diffusione le teste “uniflow”, con i condotti di aspirazione e di scarico dallo stesso lato, ma non erano certo destinate a motori di alta potenza specifica.

Condotti di aspirazione... in verticale!

C’è però un’ulteriore possibilità di disporre i condotti; è stata sfruttata piuttosto di rado ma in motori che in genere hanno lasciato il segno. Uno di loro ha vinto due mondiali di Formula Uno consecutivi negli anni Cinquanta mentre un altro ha trionfato più volte a Indianapolis nel decennio successivo. E con l’entrata in scena della iniezione diretta questa soluzione è stata ripresa anche da qualche recente motore di serie. Stiamo parlando delle teste con condotti di aspirazione che passano nella zona centrale, tra i due alberi a camme, con andamento più o meno parallelo all’asse dei cilindri. In altre parole, se la bancata di questi ultimi è verticale, sono verticali anche i condotti di aspirazione, mentre quelli di scarico mantengono la disposizione usuale e quindi fuoriescono dalla testa lateralmente. In questi casi fino a pochi anni fa si parlava di “downdraft” ports, ma oggi questa definizione inizia ad essere impiegata per indicare semplicemente i condotti con forte inclinazione verso l’alto, anche se disposti in maniera convenzionale.

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Una splendida BMW 328 del 1936

 

In campo automobilistico i condotti di aspirazione di questo tipo pare che abbiano fatto la loro comparsa negli USA, su alcuni motori da competizione costruiti dal mitico Miller negli anni Venti e su una Sampson che ha gareggiato a Indianapolis nel 1930 e nel 1933. Poco tempo dopo la soluzione è stata impiegata dalla BMW per la sua ottima 328 a sei cilindri. In questo caso la distribuzione era ad aste e bilancieri e i condotti di aspirazione, verticali, passavano nella zona centrale della testa, tra le due file di valvole (debitamente inclinate tra loro). Nel dopoguerra questo motore è stato a lungo costruito in Inghilterra dalla Bristol. In Germania vanno segnalati i sei cilindri delle vetture Sport Veritas, “imparentati” in larga misura con il 328 ma dotati di una nuova testa, in alcuni casi con distribuzione monoalbero.

Le applicazioni in Formula 1

A portare decisamente alla attenzione di tecnici e appassionati i condotti downdraft è stata la Mercedes-Benz con i suoi straordinari motori da competizione desmodromici a iniezione diretta che hanno spopolato nei campionati di Formula Uno del 1954 e 1955. La soluzione è stata impiegata anche sul motore di tre litri delle vetture Sport della casa di Stoccarda che hanno vinto il mondiale nel 1955 (trionfando tra l’altro nella Mille Miglia). Si trattava di un otto cilindri in linea strettamente imparentato con quello dei motori di F1, ma dotato di blocchi testa/cilindri in lega di alluminio (con canne cromate) e di un angolo tra le valvole leggermente diverso.

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La poco fortunata Lamborghini 350 GT

 

Nel 1957 ha fatto la sua comparsa il V12 Maserati di 2500 cm3 destinato alle monoposto da Gran Premio, per il quale si parlava di una potenza superiore ai 300 cavalli a un regime dell’ordine di 10.000 giri/min. Da questo motore in seguito è derivato quello di tre litri che è stato impiegato dalla Cooper nelle sue vetture di Formula Uno nel 1966 e (con nuove teste a tre valvole per cilindro) nel 1967. Tra le soluzioni impiegate spiccavano le canne dei cilindri umide nella parte superiore e secche in quella inferiore e i robusti cappelli da banco, fissati con quattro grosse viti ciascuno. Le punterie erano del tipo a piattello e le molle delle valvole (inclinate tra loro di 78°) erano a spillo.

Il V12 Lamborghini

Tra il 1961 e il 1965 il regolamento limitava a 1500 cm3 la cilindrata dei motori di Formula Uno. L’ing. Giulio Alfieri, direttore tecnico della Maserati, ha pensato di spingere al massimo il frazionamento, al fine di ottenere la più elevata potenza possibile. È così nato uno splendido V12, disposto trasversalmente rispetto al telaio, dotato di condotti di aspirazione downdraft. Purtroppo questa straordinaria realizzazione è rimasta allo stadio di prototipo. Nel 1963 la Lamborghini ha fatto il suo ingresso nel settore automobilistico con la 350 GT, azionata da un V12 di 3500 cm3 collocato anteriormente e dotato di condotti downdraft. La vettura non ha avuto un particolare successo, ma ha aperto la strada che ha portato alla realizzazione della fantastica Miura (apparsa tre anni dopo) azionata da una versione sviluppata e con cilindrata portata a 4,2 litri dello stesso motore, che è stato disposto trasversalmente subito dietro l’abitacolo.

Nel 1963 la Lamborghini ha fatto il suo ingresso nel settore automobilistico con la 350 GT, azionata da un V12 di 3500 cm3 collocato anteriormente e dotato di condotti downdraft

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Nel 1964 la Ford ha schierato a Indianapolis il suo nuovo V8 con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro per il quale dopo una serie di test al flussometro e al banco prova è stata scelta la soluzione downdraft. La cilindrata di questo motore, che ha vinto la 500 miglia per tre anni consecutivi (dal 1965) era di 4,2 litri e l’angolo tra le valvole di 70°. Il 1966 ha visto l’adozione della soluzione downdraft da parte di svariati costruttori impegnati in campo agonistico. In quello stesso anno è entrato in vigore il nuovo regolamento di Formula Uno che prevedeva per gli aspirati una cilindrata massima di 3000 cm3 e ciò ha reso necessaria la realizzazione di nuovi motori.

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La Matra F1 del 1968 con il V12 MS9

 

La Ferrari ha schierato il suo 312 con teste bialbero, anche nella versione a tre valvole per cilindro, che impiegava condotti di questo tipo. La BRM ha fatto ricorso alla soluzione downdraft, già utilizzata l’anno precedente sull’ultima versione del V8 di 1500 cm3, nel suo famoso 16 cilindri ad H e poco tempo dopo anche nel V12 tipo 101. Pure la Honda ha utilizzato questo schema nel suo motore RA 273 E. Contemporaneamente la Jaguar ha sviluppato un motore bialbero con condotti downdraft di 5.0 litri, con l’intenzione di schierarlo alla 24 ore di Le Mans. Purtroppo il progetto è stato cancellato e questo V12, provato a lungo con risultati molto interessanti, non è uscito dallo stadio di prototipo.


Un caso a sé stante è quello della BMW, che ha realizzato un motore di 2 litri, con il basamento della vettura di serie, con l’intenzione di utilizzarlo sulle monoposto di Formula Due. La testa, progettata dal famoso tecnico austriaco Ludwig Apfelbeck, aveva quattro valvole per cilindro disposte diametralmente. Vi erano otto condotti di aspirazione, verticali, e otto di scarico, orizzontali e disposti quattro da un lato della testa e quattro dall’altro. Le camere di combustione erano emisferiche; in ciascuna di esse le due valvole di aspirazione non erano adiacenti ma disposte una di fronte all’altra, e lo stesso avveniva per quelle di scarico. Il 1968 ha visto la comparsa del V12 di Formula Uno Matra. Denominato MS9, questo motore aveva teste con condotti di aspirazione downdraft. L’angolo tra le valvole era di 56° e la potenza era dell’ordine di 400 cavalli a un regime di circa 10500 giri/min. In seguito però la casa francese è passata a teste di tipo convenzionale, con camere più compatte e angolo tra le valvole molto ridotto.

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Lo schema della leggendaria Lancia ECV con motore Triflux

Lancia e lo schema Triflux

Per diversi anni è sembrato che la soluzione downdraft avesse completamente perso l’interesse dei progettisti. Arrivati alla metà degli anni Ottanta però la Lancia per sostituire la sua Delta S4 con doppia sovralimentazione ha realizzato un motore con doppio turbocompressore, testa con condotti di aspirazione verticali e scarichi laterali, secondo uno schema detto Triflux. Le quattro valvole di ogni cilindro, collocate come di consueto su due piani inclinati tra loro (la camera di combustione aveva quindi l’usuale forma a tetto), si alternavano: da ciascun lato ce ne erano una di aspirazione e una di scarico, con disposizione “diametrale”. 

Il Mercedes C 291 a 12 cilindri aveva una cilindrata di 3,5 litri e al termine dalla stagione è arrivato ad erogare una potenza non lontana da 700 cavalli a un regime superiore a 13000 giri/min

La Mercedes C 291

Condotti downdraft sono stati impiegati nel 1991 anche dalla Mercedes-Benz per il suo C 291 a dodici cilindri contrapposti, destinato al mondiale di endurance. Questo interessantissimo motore, dotato di gruppi teste/cilindri realizzati di fusione in blocco unico, aveva una cilindrata di 3,5 litri e al termine dalla stagione è arrivato ad erogare una potenza non lontana da 700 cavalli a un regime superiore a 13000 giri/min. L’angolo tra le valvole era di 40°. Quando si adotta la soluzione downdraft l’angolo tra le valvole non può essere molto ridotto perché nella zona centrale della testa devono passare i condotti di aspirazione. Ciò impedisce la realizzazione di camere di combustione molto compatte. In genere quando si è fatto ricorso a questo schema è stato o per poter collocare gli scarichi al centro della V formata dalle due bancate di cilindri oppure perché non si poteva fare altrimenti.

 

Quest’ultimo è stato ad esempio il caso del motore Mercedes, nel quale per portare il baricentro quanto più possibile vicino al suolo era stata adottata una architettura con cilindri orizzontali e gli scarichi uscivano dalla parte superiore delle teste. Non era possibile piazzare inferiormente i condotti di aspirazione, che perciò sono stati disposti orizzontalmente, facendoli passare in ogni testa tra i due alberi a camme. Dopo l’uscita di scena del C 291 sembrava che dei condotti downdraft non si sarebbe più parlato; e invece, grazie all’affermazione della iniezione diretta di benzina sui motori di serie, dal 1997 in poi se ne sono visti almeno un paio… 

 

La Lamborghini Miura

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