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Nel 1958 Keith Duckworth e Mike Costin hanno fondato una piccola azienda che aveva l’obiettivo di elaborare motori di serie e di realizzare parti speciali ad essi destinate. Della Cosworth, nome ottenuto unendo le lettere iniziali e finali dei loro due cognomi, si è cominciato a parlare grazie ai successi dei motori Ford Anglia preparati per le monoposto della Formula Junior.
Il primo motore dotato di una testa progettata e realizzata dalla Cosworth è stato lo SCA, con distribuzione monoalbero e due valvole parallele per ogni cilindro. Il basamento era quello in ghisa della Ford Cortina, con canne integrali e cinque supporti di banco. Realizzato nel 1964 per le vetture di Formula Due, aveva una cilindrata di 1000 cm3 ed erogava inizialmente 115 cavalli, portati poi a circa 140 grazie a un intenso lavoro di sviluppo. La testa aveva i condotti di scarico e di aspirazione (questi ultimi erano fortemente inclinati verso l’alto) dallo stesso lato della testa. Le camere di combustione erano ricavate nel cielo dei pistoni.
La Cosworth ha sempre avuto forti legami con la Lotus (dalla quale provenivano i due fondatori) e con la Ford. In previsione della entrata in vigore della nuova Formula Uno di 3000 cm3, dato che la Coventry Climax aveva annunciato il suo ritiro dalla scena agonistica, Colin Chapman si è rivolto alla Ford Europa, riuscendo a convincerla a finanziare un ambizioso programma che prevedeva la progettazione e la realizzazione da parte della Cosworth di due motori: un quattro cilindri di 1,6 litri destinato alle monoposto di Formula Due e un V8 da Gran Premio (ottenuto in pratica abbinando su di un unico basamento due bancate di cilindri e due teste del quattro cilindri). Il primo avrebbe dovuto consentire di valutare la validità delle scelte tecniche da utilizzare nel secondo e di effettuare le modifiche che si fossero eventualmente rese necessarie.
Verso la fine del 1965 è iniziata così la progettazione dello FVA di Formula Due, che ha iniziato le prove al banco nel luglio dell’anno successivo. Il basamento era quella della Ford Cortina 120 E e le misure di alesaggio e corsa erano 85,7 x 69,1 mm. La testa bialbero ospitava 16 valvole che giacevano su due piani inclinati tra loro di 40°. I due alberi a camme venivano azionati da una cascata di ingranaggi collocata anteriormente. Questo motore ha erogato subito oltre 200 CV, saliti nel giro di un paio di anni a poco più di 220 a 9000 giri/min. Le bielle avevano una lunghezza pari a 1,77 volte la corsa.
Gli ottimi risultati forniti dallo FVA (Four Valve A type) hanno fatto sì che la realizzazione del V8 venisse accelerata al massimo. Il mondiale di Formula Uno di 3000 cm3 era iniziato nel 1966 e la Lotus aspettava impazientemente il momento in cui avrebbe potuto disporre di un motore all’altezza della situazione. Il nuovo DFV (Double Four Valve) ha vinto nella gara d’esordio, il GP d’Olanda del 1967 (montato sulla Lotus 49); dopo avere superato alcuni problemi di gioventù, non solo è diventato il motore da battere, ma addirittura ha mostrato la strada.
Si trattava di un otto cilindri a V di 90°, molto più compatto e leggero dei V12 con i quali era destinato a lottare, studiato fin dall’inizio per essere impiegato come elemento strutturale della vettura. Veniva fissato alla paratia subito dietro il posto di guida e sostituiva la parte posteriore del telaio (le sospensioni erano fissate direttamente al gruppo motore-cambio). L’alesaggio di 85,7 mm era abbinato a una corsa di 64,8 mm e, con un rapporto di compressione di 11:1, la potenza nel primo anno di gare era di 405-410 cavalli a 9000 giri/min. Nelle teste, fuse in lega di alluminio al 7% di silicio, erano alloggiate quattro valvole per ogni cilindro, inclinate tra loro di 32°. Quelle di aspirazione avevano un diametro di 33,5 mm e quelle di scarico lo avevano di 29 mm. La distribuzione era comandata da due cascate di ingranaggi piazzate alla estremità anteriore del motore.
Il basamento era fuso nello stesso materiale delle teste e incorporava due bancate di cilindri con struttura closed deck, munite di canne in ghisa del tipo riportato in umido con bordino di appoggio superiore. I pistoni erano forgiati in lega di alluminio RR 58 contenente il 2,2% di rame e minori quantità di magnesio e nichel. Le bielle, in acciaio da bonifica al nichel cromo molibdeno, avevano una lunghezza pari a 2,05 volte la corsa. Per l’albero a gomiti, che aveva i perni di manovella a 180°, cioè disposti sullo stesso piano, veniva impiegato invece un acciaio da nitrurazione al cromo molibdeno. Per quanto riguarda la parte inferiore del basamento, sono state impiegate due soluzioni, studiate per avere le minori perdite per sbattimento e la massima rigidezza. Una prevedeva l’impiego di un sottobasamento nel quale erano ricavate le metà inferiori dei cinque supporti di banco mentre l’altra prevedeva che per i supporti numero due e quattro venissero impiegati cappelli amovibili. Le camere di manovella venivano mantenute in depressione da pompe di recupero dalla portata esuberante che, come altri dispositivi accessori, erano collocate ai due lati del basamento e venivano azionate da una cinghia dentata piazzata anteriormente.
Nel corso degli anni un intenso lavoro di sviluppo ha portato a un graduale incremento delle prestazioni. Nel 1971 il motore erogava 450 CV a 10.000 giri/min e nel 1979 è arrivato a 480 a 10.800; la versione del 1982 forniva 495 CV a 11.100 giri/min. L’ultima vittoria in un GP del DFV è arrivata nel 1983, quando ormai era iniziata l’era turbo.