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La crescente diffusione dei basamenti in lega di alluminio ha avuto anche delle interessanti conseguenze per quanto riguarda i procedimenti produttivi. Utilizzando la ghisa si può impiegare solo la fusione in sabbia (o in terra che dir si voglia) data l’elevatissima temperatura di colata di tale materiale. Con le leghe di alluminio invece si possono impiegare tutte le tecnologie fusorie disponibili. E siccome anche i costi di fabbricazione contano, la cosa ha la sua importanza.
Quando si impiega la lega di alluminio per realizzare il basamento (e quindi anche la bancata dei cilindri, che di norma è ricavata nella stessa fusione) occorre fare ricorso a particolari soluzioni per quanto riguarda le canne. Quelle riportate in ghisa sono largamente utilizzate nel nostro settore, e vengono usualmente incorporate nel blocco cilindri all’atto della colata della lega stessa. La soluzione è semplice e poco costosa, ma si può fare di meglio. La ghisa conduce il calore peggio dell’alluminio e inoltre l’interfaccia canne-blocco cilindri, per quanto intima possa essere l’unione tra le parti, crea una considerevole resistenza al passaggio del calore. A questo si aggiunge il fatto che la presenza delle canne può essere in una qualche misura svantaggiosa ai fini dell’ingombro (ovvero della lunghezza del blocco cilindri) e quindi anche del peso.
Alcuni costruttori hanno perciò studiato altre soluzioni, affidandosi spesso al supporto di produttori specializzati nella componentistica.
Sono così state realizzate canne in materiale sinterizzato, più leggere di quelle in ghisa e, soprattutto, in grado di trasmettere assai meglio il calore. Un grande punto di forza della sinterizzazione è costituito dal fatto che grazie ad essa è possibile ottenere materiali aventi una composizione che non sarebbe possibile avere in altro modo. Molto vantaggioso per diverse applicazioni è anche il fatto che con questo procedimento produttivo si può “dosare” come più opportuno la porosità. Le canne sinterizzate hanno avuto una certa diffusione ma non sono mai riuscite ad imporsi veramente su larga scala.
Invece di impiegare canne sinterizzate, alcune aziende hanno pensato di incorporare nel blocco cilindri dei preforms. Con tale termine si indicano delle strutture estremamente porose, costituite da fibre corte di materiale ceramico e da particelle, destinate ad essere “impregnate” dalla lega di alluminio liquida. In questo caso non si può impiegare la pressofusione (che invece si utilizza per le canne sinterizzate), perché l’elevata velocità del metallo liquido che entra nello stampo distruggerebbe i preforms. Occorre comunque una considerevole pressione per ottenere una completa impregnazione. Per questa ragione nei cilindri Lokasil realizzati dalla Porsche impiegando i preforms si è fatto ricorso allo squeeze casting, processo fusorio che prevede la messa in pressione della lega di alluminio solo dopo che essa ha riempito, a bassa velocità, lo stampo. La Honda invece per realizzare i suoi blocchi cilindri con preforms (contenenti anche particelle di grafite, ottimo lubrificante solido) ha messo a punto un sistema di colata in conchiglia a media pressione denominato HNDC. Impiegando queste tecnologie, in effetti si ottengono una composizione e una microstruttura che localmente differiscono da quelle delle altre parti del blocco cilindri. A livello delle pareti delle canne il materiale è praticamente un composito, con fibre corte e particelle dure che permettono di ottenere una elevata resistenza all’usura e consentono anche di realizzare una superficie con una eccellente capacità di ritenzione dell’olio.
Qualche tempo fa è stata messa a punto una interessante tecnologia basata sull’impiego del laser che consente di modificare il materiale del blocco cilindri, arricchendolo con particelle dure in corrispondenza delle pareti delle canne. Il procedimento prevede una rifusione localizzata del metallo base, ottenuta grazie alla energia del laser, mentre contemporaneamente in tale zona arrivano delle particelle di silicio, trasportate da un getto di gas accuratamente orientato. Punto debole di questo processo è il considerevole tempo necessario per il suo svolgimento, cosa che ha anche effetti negativi sui costi di produzione.
Notevole interesse hanno attratto su di sé le tecniche che prevedono l’incorporazione nel blocco cilindri, fuso in una data lega di alluminio, di canne realizzate con una lega avente una composizione diversa. In questo modo è possibile impiegare un materiale dal costo contenuto, dalla ottima lavorabilità e dotato di una grande colabilità per il basamento e una lega ad altissimo tenore di silicio, difficile da utilizzare in fonderia e da lavorare, per le canne. Quelle denominate Silitec, che venivano realizzate con il procedimento denominato spray compacting, partendo da gocce di metallo fuso, sono state impiegate per diverso tempo dalla Mercedes-Benz. Una proposta non tanto dissimile è dovuta alla Mahle (sistema Albond) e prevede l’incorporazione nel blocco cilindri all’atto della fusione di un intero gruppo di canne siamesi, dalla superficie esterna molto “frastagliata” al fine di migliorare l’ancoraggio meccanico e di aumentare la superficie di contatto, con benefici effetti sullo scambio termico.
Da qualche anno a questa parte la Federal Mogul ha in produzione delle canne “ibride”, caratterizzate dal fatto di essere bimetalliche. La canna vera e propria è in ghisa, ma sulla sua superficie esterna è applicato mediante un sofisticato processo di spruzzatura termica uno strato di lega di alluminio di congruo spessore. L’unione è eccellente grazie anche alla formazione di legami intermetallici. All’atto della colata la parte più esterna dello strato di alluminio fonde unendosi metallurgicamente alla lega liquida che entra nello stampo.