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Da poco si è concluso il Consiglio dei Ministri che ha deliberato su molti temi economici di questi giorni; tutti si aspettavano un sostanzioso intervento sui prezzi dei carburanti, schizzati alle stelle nel giro di pochissimi giorni e, a detta del ministro Cingolani, "del tutto ingiustificati". Ebbene, nonostante lo sdegno istituzionale, l'intervento a favore degli automobilisti si profila come inconsistente e inadeguato, per un totale di 0,25 euro al litro per il gasolio e la benzina, che oramai hanno raggiunti prezzi praticamente uguali.
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Effetto sulle tasche dei contribuenti, che già pagavano le tasse più alte d'Europa, praticamente zero. La verde (prezzo medio di oggi) dovrebbe passare da 2,184 euro al litro a 1,934, il gasolio da 2,154 a 1,904. Tutto questo in palese presenza di aumenti che non hanno nulla a che vedere con il prezzo e l'afflusso del petrolio, di cui non è mai mancata nemmeno una goccia e su cui infatti è stata avviata un'azione inquisitoria dell'Antitrust, che naturalmente impiegherà mesi e mesi per venire a capo della complessa istanza.
Cosa c'è poi da capire? È ovvio che le maggiori aziende che trattano carburanti in Italia (Eni, Q8, Esso, Tamoil, IP, Total, Shell eccetera) pur avendo scorte intonse, hanno agito d'anticipo, con un tempismo sorprendente, per una possibile futura, paventata riduzione della disponibilità. Riduzione che potrebbe diventare tragica, ma che per il momento non lo è affatto, e speriamo non lo diventi senza motivo. E qualcuno, anzi il premier Draghi in persona, ha infatti pronunciato nei giorni scorsi la parola maledetta che nessuno vorrebbe mai sentire: razionamento. E per voi? Meglio la benzina col contagocce o a 3 euro al litro?