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Quando si dice Bertone, si pensa subito alla grande tradizione di stile automobilistico tricolore. Una tradizione purtroppo spesso riferibile ai dorati tempi del secolo scorso e non a novità moderne, che molti possano toccare o vedere di nuovo in strada. Quel cammino che si è stoppato per l’azienda piemontese, è in parte simile a quello di altre grandi “carrozzerie” tricolori ed estere. Teresio Gaudio, attuale manager n°1 di Icona Design e molto attivo sul fronte odierno del design automotive a livello globale, è l’uomo che è stato chiamato a gestire la fase di transizione più difficile per Bertone. Quella del passaggio dopo la morte del fondatore, con le vicende familiari ma anche giudiziarie degli eredi e la divisione, in più parti, delle attività di design, stile e carrozzeria.
Sebbene realtà nata nel lontano 1912, chiunque sia over40 o ami le vetture del passato almeno anni Novanta, ricorda certo modelli facili da vedere e toccare con mano; se fortunati anche da possedere. Parliamo di modelli di auto, ovviamente. Come la popolarissima Fiat Punto, quella cabrio della serie 176 oppure le Alfa Romeo 90. Oppure ancora, poteva essere un simbolo assoluto e idolatrato, a cui molti designer di fama internazionale amano ispirarsi ancor oggi: Lamborghini Miura. L’elenco è lungo, fatto da marchi e modelli popolari, vero, ma anche di raro pregio e apprezzamento internazionale, con valori da alto collezionismo. Case auto non solo italiane, affidavano al design Bertone versioni “cool” di tecnica talvolta comune, ma con quelle differenze nella carrozzeria… Che ne decretano spesso ancor oggi un valore nettamente più elevato, rispetto ad altre non by Bertone in gamma al tempo. Ecco, il design di Bertone è stato per alcuni modelli ora e allora realmente Top, da collezionista milionario, ma anche per auto potenzialmente di tutti.
Qui, per la prima volta, trovo aziende con soldi in banca ma carenza di lavoro
Dopo il decesso del fondatore nel 1997, a fine anni Novanta ma soprattutto a inizio secolo l’azienda ha vissuto momenti difficili. Fino allo smembramento, le turbolenze e la cessione in parte anche al gruppo Fiat. Oggi, pur ancora vivo il nome Bertone non rinverdisce più certi fasti a quattro ruote in chiave moderna, vicino a grandi case auto italiane ed estere (da BMW a Volvo, passando per Citroen e Opel) e soprattutto vicino al grande pubblico.
“A quel tempo – spiega Gaudio - dopo essermi occupato di gestione dei casi aziendali di Aprilia e di Fiamm (batterie auto) arrivo in Bertone. Un caso molto diverso da tutti i precedenti, che avevano in sostanza crisi di liquidità come causa del loro dissesto. Qui, per la prima volta, trovo aziende con soldi in banca ma carenza di lavoro”.
Premettiamo cosa significa, per il mondo industriale auto specialmente in Italia, essere una grande Carrozzeria dei tempi d’oro che arriva nel nuovo secolo. Il contesto di Bertone era in parte comune ad altri, indipendentemente dal fatto successione. Perché stava cambiando l’industria automobilistica. “Dopo la morte di Nuccio, l’azienda è stata ereditata da moglie e figlie, secondo le regole. Purtroppo servivano competenze di settore per affrontare quel momento storico dell’azienda. La Carrozzeria aveva circa 10 milioni di cassa utile, con però oltre 1000 dipendenti in cassa integrazione da tempo“.
Un paradosso, per certe teorie dell’economia aziendale. “Il mestiere dei Carrozzieri era già finito, bisognava capirlo. Maggiora, Vignale, Karmann Ghia e altri, non solo in Italia: avevano tutti finito“.
Finito di lavorare come nel secolo scorso, dove avevano peso per l’industria di serie e non solo. Parliamo di nomi che ancora oggi hanno un grande appeal, ma il cui “lavoro grosso” è andato via via verso lo zero, assoluto. “Si tratta di signori che hanno fatto la storia dell’industria dell’auto. In un certo periodo storico anche abbastanza lungo, i Costruttori appaltavano alle Carrozzerie vari modelli di serie; quelli di minor volume. Vari i motivi. Il primo fattore è tecnologico: non si poteva e non conveniva trasformare linee di produzione per fare solo certi modelli ogni tanto. Poi la capacità produttiva: ai tempi inferiore alla domanda di vetture. Insomma, le Case davano volentieri ad altri il compito di occuparsi di certi modelli; altri che erano magari sia designer, sia costruttori (oltre Bertone anche Pininfarina)“.
Un protagonismo sfruttato creando a volte modelli personali ed eccezionali, fuori dalla media del costruttore che vi si appoggiava, o per alcune eccellenze; altre volte solo per compensare una fase di mercato positivo, per quel tipo di attività ricercata. “Erano opportunità da cogliere, ma poi è finita. Nel 2008 una ricerca internazionale indicava per l’Europa capacità produttiva auto in eccesso, del 25/30%. In Italia erano cinque gli stabilimenti da chiudere. Se i costruttori auto non hanno loro da lavorare, di certo non sub-appaltano; non fosse che per questioni sindacali. Pininfarina stessa, venne messa in crisi per questa fase di cambiamento“.
Cosa accadde in Bertone? “Con quella situazione e gli oltre mille dipendenti in difficoltà da cinque anni, si poteva fare un concordato preventivo. Con il dettaglio che l’azienda non aveva debiti, se non per i TFR e la società sorella di Stile Bertone”.
Una storia che però nella realtà diventa ben più articolata. “Una storia quasi divertente, se non fosse folle. La maggioranza era della famiglia, solo un 30% di esterni meno vicini. Si voleva ridurre l’emorragia di denaro che comunque proseguiva. All’assemblea straordinaria, convocata una mattina, si procede con il concordato preventivo e le relative procedure. Il pomeriggio però uno stop. La moglie del fondatore dice che avendo promesso di portare il marchio Bertone ai 100 anni, non si poteva fare”.
Mancava poco, potevano bastare delle piccole opportunità per equilibrare il tutto? “Mancava poco sì, ma l’idea di quel rilancio passava per delle roulotte e un modello sportivo per gli USA. Ipotesi da considerarsi non fattibili. Da non lato si trattava di essere new-entry contro dei leader di mercato, in un mercato pure piccolo. La nuova sportiva poi, senza un pianale, un motore e anche una serie rete vendita, tutto necessario… Servivano finanziamenti, per avviare nuove produzioni e mostrarle”.
Stiamo dicendo che le crisi dipendono da fattori di mercato, ma non solo? “In giro si citano sempre le molte condizioni, la politica e i sindacati, che rendono difficile il lavoro. Ma anche gli stessi imprenditori fanno delle scelte. Ci sono esempi di attività in Italia, anche esterne all’auto, che vanno male per mancanza di visione del contesto e di dove si sta andando“.
Venendo al caso Bertone, non si è potuto sciogliere? Gli altri rami? “Di fronte a quella situazione ho detto arrivederci e grazie. Restò il caso di una figlia, vicepresidente di Stile Bertone, con cui valutammo cosa fare. Stesso problema in altro formato: 120 persone a lavoro ma necessità rilancio causa poche attività. Facciamo allora un piano di ristrutturazione, ma poi non ci sono stati gli accordi giusti tra tutti i famigliari”.
I noti strascichi, anche in tribunale. “Si arriva con delle nomine dal tribunale, per dirimere la vicenda. Vengo nominato allora AD di Stile Bertone e proviamo il rilancio. Una cosa davvero bella a questo punto, perché nuova: mi accorgo di innamorarmi del design, anche se in età avanzata”.
Arrivano cambiamenti. “Facciamo due nomine importanti: Jason Castriota (ex-Pininfarina) più Samuel Chuffart (ex Nissan e Land Rover) e viene preparata la one-off Mantide. Auto portata al Salone di Shangai e poi venduta a un collezionista amerciano. A questo punto arriva il fronte utile in Cina, dove avevo molti contatti e arrivano anche dei contratti. Era il 2008”.
Anno che segna il confine della crisi. “Esatto, prima quella finanziaria e poi un momento di settore in cui tutto il mondo occidentale era senza progetti nuovi. Le Case auto avevano tendenza a fare internamente. In Cina al contrario, si vedeva una crescita dell’auto quasi folle, anche +40%”.
La Carrozzeria Bertone di Grugliasco, manifatturiera, intanto passa al gruppo Fiat (Maserati). A quel punto, un uomo che conosce le aziende come Gaudio, fresco innamorato del design automobilistico e non solo, vedendo simili opportunità in mezzo al grigio dell’Europa è portato a lanciare la sua nuova e attuale avventura: Icona Design. Il gruppo Bertone procederà senza di lui, in ulteriori fasi di cambiamento e divisione rimanendo qualcosa di vivo oggi, in formato molto meno tangibile di un tempo. Di quella nuova avventura, nata nel 2010 con un target internazionale e ora già molto cresciuta in Cina, di Icona, vi parliamo invece altrove sulle nostre pagine (link).