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La transizione tecnologia che stravolge la vita delle persone, e non proprio in meglio: per i circa duemila operai della fabbrica Stellantis di Kragujevac, in Serbia, ad esempio, sono giorni di tensione e preoccupazione dopo la proposta da parte della dirigenza di scegliere se trasferirsi all'estero per due anni per riqualificarsi nella produzione di auto elettriche in un’altra delle fabbriche del Gruppo; il problema è che nel caso di rifiuto, la prospettiva è una sola, quella di venir licenziati.
L’impianto di Kragujevac, quarta città serba per grandezza posta a meno di 150 a sud di Belgrado, secondo il business plan di Stellantis è destinato ad enormi cambiamenti tecnologici nei prossimi anni: le attuali linee di produzione che sfornano la 500 L dovranno ospitare le nuove piattaforme di montaggio destinate alle vetture elettriche.
Un cambio non solo strutturale, ma anche di valore umano: gli operai dovranno imparare nuove funzioni e per la loro formazione l'azienda richiede il sacrificio di trasformarsi in emigranti per un paio d'anni, in modo da apprendere lontano dalle mura domestiche le operazioni cui saranno delegati nel prossimo futuro.
Una scelta ardua, anche per la mobilità piuttosto brusca con cui è stata posta: per chi non sceglie di partire, l'alternativa è un programma di rapida uscita dall'azienda, con perdita immediata del lavoro.
Un aut aut che ha fatto storcere il naso alle rappresentanze sindacali locali e che conferma la difficoltà di Stellantis - come eredità di antiche stagioni prima con Fiat e poi con FCA - a stabilire relazioni non conflittuali tra proprietà e lavoratori.
Soltanto un mese fa, ricordiamo, Stellantis ha firmato un accordo da 190 milioni di euro con il governo serbo per la trasformazione di Kragujevac in sito di produzione per veicoli elettrici compatti; un piano al quale lo stato slavo partecipa direttamente con 48 milioni di euro.
E sarebbe un vero paradosso se venissero utilizzati per finanziare lo “scivolo“ degli operai che dovessero rifiutare la proposta dell'azienda...