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Dalla storica Fiat alla moderna Stellantis, le trasformazioni del gruppo automobilistico italiano hanno sempre coinvolto notevoli quantità di fondi pubblici. Già negli anni '90, interi stabilimenti come quelli di Melfi e Termini Imerese furono costruiti grazie al sostegno statale, con investimenti difficili da quantificare in assenza di documentazione completa. Tra il 1990 e il 2019, si stima che i contributi statali siano stati circa 4 miliardi di euro, su più di 10 miliardi di investimenti dichiarati.
La transizione a FCA e poi a Stellantis ha visto cambiare la strategia, con una riduzione delle richieste di aiuti pubblici, ma non la loro completa eliminazione. Durante la pandemia, FCA ottenne un prestito di 6,3 miliardi di euro garantiti dallo stato, fondamentali per la fusione con PSA e la nascita di Stellantis, che restituì anticipatamente il prestito nel 2021. Nonostante ciò, gli aiuti di stato hanno continuato a fluire, compresi significativi ammortizzatori sociali.
Tuttavia, a fronte di questi massicci investimenti pubblici, il bilancio occupazionale e produttivo in Italia mostra segni di contrazione, con una perdita netta di posti di lavoro e la chiusura o riconversione di stabilimenti storici. Nel frattempo, gli azionisti hanno goduto di cospicui dividendi, sollevando interrogativi sul reale beneficio di tali aiuti per l'economia e la società italiane.