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Addio sogni gloria: altro che piano di rilancio, annunciato solo un paio di mesi fa.
Per SsangYong l’orizzonte si è ristretto, e la parola d’ordine è diventata sopravvivere, uscendo indenni dalla crisi da pandemia.
Tutto nasce dal dietro front da parte del socio di maggioranza, l’indiana Mahindra, che ha dichiarato di non essere in gradi di onorare gli impegni economici presi per sostenere il piano di rilancio del marchio coreano: SsangYong, che vedeva proprio nella robusta iniezione di capitali liquidi una ciambella di salvataggio per tirarsi fuori dalle acque rischiose in cui ha navigato negli ultimi tempi, deve ricominciare tutto daccapo.
Operazione non semplice già in tempi ordinari, figuriamoci oggi sotto la bufera del Covid-19.
Non ci sono molte alternative: per evitare il default, occorre vendere i (pochi) gioielli di famiglia, vale a dire gli asset di maggior prestigio, pur di mettersi in casa finanziatori nuovi dal portafogli ancora gonfio.
La storia di SsangYong è stata nel recente passato sempre piuttosto travagliata: salvata proprio da Mahindra nel 2010, negli ultimi tre anni ha avuto sempre vendite in calo, bilanci negativi e casse vuote.
Il colpo di reni per ribaltare la situazione era stato annunciato proprio ad inizio 2020, quando l’uragano Coronavirus era solo un’innocua perturbazione locale: un piano di investimenti da 400 milioni di euro, con l'ambizioso obiettivo di ritornare in utile entro due anni.
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Ora Mahindra garantisce solo un prestito-ponte da 30 milioni di euro, per tenere SsangYong a galla: un pannicello caldo, sufficiente solo per qualche mese.
Un arco di tempo brevissimo, in cui SsangYong dovrebbe reperire da sola finanziamenti alternativi, mentre a luglio arriverà a scadenza anche il prestito di 60 milioni di euro da restituire alla Korea Development Bank.
Se per SsangYong si annunciano tempi convulsi, con sacrifici in termini occupazionali e cessione di strutture operative, c’è chi sta alla finestra, interessato a cogliere il momento migliore per farsi avanti.
In Corea, Hyundai Motors Group, oltre al proprio, già controlla i marchi Kia e Genesis, e potrebbe senz’altro far suo in sol boccone anche SsanYong, magari per pochi spiccioli, confermando così il suo posto al tavolo dei grandi gruppi mondiali del settore automotive.