Soldini: «Maserati Multi70? È la F1 del mare. Abbiamo spalancato la porta di un nuovo mondo»

Soldini: «Maserati Multi70? È la F1 del mare. Abbiamo spalancato la porta di un nuovo mondo»
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Abbiamo intervistato il grande skipper Giovanni Soldini, divenuto famoso per le sue regate oceaniche, anche in solitario. Oggi è pronto ad una nuova folle sfida, con il Maserati Multi70. E della auto tedesche dice...
11 novembre 2016

La Spezia - Non servono particolari presentazioni quando si parla di Giovanni Soldini. Dopo 25 anni di regate oceaniche, tra cui spiccano due giri del mondo in solitario e una manciata di record stracciati qua e là in giro per il mondo, sono in molti a considerarlo uno dei velisti più grandi di tutti i tempi.

Ma lui è rimasto sempre lo stesso. Lavora ancora a testa bassa sulla sua barca, come quando aveva iniziato a fare vela, da bambino. Non è cambiata la voglia di sporcarsi le mani, di sudare. Ma soprattutto di rimettersi in gioco con sfide sempre nuove. L’ultima - forse la più folle e per questo la più affascinante - con Maserati, al suo fianco dal 2013.

Giovanni Soldini a bordo del Maserati Multi70
Giovanni Soldini a bordo del Maserati Multi70
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La tua avventura con Maserati continua, ma questa volta con una nuova barca, molto particolare, giusto?

«Il progetto Maserati Multi70 rappresenta una sfida senza precedenti nel mondo della vela. Abbiamo preso questo trimarano soltanto lo scorso maggio e ora lo stiamo sviluppando per trasformarlo in qualcosa di unico».

Raccontaci di più…

«La mia idea è quella di realizzare il primo multiscafo in grado di “volare” sull’acqua in mare aperto. Fino ad oggi abbiamo visto questo tipo di navigazione soltanto in condizioni molto particolari, all’interno di baie o golfi protetti, quindi dove il mare è pressoché piatto. Io invece voglio volare con il Multi70 anche nell’oceano, affrontando le onde».

Sembra una sfida di quelle toste. Ce l’avete fatta?

«Siamo già riusciti a volare in mare aperto a 38 nodi di media, con punte di 44 (più di 80 km/h, ndr). Velocità folli, lo so, ma ce l’abbiamo fatta. Un grande risultato, ottenuto per di più in pochissimi mesi. Molte componenti del Multi70 in ogni caso sono ancora da perfezionare, sviluppare e costruire. Dobbiamo anche riparare un timone, che è andato distrutto durante un trasferimento. Insomma, c’è ancora da sudare. Ma abbiamo spalancato la porta di un nuovo mondo. Il volo in oceano è una realtà tutta da scoprire».

Il Maserati Multi70 in "volo"
Il Maserati Multi70 in "volo"

Ma come ci siete riusciti? Non deve essere facile far volare una barca in mare aperto…

«La nostra più grande intuizione è stata quella di montare una deriva [una sorta di pinna, ndr]» in corrispondenza dell’albero. In questo modo siamo riusciti a costruire il “volo” poggiando su tre punti invece che in due, come avviene con i bi-scafi della America’s Cup. Quando si alza in volo quindi il Maserati Multi70 poggia, oltre che sulla deriva centrale, su un grande foil laterale [un’atra pinna, ma con diversa conformazione, quasi ad angolo retto, ndr] e su quello posteriore [che invece è a forma di T rovesciata, ndr]».

Come ti è venuta l’idea del “volo” in mare aperto?

«E’ un momento storico per la vela. Il “volo” sull’acqua ha cambiato tutto nella vela e quindi mi sembrava giusto allargare questo orizzonte anche alla navigazione in mare aperto. Le barche che volavano erano soprattutto piccole. Io mi sono detto: perché non possono essere anche grandi?»

Qual è il vantaggio di avere una barca che “vola” rispetto ad un monoscafo tradizionale?

«Il vantaggio è che quando c’è tanto vento e riusciamo a volare siamo molto più veloci degli altri. Lo svantaggio è che quando c’è poco vento e tutti i tre scafi pescano in acqua finiamo per essere più lenti». 

Ti piace navigare in questo modo? Alcuni velisti dicono che questo modo di “volare” non c’entra più niente con la barca a vela vera e propria…

«Si vede che non ci sono mai saliti su una barca che “vola”! A me piace “volare”, penso che faccia parte dell’evoluzione naturale delle cose. Il mondo cambia, si evolve e si va sempre avanti. Ed è così anche nella vela. A chi dice che “volare” non significa più andare in barca rispondo che vedere una regata con i monoscafi che vanno a dieci nodi era una noia mortale. Quella vela era morta, finita. Da quando le barche “volano” invece la America’s Cup è rinata e tantissime persone si sono avvicinate alla vela perché è diventata spettacolare.»

Raccontaci del tuo rapporto con Maserati. Ormai sono un po’ di anni che lavorate insieme

«Con Maserati abbiamo costruito un modo di lavorare molto innovativo a mio avviso. Con la barca siamo impegnati a fare record in giro per il mondo, intanto facciamo girare il marchio e organizziamo attività promozionali laddove andiamo ad attraccare. I clienti possono fare un giro in barca e poi guidare la gamma Maserati. E il formato funziona, specialmente in alcuni Paesi. Anche perché di solito chi sale su una Maserati poi, se può, se la compra. Pensate che in un weekend in Cina sono riusciti a vendere qualcosa come 17 o anche 20 Maserati in occasione di un test drive di questo tipo».

Maserati sta vivendo un momento di grande espansione. Da marchio di nicchia vuole diventare qualcosa di più. Una bella sfida…

«Sì è vero. Maserati è ancora un marchio piccolo in alcuni Paesi, è ancora tutto da costruire e si confronta con dei giganti. In questo ricorda un po’ la nostra avventura con il Multi70».

L'intervista a bordo del Multi70
L'intervista a bordo del Multi70

Quanto è importante avere alle spalle un’Azienda come Maserati per uno skipper come te?

«Avere un’azienda come Maserati che da così tanti anni crede e investe in progetti sperimentali come il nostro è una grande fortuna. E’ anche una bella responsabilità».

Ti piacciono le automobili o sono soltanto uno sfondo nella tua vita? Ci sono automobili che ti sanno emozionare oppure il fascino della vela rimane qualcosa di ineguagliabile?

«Una cosa è certa. Non guido macchine tedesche! [ride, ndr]. Una Ghibli contro una tedesca? Ah per me francamente non c’è paragone! Mi piace guidare, in realtà adoro salire su qualsiasi mezzo. Tra cui ci sono sicuramente anche le automobili. Guidare dà sicuramente delle emozioni fortissime. Non inferiori, direi semplicemente diverse da quelle di una barca a vela».

Hai mai pensato di fare qualche gara in auto?

«Per fare bene una cosa bisogna dedicarci un’intera vita. Mi sarebbe anche piaciuto fare il pilota automobilistico, solo che non ne ho avuto la possibilità. Gare in auto? No, è meglio che ognuno pensi a fare ciò che gli compete».

Il Multi70 è ancora in fase di sviluppo
Il Multi70 è ancora in fase di sviluppo

Auto e barche a vela. Due mondi ad alte prestazioni, ci sono punti di contatto?

«Sono due mondi molto diversi, ma ovviamente ci sono dei punti di contatto. Nella ricerca dei materiali, ma anche per quanto riguarda studi e competenze spesso troviamo qualche aspetto in comune. Non è un caso se, per esempio, il bulbo e il timone di FILA [il 60 piedi con cui Soldini nel ’99 ha vinto il giro del mondo a vela in solitaria] erano stati progettati da un ex ingegnere Ferrari, Andrea Rocchetto».

Quando navighi sul Maserati Multi70 sei praticamente al comando di una vera e propria F1 del mare. Immaginiamo che ci siano dei costi folli dietro a tutta questa tecnologia…

«Difficile dare un costo al Maserati Multi70. La barca non era nata per volare, era un trimarano laboratorio costruito in Francia per studiare soluzioni destinate a barche molto più grandi. Abbiamo deciso di acquistarlo e di trasformarlo in qualcosa di completamente diverso. Quindi da un lato lo abbiamo comprato “usato”, ma dall’altro abbiamo investito tantissimo per trasformalo nella prima barca capace di volare in mare aperto. Se l’avessimo comprato nuovo l’avremmo pagato circa 6 milioni di euro. Ma non è il nostro caso, come ho cercato di spiegare. In ogni caso è davvero una F1 del mare. Pensate che la sua randa [la vela principale, ndr] costa 65.000 euro e ogni anno deve essere sostituita. Il timone, giusto per fare un altro esempio, costa 70.000 e un semplice winch [quel “rotore” che serve a tendere o rilasciare le cime delle vele, ndr] costa 30.000 euro, praticamente come una bella auto».

Dopo una carriera come la tua non inizi ad essere un po’ stanco?

«Io stanco? Nient’affatto! Anzi, sono contentissimo per questa nuova avventura con il Multi70, è bella, stimolante e super interessante. Sono solo felice di avere avuto questa nuova possibilità». 

Com’è cambiata la navigazione d’altura in questi anni?

«E’ cambiato tutto. Ma intendo davvero tutto, oggi viviamo in un mondo completamente diverso rispetto a quando io iniziai a fare i giri del mondo in solitaria. E lo vedo con i giovani, che oggi basano le proprie competenze quasi esclusivamente sulla tecnologia. Questo può essere giusto da un certo punto di vista, perché la tecnologia oggi offre tante potenzialità che un tempo ci sognavamo. Ma sono convinto che per navigare oggi serva anche l’esperienza di quelli della mia generazione. Un giovane oggi non sa nemmeno cos’è un barometro. Un tempo invece era l’unico strumento su cui ci potevamo basare per cercare di interpretare il meteo. Mi ricordo che una volta, tanti anni fa, avevo la previsione meteo su uno schermino di 20 cm che mi individuava un’area sconfinata, praticamente da Capo Horn all’Australia [ride, ndr]. E solo su quello mi potevo basare per capire il meteo!»

Oggi invece c’è il pilota automatico anche in barca…

«Sì, oggi è davvero cambiato tutto. Il computer ti sa calcolare la rotta ottimale in base ai venti e al meteo. Ma può sempre sbagliare, ovviamente. E quando succede un imprevisto è solo l’esperienza di una vita passata in mare quella che ti può salvare. Per questo in un equipaggio servono i giovani, la tecnologia ma anche l’esperienza. Una volta per andare in mare serviva una cultura spessa così, una cultura di totale autonomia. Dovevi sapertela cavare da solo, sempre e comunque. Oggi in un certo senso è più facile, ma bisogna ricordare che i rischi in mare sono sempre gli stessi». 

I foil sono quelle "pinne" ricurve che permettono al Multi70 di "volare"
I foil sono quelle "pinne" ricurve che permettono al Multi70 di "volare"

La vela si è re-inventata con il “volo”. Cosa ci dobbiamo aspettare ancora in futuro?

«Secondo me il prossimo step sarà quello di avere ali al posto delle vele, un po’ come avviene già nella America’s Cup. Ma con una sostanziale differenza. La mia idea sarebbe quella di avere delle ali in grado di ripiegarsi, in modo che all’occorrenza si possa ridurre la superficie esposta al vento. Una condizione fondamentale per navigare in mare aperto». 

Noi seguiamo il motorsport e in quel mondo non è raro sentire grandi campioni o team manager che, consapevoli del proprio talento, sparano a zero sugli avversari, annunciando grandi risultati ancora prima di scendere in pista. Tu invece hai un atteggiamento completamente diverso. Sei il numero uno nella vela, ma non ti abbiamo mai sentito dire “ciao ragazzi, adesso parto per una nuova regata e do una lezione a tutti quanti!”. Come mai?

«Ah guarda, me ne guardo bene dal spararla grossa prima di salpare! Anche se a volte, in effetti, poi l’ho data per davvero una lezione a tutti quanti… [ride, ndr] Scherzi a parte, c’è poco da essere presuntuosi. Il mare ci mette un attimo a darti una regolata. E comunque per vincere una regata serve sempre anche un po’ di fortuna. La sicurezza in se stessi va bene, bisogna sempre essere belli carichi e determinati. Ma non bisogna essere spocchiosi».

 

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