Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
A rivelarlo e a confermare quanto noi di Automoto.it sosteniamo da tempo è uno studio aggiornato a dicembre 2018, sulla qualità dell’aria negli ambienti urbani, condotto dai laboratori dell'Unione Europea di Ispra. Il traffico, racconta il report, ha ridotto grandemente la sua partecipazione all’inquinamento urbano, mentre è aumentata notevolmente quella delle altre forme di impiego energetico e soprattutto l’uso di pellet a base di legno per il riscaldamento domestico. Tuttavia, pochi colgono l’aspetto positivo di questi dati, ma continuano a ripetere allarmi infondati e disinvolti. Fra questi, quella di considerare pari a 90.000 persone all’anno quelle che vedono ridotta di circa un anno la loro aspettativa di vita a causa dell’inquinamento ambientale. In gergo tecnico si chiamano “morti premature”, ma spesso per colpevole approssimazione (o per spirito terroristico, che fa vendere più copie) la stampa preferisce eliminare l’aggettivo “premature”.
Infatti, il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa l'ha definita «una vera e propria emergenza ambientale e sanitaria: 90 mila morti premature all’anno dovute allo smog», commentando i dati contenuti nell'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente «Unequal exposure and unequal impacts: social vulnerability to air pollution, noise and extreme temperatures in Europe». Secondo l'AEA, infatti, la qualità dell'aria è più bassa nell’area dell’Europa orientale (tra cui Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria) e dell’Europa meridionale (tra cui Spagna, Portogallo, Italia e Grecia), dove i redditi e l’istruzione sono inferiori e i tassi di disoccupazione superiori alla media europea e dove più di ogni altro Paese della UE occorre fare qualcosa. Ma cosa?
Intanto va precisato cosa si intende per smog: lo smog è quell'insieme di composti solidi o gassosi contenuti nell'atmosfera e giudicati dalla letteratura scientifica come più o meno - ma comunque potenzialmente - pericolosi per la salute dell'uomo. I principali imputabili alle emissioni degli autoveicoli sono particelle solide come i particolati PM10 e PM2,5 insieme alle emissioni gassose di ossidi di azoto (NOx) e ossido di carbonio (CO). Tali inquinanti oltre che dai motori sono prodotti da altre attività umane, come il riscaldamento degli edifici, la produzione industriale e, in minima parte, l'agricoltura, per citare le principali sorgenti dello “smog”.
C'è però una buona notizia che cozza contro i sempre più stringenti provvedimenti delle amministrazioni locali contro i motori Diesel. Secondo l'edizione 2018 del “Rapporto Qualità dell’ambiente urbano” stilato dall'Ispra, infatti, è diminuita drasticamente l'emissione di tali inquinanti da parte del traffico veicolare.
In particolare, dall'osservazione delle concentrazioni nell'aria di questi elementi nel periodo 2005-2015 in 120 Comuni d'Italia, si è rilevato che la quota e le emissioni di PM10 primario sono passate da un totale di 45.403 tonnellate nel 2005 a 36.712 tonnellate nel 2015 con una riduzione del 19%. «La principale fonte di emissione risulta il riscaldamento domestico a causa dell’incremento nell’uso di biomassa legnosa e un mancato adeguamento tecnologico verso apparecchiature più efficienti rispetto al caminetto tradizionale», spiegano i ricercatori nel rapporto.
Di contro, infatti, se nel 2005 il riscaldamento delle abitazioni era responsabile dell’emissione di 14.000 tonnellate di PM10, nel 2015 si è arrivati a superare quota 21.000, con un incremento di oltre il 50%.
Stesso discorso, anche più evidente, per quanto riguarda gli NOx, in particolare il biossido di azoto. Da quasi 13.000 tonnellate nel 2005 la quantità prodotta dal traffico si è quasi dimezzata a 6.700 dieci anni dopo (-48,5%), mentre la quota imputabile alle altre combustioni domestiche e industriali è salita da 14.400 a 21.700 (+50,7%).
La conclusione che se ne può trarre è che se da un lato è certamente vero che le emissioni dei motori hanno la loro responsabilità diretta sulla qualità dell'aria, è altrettanto vero che questi hanno fatto progressi enormi in ragione dell'avanzamento tecnologico che li ha resi più efficienti. Al contrario degli impianti di riscaldamento, «soprattutto in quelle zone (bacino padano e zone pedemontane appenniniche e alpine) dove è maggiore il consumo di biomassa legnosa e le condizioni meteorologiche invernali favoriscono l’accumulo degli inquinanti», avvertono i ricercatori dell'Ispra.
Enrico De Vita - Daniele Pizzo