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Ulan Bator, Mongolia, 8 Luglio 2019. Entrare a Ulan Bator non fa l’impressione che ci si aspetta. Forse perché prima di noi, in un passato solo di poco più lontano di noi, ci sono entrati i russi, altri russi e d’altri tempi, che l’hanno ridisegnata da capo cercando di farne dimenticare i caratteri distintivi e storici. Una vecchia storia, il passato dei nomadi del Gobi, con le loro tradizioni, la cultura e un profondo senso religioso, che riaffiora sulle rovine di un futuro imposto, improbabile e mancato. È di fatto e comunque un’esperienza emotiva forte, intensa. Particolare. Le sensazioni iniziano a affiorare. Non sono immediate come la vista del Bajkal o delle foreste siberiane, dirette, bensì più lente, come crescessero da un seme. E in effetti è così. È il seme della storia che è riemerso dalla terra e rilancia la fioritura di un Paese straordinario. Non solo geograficamente.
Il Silk Way Rally entra a Ulan Bator al temine della terza Tappa della Corsa. La frazione che porta alla Capitale mongola è lunghissima, settecento chilometri, con la Speciale fino a questo momento più lunga ma ancora “umana”, 250 chilometri. Quasi tutta su “terra”, la frazione cronometrata è veloce e navigata, con cambi di terreno e altitudine e attraversamenti di corsi d’acqua in questo momento più importanti del solito. Il finale è una lunga, scenografica volata sull’altipiano, con la testa già all’ingresso nella Capitale (anche se il bivacco è stato fossato nella zona del nuovo aeroporto, Sud-Ovest della Città).
Non si doveva dubitare della nuova affermazione di Kevin Benavides. L’ufficiale Honda partiva dal quarto posto e aveva solo da guadagnare. D’altra parte Sam Sunderland, il “centravanti” KTM, sapeva che l’inaspettata vittoria della vigilia lo costringeva ad aprire la pista, di fatto rallentando la propria andatura e consentendo agli inseguitori di risalire fino alla sua posizione. Niente da fare, Sunderland ha tenuto un ritmo molto elevato e nessuno è mai riuscito a raggiungerlo. La nuova vittoria di Kevin Benavides esce, dunque, dalle classifiche in tempo compensato. Sunderland è solo quarto, oltre due minuti di ritardo e alle spalle anche di Barreda, che completa il successo Honda. Terzo è il compagno di Squadra Luciano Benavides, il “fratellino” dell’attuale leader che porta a quasi tre minuti il suo vantaggio su Sunderland. In Generale Barreda è terzo, le due Hero di Gonçalves e Mena restano alle spalle anche di Luciano Benavides. Niente è deciso o compromesso, magari è tutto da rifare nella doppia frazione Marathon che allo standard già elevatissimo della Corsa aggiungerà le delicate, “sinistre” variabili della formula primordiale del Rally-Raid.
A… sorpresa, Nasser Al-Attiyah e Mathieu Baumel vincono anche la terza Tappa della Gara delle Auto. Tre su tre, al momento è un magnifico en plein. La sorpresa, in verità, è nel fatto che dopo il secondo successo e il quarto d’ora di vantaggio accumulato in soli due giorni, Al-Attiyah si era lasciato scappare di voler amministrare saggiamente il “patrimonio”. Invece durante la notte ha cambiato idea ed è partito per la Ulan-Ude Ulan Bator determinato a mettere più acqua possibile tra sé e gli inseguitori. Così sono sei minuti al russo Denis Krotov, oggi secondo con la Mini John Cooper Works, e qualcosa di più alla coppia di buggy cinesi di Han Wei e Liu Kun, che restano sui due gradini inferiori del podio provvisorio, ma con un fattura di oltre 20 minuti da pagare al Principe del Qatar.
La doppietta Kamaz a Ulan Bator, Karginov davanti a Shibalov, risveglia la Gara degli Elefanti del Deserto, tuttavia ancora in mano al Maz di Viazowich.
Ulan Bator andrebbe visitata. Con calma per capirla. Ma non c’è troppo tempo. I più irriducibili “viaggiatori” sono arrivati al bivacco, hanno preso un taxi e non si sono persi l’esperienza. Il tempio di Gan Dam, la scalinata dell’Amicizia, l’inquietante mercato. Il Silk Way Rally non concede troppo tempo, né riposo. È Rally-Raid allo stato puro. Il vantaggio è che non si corre il rischio di un calo di ritmo, lo svantaggio è nella fatica che continua ad accumularsi e… nell’imminente Tappa Marathon. L’”anello” di Ulan Bator e la successiva frazione che porta dalla Capitale a Mandalgovi sono uniti dal “parco Chiuso” tra le due Tappe. Nessuna assistenza possibile, pneumatici e ruote piombati, 850 chilometri in due giorni da gestire parsimoniosamente con grande riguardo alla Meccanica ed enorme intelligenza tattica. Il premio è lo spazio aperto delle praterie mongole, verdissime e sconfinate. Stupende!