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In occasione di ForumAutoMotive 2019 si sono potute ascoltare oggi a Milano molte opinioni interessanti da parte di aziende, enti e operatori nel mondo dell’auto. Uno dei temi fondamentali è quello della sicurezza, tema che tocca tutti gli utenti della strada, non solo chi sale a bordo di una nuova vettura elettrificata con sistemi di assistenza alla guida evoluti.
Dopo aver letto i numeri di vari studi su scala nazionale e udito dichiarazioni di personalità appartenenti a Case auto (Volvo, FCA e PSA) sistemisti (Bosch) piuttosto che forze dell’ordine, emergono le necessità prima delle molte opportunità. Già, perché sappiamo tutti del grande potenziale in sicurezza che possono offrire le tecnologie automotive attuali, dei target zero ambiti giustamente in aziende votate alla sicurezza (zero morti per incidenti, ndr) ma queste grandi opportunità si colgono in un ambiente adeguato. Le strade italiane al momento non lo sono.
Non solo per questioni di manutenzione del fondo asfaltato, ma soprattutto per infrastruttura che non sempre può accogliere tutte le novità di guida autonoma. Per regole carenti pur già difficili da far rispettare come sono ora. Per un parco circolante datato e deprezzato, che non si aggiornerà mai rapidamente da solo, a discapito del portafoglio dei cittadini. Soprattutto pesa la cultura di responsabilità nella guida di chi le popola, le strade tricolori: automobilisti, motociclisti e via dicendo, fino ai fruitori dei nuovi mezzi elettrici in micromobilità. Ai politici quindi un appello, prima che alle Case auto: “serve un vero nuovo Codice della Strada per migliorare significativamente la sicurezza”.
L’attuale Codice Stradale tricolore è datato 1992, quando la mobilità era differente, troppo. Non entriamo nel dettaglio di quali correzioni fare, sono molte e tra di esse certo un focus lo meritano fenomeni di microbilità e uso dello smartphone, ma anche la arcinota certezza della pena, qualunque essa sia se si "sgarra" con responsabilità per la sicurezza degli altri in strada.
Misure attese e spesso promesse da alcuni parlamentari, che potranno far scendere i tristi numeri: 600 pedoni e 350 ciclisti morti ogni anno, che si sommano alle 3.300 vittime (il doppio dell’Inghilterra) degli oltre 172mila incidenti stradali. I costi sociali di questi incidenti? Ammontano a 17 miliardi di euro, secondo le ultime stime dei drammi stradali italiani. A ricordare che non basta il lieve trend positivo innescato negli anni recenti è anche il Prefetto Roberto Sgalla, non a caso premiato con il Road Safety Award Dekra al ForumAutoMotive 2019.
Nella spinta critica però propositiva, ci mettiamo anche i media, dato che sono spesso in triste prima pagina le morti sul lavoro: i politici perseguono obiettivi mediaticamente noti e per dimezzare i morti sul lavoro in Italia, bisognerebbe operare prevalentemente sulla sicurezza stradale.
Una battaglia che gradiamo ricordare come necessaria è poi quella della cultura da incrementare, della civiltà intesa come educazione stradale che va sempre alimentata sin dalla scuola. Non bastano i milioni di post pro-sicurezza sui social, gli hasthag condivisi, serve un’attività sul campo con i giovanissimi. Attività di formazione verso bimbi e adolescenti che possono aiutare la sicurezza in strada quando poi vi andranno da soli. Con i loro comportamenti responsabili e consci, piuttosto che a bordo di auto premium semi-autonome per pochi, magari senza certe conoscenze.
Cenni di educazione stradale a tutte le età ma anche di guida al limite a chiunque si accinge a tenere tra le mani un manubrio o un volante. Non ultima è necessaria la conoscenza del veicolo, quantomeno per la manutenzione in sicurezza (es. stato degli pneumatici). Servono prima queste conoscenze di certi sistemi attivi esagerati da pagare in vetture premium, o della guida autonoma praticabile tra dieci anni, se non in zone circoscritte. Vale da esempio la stessa lettura limite velocità su cartelli che magari non sono nemmeno sempre corretti: immaginando la frenata repentina di un’auto autonoma che in mezzo ad altre legge un cartello 30 Km/h scordato, per un cantiere già liberato, su strada dove la norma è invece 130 Km/h. Educazione stradale materia obbligatoria quindi, che “fa media” a scuola? Anche sì, con dovute proporzioni e metodo, insieme a una patente che preveda esercizi di guida al limite della vettura.
Venendo ai sistemi di aiuto alla guida e controllo sicurezza, non ci possiamo lamentare: sono molti e validi. Le Case e i sistemisti offrono quanto solo venti anni orsono era difficile da immaginare, per la sicurezza di un’auto. Il problema è che non tutte le vetture e i camion sulla strada ne dispongono. Bosch e ACI hanno presentato uno studio sull’efficacia dei sistemi di assistenza alla guida, i noti ADAS. La ricerca su un campione di 3,3 milioni di veicoli che hanno percorso 24,5 miliardi di chilometri in due anni, parla chiaro: gli ADAS riducono i rischi, fino al 38% di incidenti in meno grazie al solo sistema di assistenza alla frenata.
La diffusione del sistema di assistenza alla frenata è ancora limitata però: solo un veicolo su cinque ne dispone, nonostante il sistema sia potenzialmente disponibile per il 75% dei modelli. Con lo studio si è mostrata una correlazione fra età del veicolo, dotazioni di sicurezza e rischio di incidentalità. Un dato pesante in questo senso è quello di Tesla, non certificato, che indica nel 40% di incidenti in meno il vantaggio dell’Autopilot sulle vetture elettriche americane.
Ma quanti possono permettersi una Tesla, anche con gli incentivi? Staremo a vedere cosa le aziende e gli enti che hanno il polso della situazione riusciranno a concordare di fare, tra loro, con il mondo della scuola e della politica. Intanto dalla Commissione Trasporti della Camera, si parla di obiettivo a fine novembre per la parziale revisione del Codice della Strada. Dall’Unione Europea invece è stato previsto l’obbligo di dotare di un equipaggiamento assistenza alla guida tutti i modelli di nuova omologazione introdotti dal 2022. Il “pacchetto salvavita” includerà l’assistenza alla frenata e il rilevamento del colpo di sonno, ma non solo.
Intanto il mercato automotive, che dovrebbe investire primariamente sulla sicurezza crescente come elemento dovuto, vive un paradosso motoristico ed ecologico: più investimenti sull’elettrico da parte di tutti, come pubblicamente annunciati (a noi italiani cari quelli FCA per nuove Alfa e Jeep) ma penetrazione di EV destinata a rimanere limitata e quindi difficoltà. A raggiungere gli obiettivi di emissioni medie delle flotte imposti per il 2020 (95 gr CO2/km) e il 2025 (81 gr/km).
Le Case si lamentano, soprattutto alcune, di un potenziale calo nei ricavi non solo propri ma anche per concessionarie e officine nostrane. È il cosiddetto "deserto di profitti" palesato da uno studio divulgato in occasione di Forumautomotive 2019, a Milano. Dall’altro lato, se calano i profitti e ci si concentra a pieno nelle motorizzazioni, si spera non cada il nobile focus sicurezza che perseguono a spada tratta solo alcune Case, come appunto Volvo e alcuni sistemisti.