Shale oil, crolla la produzione Usa. La guerra dei prezzi del petrolio ha funzionato

Shale oil, crolla la produzione Usa. La guerra dei prezzi del petrolio ha funzionato
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La produzione di shale oil negli Stati Uniti è letteralmente crollata, raggiungendo i minimi storici. Una vittoria per i Paesi mediorentali produttori di petrolio
10 settembre 2015

È ormai da diversi mesi consecutivi che i grandi produttori di petrolio, in particolare i Paesi Arabi, hanno intrapreso una vera e propria guerra contro lo shale oil americano ricavato dagli scisti bituminosi. In pratica i Paesi radunati sotto l'ombrello dell'Opec hanno tagliato all'inverosimile i prezzi dell'oro nero, nel tentativo di penalizzare il petrolio di scisto realizzato negli Stati Uniti.

Shale oil: la guerra degli Arabi per mandarlo fuori mercato 

I grandi produttori di petrolio infatti temevano che l'America, immettendo sul mercato un quantitativo sempre più consistente di shale oil, potesse iniziare a compromettere le esportazioni di greggio. La battaglia adesso è arrivata al giro di boa e, a giudicare dagli ultimi dati, riportati dal Sole 24 Ore, sembra proprio che la vittoria stia dalla parte dei grandi prodotturi di petrolio. I baroni del barile infatti sono riusciti a mandare completamente fuori mercato lo shale oil, già di per sé più costoso da ricavare rispetto al greggio.


La produzione di shale oil negli Stati Uniti è letteralmente crollata, raggiungendo i minimi storici. Ma non è finita qui perché il Governo americano le cose non andranno meglio nemmeno l'anno prossimo. Secondo le previsioni la produzione a Stelle e Strisce potrebbe arrivare a perdere persino un milione di barili al giorno.

Petrolio: produzione ai minimi storici negli Usa

Per di più il crollo del barile sostenuto dai Paesi arabi non sta creando grossi problemi soltanto allo shale oil, ma in generale anche al petrolio estratto negli Stati Uniti. In particolare, secondo l'Energy Information Administration (EIA,) la produzione complessiva di greggio in Nord America ad agosto è scesa di 140.000 barili, attestandosi a 9,1 milioni di barili al giorno. Si tratta del risultato più basso da settembre 2015.


Un dato del genere, in un contesto normale, avrebbe dato una scossa ai mercati che invece in questo caso non hanno reagito. Il panorama complessivo infatti rimane quello di un mercato in sovrapproduzione, dove permane un eccesso di offerta a livello globale.


Per il momento quindi la situazione dovrebbe rimanere stazionaria, con il barile che si mantiene attorno a quotazione piuttosto ridotte. Con qualche vantaggio, almeno per il momento, per i consumatori che trovano prezzi alla pompa più vantaggiosi (molto meno in Italia a causa delle accise).

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