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Sul sito di Value Progress, azienda giapponese con sede nella prefettura di Fukushima, si legge un'ambiziosa dichiarazione: "Il nostro obiettivo è costruire un'auto il cui aspetto vi lascerà a bocca aperta". E su questo punto, dobbiamo ammetterlo, la compagnia ha mantenuto la promessa con la sua Beast. Il problema è che il confine tra stupore ed orrore può essere sottile, e questa creazione lo oltrepassa con una velocità superiore a quella di una supercar.
La base di partenza di questo stravagante progetto è nientemeno che una Lamborghini Diablo, una delle icone degli anni '90, dotata di un V12 capace di prestazioni estreme. Ma la trasformazione operata da Value Progress ha radicalmente stravolto la sua essenza, abbandonando la sinuosa silhouette disegnata da Marcello Gandini per un'estetica che mescola elementi della scena Bosozoku, esagerazioni da manga e pieghe che sembrano uscite da un esperimento di origami andato fuori controllo.
A prima vista, la Beast sembra un incrocio tra un Transformer ispirato ai rapaci e un’astronave cyberpunk. La parte frontale si stringe in una punta aggressiva, con gruppi ottici disposti a semaforo privi di tecnologia LED, rendendo il tutto anacronistico. Le linee della carrozzeria appaiono stratificate e contorte, come se ogni insicurezza progettuale fosse stata coperta da ulteriori strati di fibra di vetro, fino a non lasciare più una singola superficie piana.
Gli specchietti retrovisori, incredibilmente sporgenti e montati su doppi supporti, sembrano avere poche speranze di offrire una visuale decente oltre le mastodontiche fiancate. A peggiorare la situazione, i passaruota posteriori sono stati ampliati in ben tre livelli sovrapposti, sfidando ogni principio aerodinamico. E proprio l'aerodinamica è stata probabilmente l’ultima delle preoccupazioni del team di progettazione, considerando la selva di alettoni che inizia addirittura sopra il parabrezza e culmina in una gigantesca doppia pinna centrale, che potrebbe essere stata ricavata da una vecchia scala dei pompieri.
Arrivati al retrotreno, la situazione diventa ancora più estrema. Il mastodontico alettone si eleva fino a sembrare un potenziale frangiflutti in caso di tsunami, mentre l’imponente batteria di terminali di scarico, posizionata in altissima quota, sembra pronta a respingere onde ancor prima che raggiungano la costa. A muovere il tutto resta comunque il leggendario V12 Lamborghini, anche se non è chiaro quale versione sia stata utilizzata, con una potenza che dovrebbe variare tra i 492 e i 596 CV, trasmessi rigorosamente tramite cambio manuale.
Se il valore di velocità massima originale della Diablo era di circa 325 km/h, il dubbio è quanti di questi siano sopravvissuti alle massicce modifiche aerodinamiche. Resta inoltre un grande punto interrogativo sulla possibilità di ottenere una regolare omologazione stradale. Per ora, fortunatamente (o sfortunatamente, a seconda dei punti di vista), la Beast dovrebbe rimanere confinata in Giappone, evitando agli automobilisti europei il rischio di un attacco epilettico alla sua vista.