Seggiolini anti-abbandono obbligatori: tutto giusto ma...

Seggiolini anti-abbandono obbligatori: tutto giusto ma...
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Anche senza voler tirare in ballo la spinta emotiva alla base della decisione di legiferare in materia, attorno alla vicenda dei seggiolini per auto che avvertono della presenza a bordo del piccolo occupante a vettura spenta si snodano dubbi e perplessità
5 ottobre 2019

Dopo mesi di tira-impasse-molla, il Consiglio di Stato ha stabilito (con riserva) che per i bambini al di sotto dei quattro anni sarà obbligatorio l'utilizzo dei seggiolini di nuova generazione, quelli cosiddetti “anti-abbandono”, dotati cioè della tecnologia in grado di avvertire i genitori con un alert sonoro o con una segnalazione sullo smartphone che la vettura è stata chiusa con il piccolo occupante ancora a bordo.

Lo abbiamo raccontato per bene qui, con tanto di dettagli sulle motivazioni che hanno spinto l'organismo amministrativo a richiamare l'attenzione del governo per alcune anomalie e difformità contenute nel decreto.

Senza soffermarci troppo su come l'enfasi su tali dispositivi più che da motivazioni di reale utilità ed efficacia sia scaturita da fattori emotivi e demagogici, aggiungiamo a quelle del Consiglio di Stato anche i nostri dubbi e le nostre perplessità.

Tempi, modi, limiti dell'applicazione

Primo: quale sarà la dimensione temporale dell'obbligatorietà prevista? Ovvero: farà fede la data di immatricolazione della vettura? O riguarderà il seggiolino in sé e la sua data di acquisto (o di quando l'esemplare è stato messo in vendita?).

E, nel caso che si decida di cambiare vettura, il vecchio seggiolino acquistato per essa, potrà essere utilizzato anche sulla nuova?

O ancora: nell'ipotesi che il decreto diventerà legge, sarà obbligatorio procedere all'adeguamento dei vecchi seggiolini con un kit per renderli adeguati a recepire le indicazioni della norma?

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E in Europa?

Senza considerare, poi, che i Paesi membri non possono deliberare né tantomeno applicare norme che riguardano i veicoli di tutta Europa circolanti in Italia e che, pertanto, l'iniziativa legislativa italiana rischia di rimanere un atto di carattere meramente volontaristico.

Va detto, peraltro, che l'Italia, in questo caso, è pioniera in Europa e, poiché le regole tecniche individuate sono quelle del decreto attuativo concordate a livello comunitario, se anche altri Stati volessero recepire e introdurre la norma nei rispettivi ordinamenti dovrebbero uniformarsi.

Ultimo non ultimo, le effettive possibilità di applicazione di un tale provvedimento, complessa al punto da far sì che il suo rispetto sia totalmente vincolato ai controlli esercitati dalle Forze dell'Ordine, a loro volta particolarmente complessi.

D'altra parte è pur vero che, in assenza di una regolamentazione/omologazione diventa particolarmente difficile rifarsi a criteri di valutazione certi per stabilire quali sono i più sicuri, i più affidabili o comunque quelli più adatti alle proprie esigenze, tra quelli (già oggi) disponibili sul mercato.

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