Se un'auto elettrica prende fuoco... forse meglio lasciarla bruciare

Se un'auto elettrica prende fuoco... forse meglio lasciarla bruciare
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I pompieri americani cambiano strategia: quando un'auto elettrica brucia, meglio lasciarla consumare fino in fondo perché altrimenti...
26 febbraio 2025

Nell'autunno del 2024, nel deposito una compagnia di trasporti di Falls Township, Pennsylvania, aveva temporaneamente immagazzinato una Tesla danneggiata da una tempesta nel suo deposito. Dopo alcune settimane  il deposito è diventato teatro di uno spettacolo tanto impressionante quanto preoccupante: la Tesla danneggiata è esplosa spontaneamente in un incendio dalle fiamme alte 10 metri che ha resistito a oltre 7.500 litri d’acqua. Questo fa sorgere un problema: gli incendi delle batterie al litio nei veicoli elettriche richiedono approcci del tutto nuovi per scenari completamente diversi da quelli cui sono abituati i vigili del fuoco. 

"Troppi incidenti in troppo poco tempo", racconta Howard McGoldrick, capo dei vigili volontari di Bristol Township, che è stato costretto a cercare formazione specializzata dopo una serie di emergenze simili. La risposta è arrivata da Patrick Durham, ingegnere diventato formatore di soccorritori e vigile del fuoco volontario, che ha dovuto specializzarsi negli incendi provocati da batterie.

Secondo Durham "...gli incendi delle auto tradizionali partono solitamente dal motore, e per spegnerli basta aprire il cofano e spruzzare acqua. Ma l'incendio di una EV è una bestia completamente diversa".

Il problema è semplice: mancano dei protocolli standard per questi incendi particolari. Una batteria EV contiene migliaia di celle che, se danneggiate, innescano un runaway termico, un incendio che si autoalimenta rapidamente a causa della trasformazione delle sostanze chimiche in essa. La posizione della batteria poi, sotto il veicolo e protetta da una pesante protezione metallica, complica ulteriormente le operazioni. Sia chiaro, anche le auto a benzina e a gasolio si incendiano, e ad una frequenza che è di dieci volte superiore in proporzione al circolante, ma il problema è ben conosciuto e coloro che intervengono sanno come agilre per cirscoscrivere le fiamme in poco tempo. 

I numeri parlano chiaro: mentre per un'auto tradizionale bastano 30 minuti e poca acqua, un veicolo elettrico può richiedere 15.000 litri e molte ore di lavoro. Ma è l’imprevedibilità che diventa il fattore di rischio maggiore: un veicolo elettrico può riaccendersi, come è accaduto nel deposito di Falls Township, settimane o mesi dopo il danno iniziale. È il caso di una Tesla esplosa 308 giorni dopo essere stata sommersa da un uragano. La batteria, corrosa dall’acqua salata, ha trasformato la macchina in una vera e propria colonna di fuoco.

La strategia più efficace secondo il vigile del fuoco Durham, per quanto controintuitiva, è spesso lasciare che l'auto bruci controllando che l'incendio non si propaghi. Una delle tecniche impiegate è l’isolamento delle fiamme con una coperta antifiamma. È quanto ha fatto la squadra di McGoldrick con la Tesla incendiata, riuscendo a contenere le fiamme che hanno continuato a riapparire per giorni.

Durham, che ha già formato 2.000 soccorritori in tutto il paese, non condanna i veicoli elettrici ma sottolinea la necessità di un cambio di mentalità: "Finché la batteria non viene rimossa e riciclata, resta sempre un pericolo".

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