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Facile riconoscerli: alla discussione della tesi di Laurea arrivano con le dita sporche di grasso e con ancora tracce dei materiali smerigliati sulle giacche. E capisci subito che sono studenti particolari, che non si accontentano di passare ore sui libri, ma allo studio teorico uniscono la voglia di sperimentare, progettare, mettersi alla prova.
Sono quelli del gruppo SC, Sapienza Corse, che formano il Racing Team impegnato nella Formula SAE. Il loro regno è nei sotterranei del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale dell’Università Sapienza di Roma, dove si applicano a dare forma e vita ad una vettura da gara.
Fanno tutto loro: dal progetto che nasce da un abbozzo su un foglio bianco, al disegno del telaio; dal lavoro importante sul motore, allo studio delle sovrastrutture, passando per sospensioni, freni ed elettronica.
Insomma, una faticaccia, visto che ogni anno si riparte da zero o quasi: e quindi si tratta di sacrificare ore del tempo libero o della vacanza, come quando, proprio a Ferragosto, si fece l’alba per risolvere alcuni problemi tecnici e sistemare la vettura prima di una decisiva prova ad Hockenheim.
Il nome dice tutto
L’auto si chiama Gajarda, ed anche chi non è di Roma intende bene il significato di tale nome: sulle piste dove si svolgono le gare, i ragazzi della Sapienza Corse portano tutto il loro entusiasmo e la passione, per sopperire al gap purtroppo molto evidente con gli Atenei di altre nazioni europee ed americane, che vantano budget di spesa di gran lunga superiori. Dove non arrivano i soldi, si ricorre alla creatività ed al fai da te: si risparmia sulle spese, si cercano sponsor che forniscano materiali e supporto, si fanno valere i buoni rapporti con le piste più vicine, Vallelunga ed Isam, per far girare la macchina, sgrezzarne i difetti di gioventù e risolverne i problemi di sviluppo.
Il lavoro, per fortuna, paga: i ragazzi di Sapienza Corse, che passano con disinvoltura dallo schermo di un computer al bancone dove ci danno giù di lima e trapano, sono ormai uno dei principali team della Formula SAE, capace di battersi ad armi (quasi) pari con i rivali più agguerriti.
Il progetto, attivo dal 2008, coinvolge ogni anno una trentina circa di studenti, il cui lavoro è coordinato e gestito da Giovanni Broggiato, titolare delle cattedre di Elementi costruttivi delle macchine e di Costruzione delle macchine.
«La formula SAE è poco conosciuta dal pubblico italiano - ci rivela Broggiato - ma i nostri laureati sono molto richiesti e apprezzati nel settore automotive e non solo, visto che nel loro curriculum possono inserire un’esperienza diretta e molto concreta nell’elaborazione di un progetto e del relativo piano aziendale, che parte dal dimensionamento dei componenti e che arriva alla gestione in gara della monoposto. Un valore aggiunto in termini di problem solving che, al momento di presentarsi al complesso mondo del lavoro, spesso gioca a favore di chi ha partecipato a questa esperienza. Poi, nel progetto e nella realizzazione di ogni nuova vettura ci avvaliamo della collaborazione e dell’esperienza di aziende a noi prossime sul territorio, che ci forniscono un importante supporto tecnico e che costituiscono spesso anche il primo contatto degli studenti con realtà lavorative e produttive».
Alla formula SAE partecipano oltre 500 team universitari provenienti da tutti i continenti: sono dieci gli eventi ufficiali, due negli USA ed uno in Giappone, Brasile ed Australia, mentre in Europa si gareggia in impianti prestigiosi, come Hockenheim, Silverstone, Montmelò, Varano e Zeltweg, quando le monoposto, condotte dagli stessi studenti che le hanno progettate, si confrontano nelle prove di accelerazione da fermo, tenuta in curva, autocross, endurance e fuel economy.
Ma com’è fatta la Gajarda?
«La nostra vettura – risponde il team leader Davide Reali - ha telaio monoscocca in fibra di carbonio ed affida all’elettronica il controllo di cambio e differenziale. Per quanto riguarda il motore, stante il vincolo di regolamento sulla cilindrata a 610 cc e con l'obbligo di un restringimento di 20 mm nel circuito di aspirazione, c’è libertà di scelta. Le tipologie più utilizzate sono di origine motociclistica, senza nessuna prescrizione per il frazionamento; abbiamo, quindi, possibilità di giostrare tra monocilindrici, bicilindrici e quattro cilindri. La nostra scelta è caduta sul quattro cilindri Honda montato sulla CBR 600 F, che offre il miglior compromesso tra costi, reperibilità dei ricambi e robustezza strutturale. Il motore della Gajarda esprime 80 CV a 12.000 giri/min, con coppia di 50 Nm a 10.800; l’auto, con partenza da fermo, tocca i 100 km/h in 3,52 secondi».
Quali sono stati gli interventi più importanti sul propulsore?
«Il cambio è stato portato quattro marce, diminuendo quindi le parti in movimento e riducendo il peso; lavoriamo molto sulla dinamica dei fluidi, studiando soluzioni per ottimizzare la resa termica e migliorare l’efficienza delle singole componenti, senza dimenticare il costante lavoro sui dettagli anche più piccoli, per contenere gli ingombri ed alleggerire il carico».
“La vettura del 2014 pesa soli 192 kg, valore record ottenuto anche grazie al ricorso a parti in carbonio come per i portamozzi”
Altre caratteristiche speciali della Gajarda?
«Senz’altro il peso: la vettura del 2014 pesa soli 192 kg, valore record ottenuto anche grazie al ricorso a parti in carbonio come per i portamozzi, mentre il sistema DRS, il differenziale a gestione elettronica ed il cambio robotizzato ne elevano il valore tecnologico al livello dei più importanti team rivali».
La Formula SAE prevede che possano gareggiare anche vetture con alimentazione elettrica: la Gajarda cambierà in tal senso?
«L’opzione elettrica – risponde il professor Broggiato – è stata valutata: a differenza di altri Atenei anche italiani che l’hanno scelta, restiamo fedeli al motore termico. Non si tratta di una scelta conservativa, anzi: nell’ottica propedeutica ad un futuro lavorativo per gli studenti che partecipano al progetto, propria dello spirito della Formula SAE, il motore a scoppio rispetto all’elettrico ha una maggiore complessità di elaborazione, maggiori parti in movimento, un più ampio territorio operativo. E c’è ancora molto da scoprire e sperimentare, malgrado spesso si sia portati a pensare il contrario».
Come accade anche per i team di Formula Uno, per la Sapienza Corse (per tute le info, è attivo il sito www.sapienzacorse.it) la stagione 2015 è già iniziata: le idee su come potrà essere la nuova macchina sono state trasferite sui primi abbozzi progettuali. Nel giro di pochi mesi, diventeranno una vettura pronta a cimentarsi in gara: un piccolo miracolo, a dispetto della spending review che spesso colpisce a casaccio e dove non si dovrebbe, che nasce nel sottoscala di una delle più grandi e prestigiose Facoltà universitarie italiane.
Fosse per noi, daremmo a tutti i ragazzi di Sapienza Corse una laurea honoris causa.
La Formula SAE
Nasce dalla sigla della Society of Automotive Engineers che organizza la competizione tra studenti universitari di tutto il mondo, che prevede progettazione e produzione di un’auto da corsa, valutata durante una serie di prove in base alle qualità di design e di efficienza ingegneristica. Nata nel 1981, la competizione è diffusa in tutti i continenti, con eventi organizzati direttamente dalla SAE in collaborazione con le associazioni nazionali di ingegneri e tecnici dell'automobile.
L’idea è che ogni team di studenti realizzi un prototipo da corsa che rispetti le caratteristiche indicate dal regolamento: la squadra deve progettare, costruire, testare e promuovere il prototipo, il quale viene valutato in otto tipologie di prove, che spaziano dalle performance pure (accelerazione, endurance, consumi, autocross, skid-pad) al design, all’analisi dei costi. Ad ogni evento è possibile totalizzare un massimo di 1000 punti distribuiti tra le varie prove.
Ogni evento di Formula SAE si svolge su quattro giorni di gare, in alcuni dei più famosi circuiti mondiali, come il Michigan International Speedway negli USA, Silverstone in Inghilterra, l'Hockenheimring in Germania.