Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest non può produrre in automatico la perdita del beneficio della non punibilità in considerazione della tenuità del fatto.
Il reato di rifiuto (articolo 186, comma 7, del Codice della Strada), di per sé non esclude a priori l’applicabilità del beneficio, perché la situazione andrà esaminata dal giudice caso per caso per valutarne la pericolosità, che non può essere infatti valutata teoricamente, in quanto decisiva è la valutazione delle circostanze concrete in cui il fatto è accaduto.
Questo il senso nella sentenza 13682, depositata lo scorso aprile, emanata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite Penali.
La pronuncia, che concretizza i principi fissati con la sentenza 13681, non mancherà di avere ripercussioni anche in altri campi assimilabili quale, ad esempio, il rifiuto di sottoporsi ai test anti-droga.
Le Sezioni Unite si sono pronunciate in senso opposto all’ordinanza con cui la Quarta Sezione Penale aveva rimesso la questione.
L’ordinanza della Quarta Sezione ipotizzava che non potesse ravvisarsi una tenuità del fatto, perché il rifiuto di sottoporsi ad un test è una condotta sempre uguale a se stessa, per la quale non può esistere una valutazione, secondo quanto riporta il nuovo articolo 131-bis del Codice Penale che non permette di ravvisare nel rifiuto un comportamento a cui può attribuirsi una maggiore o minore gravità.
La sentenza delle Sezioni Unite ha, invece, affermato che il reato di rifiuto non vada considerato in senso assoluto, ma debba essere ricondotto a quello di guida in stato di ebbrezza (articolo 186, comma 2, del Codice della Strada), che si configura e viene accertato proprio attraverso l'uso dell’alcoltest.
Esso è un reato di pericolo, quindi sembra escludere una valutazione di gravità da parte del giudice.
Però, per le Sezioni Unite, proprio l’esistenza di un pericolo consente una valutazione, anche perché l’articolo 186 non tutelerebbe tanto la regolarità della circolazione, quanto la sua sicurezza. Per questo risulta essenziale l'analisi delle circostanze in cui l'infrazione è maturata e particolare rilevanza assume il verbale redatto dalle forze dell’ordine.
Nel caso deciso dalla sentenza, gli agenti avevano riscontrato nel soggetto alla guida i sintomi tipici dell’ebbrezza e al test preliminare col “precursore” l’imputato era risultato positivo, cosa che per i giudici lo ha spinto a rifiutare il test con etilometro o l’analisi del sangue.
La deliberatezza del rifiuto e i sintomi di alterazione fanno ritenere che la condotta sia stata pericolosa, circostanza che ha prodotto la decisione di non riconoscere in questa vicenda la tenuità del fatto.