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Eccoci alla quarta puntata della nostra rubrica sulla nascita dei mostri che hanno infestato gli anni del Gruppo B, quest'oggi la destinazione prescelta è la Francia. La vettura? L'iconica Renault 5 Maxi Turbo.
Vi ricordiamo che siamo partiti dalla Gemania con l'Audi Quattro a motore centrale, passando poi per il Giappone con la Mitsubishi Starion ed infine siamo tornati in Italia con il prototipo della Lancia Rally 037, come se la sono cavata i francesi con la piccola belva?
L'idea inizialmente venne partorita da Jean Terramorsi, vice direttore di produzione Renault già dal 1972, che immaginò una vettura da corsa derivata da un modello di serie. Questa avrebbe dovuto essere compatta, tecnicamente poco complessa, poco costosa, e ben bilanciata nella distribuzione del peso. Ci sarebbero voluti almeno 200 esemplari per ottenere l'omologazione in Gruppo B e l'auto non avrebbe dovuto superare un prezzo di 70.000 franchi. L'idea è di ritornare nel circus del rally dopo la brillante stagione 1973 della A110 che ha portato il titolo mondiale in casa Renault.
Jean Terramorsi, purtroppo, muore alla fine del 1976 senza vedere la realizzazione del suo sogno: ma il messaggio è stato recepito da Henry Lherm, successore di Terramorsi, che aveva condiviso l'idea sin dall'inizio. I lavori partono nella primavera dell'anno seguente, ma il centro sportivo Alpine in quel periodo è concentrato sulle preparazioni tecniche delle vetture destinate alla 24 ore di Le Mans.
Ad avviare il progetto sono solo quattro persone, due meccanici e due ingegneri. La prima operazione consiste nel taglio del pianale posteriore per predisporre il fissaggio di una struttura tubolare che possa sorreggere motore e trasmissione. Prendendo a prestito pezzi dalla Alpine A310 per quanto riguarda il sistema di sospensione posteriore e dalla R 5 Alpine Gruppo 2 Rally per l'avantreno, il lavoro di trasformazione procede velocemente ed assolutamente a livello artigianale.
Qui viene fatto l'assemblaggio generale con il montaggio delle parti di carrozzeria in vetroresina, la pittura e quindi l'alloggiamento dell'impianto elettrico della meccanica e degli interni. Pochi optionals a disposizione per questo primo modello: sedili in pelle, radio, cristalli azzurrati, lunotto termico. I colori della carrozzeria sono per ora solo Blu Olimpo e Rosso Granada.
Durante il 1980 vengono assemblate ben 802 Renault 5 Turbo a Dieppe. La quantità necessaria per l'omologazione è pronta già in settembre e ciò crea non pochi problemi per l'immagazzinaggio dei veicoli all'Alpine, che nel medesimo tempo produce le 5 Alpine (poi Alpine Turbo) e riprende anche la produzione delle A310.
Nel 1984 arriva la decisione di dar vita all'ultima evoluzione del modello e, alla fine dello stesso anno, inizia la produzione della "8221" prevista, come da regolamento, in 200 esemplari. L'importanza di sfruttare le nuove gomme Michelin impone l'adozione di ruote di maggior diametro. Il regolamento parla chiaro: per fare questo è necessario passare alla classe successiva (cilindrata da 2 a 2,5 litri). Per la Renault Sport è quindi sufficiente avere una cilindrata reale di 1430 cc, che considerando il coefficiente di moltiplicazione dei sovralimentati diventa 2002 cc. Ma la versione da gara adotterà la massima cilindrata possibile per quel motore: 1527 cc. Francoise Bernard rimane il responsabile per lo sviluppo del telaio. Con l'uso di alluminio per la scocca, Kevlar e fibra di carbonio per molte parti, la vettura viene alleggerita di ben 25 Kg rispetto alla Tour de Corse.
Con la particolare conformazione del rollbar viene aumentata la rigidezza del telaio del 35-40%. Lo sviluppo del motore viene effettuato da Philippe Coblence nella sede del team di F1 a Viry Chatillon. Molte parti sono prese a prestito dal motore V6 Turbo di Formula 1: il turbocompressore, il sistema Bosch di iniezione meccanica (lo stesso usato nella monoposto di F1 del 1982), i pistoni speciali, l'iniezione d'acqua. La potenza in questa versione è di circa 350 CV.
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