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Vi siete mai chiesti perché alcune compagnie di assicurazione fanno tanta pubblicità in tv, mentre la categoria piange sempre miseria, e ancor di più a fine anno quando scattano gli aumenti delle polizze? Semplice: per pescare i pesci migliori, vale a dire per assicurarsi gli automobilisti giovani e virtuosi, quelli che consentono loro di guadagnare un bel po’ di soldi. Due sono gli elementi sicuri.
Prezzi Italia-Spagna: il confronto è disarmante
Primo, i premi italiani costano mediamente il doppio di quelli europei, quindi da noi c’è grasso che cola. Sul sito spagnolo www.km77.com è possibile fare un confronto fra le nostre tariffe e quelle madrilene. Tanto per fare un esempio, una Peugeot 3008 HDi 2.0 paga a Madrid (con 12 compagnie) da 174 euro – la meno cara – fino a 277 euro – la più cara delle 12 compagnie. A Milano, lo stesso automobilista, con la stessa vettura e parità di condizioni, pagherebbe come minimo 470 euro.
Se passiamo nel mondo delle due ruote vediamo che la situazione purtroppo non cambia poi molto, anzi. Un motociclista di Madrid pagherebbe da 138 a 391 euro all'anno per la sua BMW R 1200 GS, mentre con lo stesso profilo a Milano si ritrova a scucire un minimo di 283 euro, fino ad un massimo di 719. La situazione precipita prendendo come esempio un ragazzo giovane, sotto ai 30 anni. In questo caso a Madrid per un Suzuki Burgman ci si ritrova una polizza che può variare da un minimo di 210 ad un massimo di 425 euro, mentre a Milano lo stesso profilo paga da 515 a 1.036 euro!
Secondo, l’Italia è divisa in zone geografiche, definite dalle compagnie. In ogni zona si applica una tariffa diversa, in funzione di una classificazione arbitraria. Così Enna ha le tariffe più basse (assieme a Bolzano), Milano è in mezzo, Napoli è la più cara. Ma non è da sola perché la selezione non è neppure geografica, come vorrebbero far credere, ma addirittura rionale. Per capirci, Bologna ha quattro tariffe diverse, e c’è un quartiere che paga come Napoli. Nessuno – in sede politica - ha ancora spiegato quale sia la vera ratio della suddivisione, se non quella di attribuire a tutti gli abitanti di un rione le frodi di pochi.
Tuttavia la suddivisione per zone nasconde un altro giochino: fra la miglior tariffa di Enna e la migliore di Napoli il rapporto è 1 a 4. Come dire che avere la sfortuna di portare una targa sbagliata penalizza in modo sconvolgente, anche se sei un automobilista virtuoso. Ormai non si scandalizza più nessuno se assicurare una utilitaria, a Napoli, per un neopatentato, costa circa 2.000 euro.
“Nessuno – in sede politica - ha ancora spiegato quale sia la vera ratio della suddivisione, se non quella di attribuire a tutti gli abitanti di un rione le frodi di pochi”
Le soluzioni “pericolose” scelte dagli utenti
E qui scattano quattro alternative per l’automobilista/motociclista, tanto gravi per lui quanto per l’intera comunità:
- decide di non si assicurarsi, acquista un tagliando fasullo e gira privo di copertura;
- si rivolge a compagnie truffa, inesistenti, che gli offrono condizioni allettanti e crede di essere assicurato;
- paga l’esosa polizza, ma si rifà della spesa denunciando incidenti inesistenti;
- intesta la vettura a prestanome, magari residenti in altre province.
Tutte queste soluzioni gravano sulla collettività, nazionale o locale, nel senso che contribuiscono ad aumentare l’incidentalità (quanti automobilisti su 100 denunciano incidenti in un anno) e il costo dell’incidente medio in quella zona.
Soluzioni acrobatiche delle compagnie
1) spenna il virtuoso
L’incidentalità nazionale è stata superiore all’8,5%, nei primi anni del 2000, poi, grazie a un benefico effetto della crisi economica, è scesa al 6,2% attuale. Tuttavia, in certe zone del Paese supera da sempre il 15%: vuol dire che in quelle zone quasi metà dei sinistri è inventata. Poi ci sono i sinistri veri, ma gonfiati, e questo influenza il costo medio dei risarcimenti.
Tuttavia, un automobilista bravo, attento e prudente, uno di quelli che appartiene alla schiera di chi non denuncia mai sinistri, costerà sempre pochissimo alla compagnia, sia che abiti a Enna sia che risieda a Napoli. Con la differenza che pagherà (o meglio, renderà alla compagnia) notevolmente di più nelle zone calde. Ed enormemente di più se è un neopatentato. Ecco l’interesse – e le pubblicità in tv – delle compagnie di assicurazione ad accaparrarsi i migliori e a fare preventivi allettanti. Poi se hanno reclutato una schiappa, a fine anno si molla. O gli si propone un aumento spaventapasseri.
2) Risarcimento diretto…e le frodi dilagano
Al secondo posto fra le soluzioni calate dall’alto c’è il “risarcimento diretto”, in vigore dal 1° febbraio 2007. Chi ha subito un incidente per il quale ritiene di aver ragione può chiedere alla propria compagnia il rimborso dei danni materiali e per le lesioni fisiche non gravi (fino ad un'invalidità permanente pari al 9%). La norma si applica solo se: lo scontro coinvolge due veicoli a motore, se è implicato un ciclomotore immatricolato dopo il 2006, se non si tratta di un incidente multiplo che coinvolge più di due veicoli. Per ottenere il rimborso bisogna informare la compagnia con lettera, entro tre giorni dal sinistro, altrimenti si perde il diritto al risarcimento...
Sono circa 50 le compagnie che hanno stipulato l’accordo in base al quale, se non ci sono danni alle persone, si impegnano a individuare le responsabilità di un sinistro, a valutare i danni e a risarcire direttamente il proprio assicurato quando non è responsabile. Come avviene poi l’addebito alla compagnia dell’altro automobilista? Qui casca l’asino, perché la rivalsa non avviene per ogni singolo caso, ciascuno con le sue differenze, ma è un calderone unico che viene liquidato alla fine di ogni anno: si fa la somma di tutti i risarcimenti, si divide per il numero dei sinistri e si ricava un “indennizzo tipo”, che farà fede per tutti. Lo scambio, quindi, avviene a posteriori, dopo questo conteggio.
“Salvatore Rossi, presidente dell’Ivass (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni) ha recentemente denunciato le magagne di questo sistema di rimborso a forfait, definendolo “scandaloso”. In precedenza il presidente dell’Antitrust, Catricalà, aveva giudicato un insuccesso, il rimborso diretto”
Attualmente il valore dell’indennizzo tipo varia fra 3.455 e 4.079 euro, a seconda delle zone, indipendentemente da quanto ha effettivamente sborsato la compagnia. Salvatore Rossi, presidente dell’Ivass (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni) ha recentemente denunciato le magagne di questo sistema di rimborso a forfait, definendolo “scandaloso”. In precedenza il presidente dell’Antitrust, Catricalà, aveva giudicato un insuccesso, il rimborso diretto.
Infatti, che interesse avranno le compagnie a combattere le piccole frodi? Nessuno. Anzi, pagare 1.500 euro una piccola botta da 500, sarà sempre un ottimo affare. Ѐ fin troppo semplice capire che quando poi un danno supera quel valore, la compagnia (la propria compagnia) cercherà in tutti i modi di non sforare, perché sa già che il surplus non verrà risarcito da nessuno. Se invece il danno è inferiore si può largheggiare, magari risparmiando sui costi di perizie e sopralluoghi, che spesso non si fanno neppure. E così si alimenta il malcostume dell’incidente gonfiato o inesistente.
Quando venne approvato il risarcimento diretto le associazioni dei consumatori applaudirono, convinte di abbreviare i tempi di risarcimento, di migliorare il rapporto assicurato-impresa e di poter diminuire i costi delle polizze. Forse le assicurazioni avranno ottenuto una riduzione dei costi di gestione e di amministrazione delle pratiche, ma i poveri assicurati, no di certo.
3) La scatola nera, chi la paga?
Poi c’è l’invenzione della scatola nera, che teoricamente doveva sconfiggere le truffe, portare a una cospicua riduzione del costo della polizza per chi si offriva volontario, costo nullo della istallazione. Ma siamo ancora al palo: le compagnie hanno chiaramente detto che qualcuno dovrà sopportare il costo del dispositivo e della istallazione. Se non potranno addebitarlo ai “volontari”, si rifaranno sulle polizze degli altri, magari anche con chi è in classe “zero”.
4) Le carrozzerie convenzionate
L’ultima soluzione acrobatica – attualmente in corso di approvazione in Parlamento - è l’obbligo di portare a riparare il proprio mezzo presso un carrozziere convenzionato. Insorgono i carrozzieri indipendenti che si sentono tagliati fuori dal mercato, se non stipulano una convenzione. Insorgono gli automobilisti che dovranno fidarsi alla cieca della qualità della riparazione e che paventano un inciucio verso il basso per contenere i costi, imposti di certo dalle compagnie. Ma intimorisce anche quella parte della legge che prevede ancora per l’automobilista la possibilità di scegliersi il carrozziere, ma accettando una congrua…decurtazione sulla valutazione del danno.
Controlli e interventi subito
Come abbiamo visto, fino ad oggi le soluzioni poste in essere appaiono essere peggio dei problemi stessi. Il costo medio dei sinistri in Italia è il secondo d’Europa, superato solo dalla Svizzera e continua a salire. Il numero di incidenti ogni 100 assicurati è altissimo, preceduto - solo e stranamente – dall’Austria.
Le cose sono chiare e sotto gli occhi di tutti. Mentre all’estero queste situazioni non sfuggono al controllo e alla presa di posizione delle istituzioni predisposte, da noi tutti sanno ma nessuno controlla e agisce. Una classificazione empirica delle zone a rischio non dovrebbe esistere, mentre un registro storico condiviso tra tutte le compagnie che premi sempre i virtuosi, indipendentemente da dove essi abitino e che punisca i furbi, indipendentemente dal fatto che cambino sempre compagnia, sarebbe una svolta fondamentale.
“Vorremmo che, oltre a premiare chi non provoca incidenti, fosse incentivato chi non li subisce”
Così come vorremmo: una scatola nera con regole chiare per tutti e con reali sconti per l’assicurato, un rimborso diretto che non favorisca più il proliferare delle piccole truffe che si ripercuotono duramente sui premi di tutti e un controllo puntuale degli interessi che gravitano attorno alle carrozzerie convenzionate. E soprattutto vorremmo che, oltre a premiare chi non provoca incidenti, fosse incentivato chi non li subisce: sarebbe questo uno strumento automatico per limitare la denuncia di piccoli incidenti, magari inesistenti e per riconoscere l’abilità e l’onestà di chi è costretto a circolare in zone ad alto rischio.
Finché queste operazioni non verranno fatte, continueremo a piangere, inermi, davanti all’aumento costante dei premi da pagare, al fatto che sono sempre meno i giovani che comprano auto e moto e al costante calo dei consumi di carburanti e della percorrenza media di ogni automobilista o motociclista.
Tutto questo, ripercuotendosi sull’intera filiera dell’automotive, porta oltretutto minore gettito nelle casse dello Stato. Il nostro è un Paese autolesionista, ma è giunto il momento che smetta di piangere e trovi la forza per reagire.