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Tiziano Siviero ce l’aveva detto, che non gli piaceva, o per dire più correttamente gli dispiaceva, che Mondiale e Italiano non corressero il Rally Italia Sardegna sulla stessa lunghezza d’onda. Partire “in coda” non è essere “dentro”, è poco più che partecipare, subire invece che enfatizzare il ruolo scelto e, soprattutto, perdere inevitabilmente un’occasione, grande. Siamo d’accordo, eccome, e Cagliari l’ha dimostrato facendo… un’eccezione. Ovvero mandando in scena il duello improbabile e incrociando sullo stesso piccolo e affollato teatro della Città i guantoni dell’Italiano, partito addirittura per primo, e del Mondiale.
Per vincere bisogna osare
Il risultato è formidabile, e dimostra che per vincere bisogna osare. Il Rally Italia Sardegna ottiene così il primo successo, nettissimo ed emblematico, già alla prima, uscita allo scoperto. È il successo della corsa, del frastuono, delle auto affilate da una passione antica, del Rally portato dentro la grande Città. Esagerando, Montecarlo lo dimostra da oltre ottant’anni, ma ogni situazione va considerata per le sue caratteristiche di autonomia, e talvolta anche un risultato matematicamente relativo può raggiungere un elevato spessore qualitativo. Tradotto in soldoni, spettacolo e applausi. Tanti.
C’è una grande concordanza nell’affermare che il Rally inizia dopo Cagliari, ma su questo non siamo d’accordo. Il Rally Italia Sardegna è iniziato esattamente in corrispondenza del segno tracciato da Tiziano, nella sua mente prima ancora che sull’asfalto, e ha vinto la città e lo sforzo per chiudere le strade e regalarle all’evento. Migliaia. Diecimila, ventimila? La Questura dice trentamila, i Vigili, che stanno di più in mezzo alla gente, 50-sessantamila. Formidabile! Certo, la piazza è grande e non è il campo di calcio di San Giovanni alla Vena, ma viene quasi spontaneo pensare a un San Siro, e per di più scatenato dalla formidabile spontaneità generata dall’occasione.
L'esperienza aiuta
Poi, nel senso che potremmo quasi lasciarla in secondo ordine, generando un esempio di torto per definizione, la Piccola Gara, il Super Special Stage. Uno virgola tre chilometri di asfalto a Sud dell’Isola, ma con le gomme che serviranno anche sulla terra del Nord, un minuto scarso di necessaria perfezione per uscire dall’anonimato e regalarsi il giorno di festa. Per questo viene in aiuto l’esperienza, del talento o specificamente cercata, e vincono Mikko Hirvonen tra i “grandi” e Umberto Scandola tra i “ragazzi”, il finlandese rimescolando per una notte le carte della consuetudine, il veronese confermandole in fila secondo l’ordine logico del momento. La serata Mondiale redistribuisce un po’ di gloria e s’inventa la sensazione di non essere solo Volkswagen e non solo un duello.
I ranghi sembrano per una sera compattarsi attirando alla festa anche le cenerentole, e le Hyundai vi resteranno almeno fino a mezzanotte. Sebastien Ogier, il francese solitario in testa al suo secondo Mondiale con la Polo R WRC, quello dello scorso anno ormai archiviato, quello corrente apparentemente destinato allo stesso dossier, è secondo staccato di uno zero-punto-due. Come il talentuoso belga Neuville, stasera molto più vicino ai sogni al volante dell’ultima arrivata. E l’altra Hyundai è subito dietro, tanto da relegare l’ambizioso Latvala vincitore in Argentina al ruolo di spaccone, “ben” 1 secondo e sette lontano dalla vetta. Hey, stiamo scherzando, o quasi. Sì, certo, i diaframmi che separano al termine del Super Special Stage sono fragilissimi, eterei, ma è sulla percezione di questo sottilissimo limite di separazione che si è scatenato l’entusiasmo travolgente della folla oceanica di Cagliari. Una folla, sì.
Gerarchie da rispettare
Assai meno rivoluzionaria la campagna del CIR giù al lungomare del Porto. È un dato di fatto, non l’espressione di una delusione. Scandola sarebbe appena nella top ten del Mondiale, Basso più indietro ma, per intendersi, appena alle spalle di uno che si chiama Kubica, idem per Andreucci, e Nucita sarebbe sportello a sportello con un principe del Qatar vincitore di una Dakar, Al Attyiah. Ci mancherebbe altro, le gerarchie vanno rispettate, come le regole, altrimenti il Loeb perennemente affamato di nuovi successi verrebbe a cercarli nell’Italiano, invece farsi risucchiare dal record e dalla rapidissima rarefazione atmosferica del Pikes Peak. Ma sì, la migliore espressione dell’Italiano non sfigurerebbe di certo se le sue liste fossero per incanto rimescolate con quelle del Mondiale, e l’”omogeneizzazione” della festa resta una possibilità praticabile. Con un intero formulario di sacrifici da riempire, certo, ma anche con il premio di un doveroso salto di rango.
Tanti discorsi, sapore d’ipersensibilità per le frazioni di secondo, ma nessun timore, sappiamo benissimo che l’unità di misura sarà definibile con migliore chiarezza tra Terranova Nord e Sud, Coi Luna-Crastazza e Loelle, venerdì, per non parlare dell’ormai terrificante Monte Lerno-Sessanta-chilometri, l’altro polo di attrazione di un Italia Sardegna che ha già mantenuto la sua prima promessa.