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Banbury, UK, 3 Aprile. La notizia l’ho avuta il 1° di Aprile. Dritta nel cestino. Non solo per la data, ma perché non molto verosimile, esagerata. Poi l’ho ripresa dal cestino, per educazione e perché in fondo anche una notizia di dubbio valore può avere una forte connotazione morale, diciamo di insegnamento.
Antefatto. Prodrive è un’autorità in ambito Motorsport. È maneggiare Campioni, Vetture, Tecnologie con grande competenza, visione e risultati. Prodrive è una parola magica per gli appassionati.
La gloria contagiosa di matrice Prodrive è il WRC. Campioni del Mondo con McRae, Burns, l’ultima volta con Solberg nel 2003. Da allora molti progetti, buoni e meno buoni, ma non c’è dubbio che David Richards quel titolo di CBE, Commander dell’Impero Britannico, non l’ha ottenuto ad honorem ma soprattutto sui risultati ottenuti.
Poi di Prodrive e di Richards si è ricominciato a parlare per la realizzazione della BRX Hunter, la macchina voluta dal Team Bahrain Raid Xtreme per correre la Dakar con Nani Roma e Sebastien Loeb. Roma 5°, Loeb ritirato. Il progetto va avanti.
Prodrive salta sulle prime pagine e ci resta. È la storia di Daniel Elena “silurato”, a detta del Navigatore, per una congiura architettata, ma condivisa dal compagno di nove Titoli di Mondiale WRC, dal padre padrone di Prodrive, David Richards. E ancora, Prodrive è l’elemento di congiunzione tecnica di un’altra operazione Motorsport inedita. I servizi di Richards sono richiesti da Lewis Hamilton per la partecipazione del suo Team X44 alla neonata serie Extreme E, Cross-Country full elettrico. Ancora Loeb, questa volta in squadra con Cristina Gutierrez (è la formula, uomo + donna, il defenestramento di “Danos” Elena non c’entra).
Infine, il giorno in cui VolKswagen annuncia che in America diventa VoltTswagen, facendo più imbestialire che sorridere, salta su anche la notizia che Prodrive porterà la BRX Hunter Dakar sulla strada. Sì, avete capito bene: una versione stradale della macchina della Dakar. Non una macchina qualsiasi.
La “creatura” è definita “la Ferrari del Deserto”. Ooooh, nientemeno! Stessa matita, quella di Ian Callum, Jaguar, Ford, Aston Martin, stessa impostazione tecnica. Tubi, compositi e pellicole, ruote più grandi (il tallone d’Achille della BRX) e motore più potente, 3.500 V6 Ford Biturbo, 500 cavalli. È la Prodrive Hunter. Il nome resta lo stesso, Hunter, cambia il cognome, da BRX a Prodrive, Fattore inverso, il figlio che riconosce il padre.
Mai successo prima. È reverse engineering della storia. Fino a ieri si facevano macchine da corsa derivate dalla stradali, o destinate esclusivamente ai territori di caccia della competizione, ora si porta sulla strada un prototipo della Dakar. Luci, targa, quella vera, anche i termini “interior design” e “comfort” tra gli atout di serie di una... fuoriserie. È un po’ come mettere parafanghi e frecce a una Formula 1. Macchina speciale, prezzo speciale: 1.000.000 - u-n-m-i-l-i-o-n-e - di sterline, e figuriamoci se non ha un destino limited, di nicchia, dunque ambitissima.
Questo è il concetto tecnico. E questo è anche il concetto morale. In tempi di sostenibile, green, di abbattimenti di emissioni e ripensamenti sulle esagerazioni prestazionali, ecco che il gestore tecnico delle Odyssey 21 del Campionato Extreme E se ne esce con un perfetto rovescio della medaglia. Se io fossi Alejandro Agag, il deus ex machina di Extreme E, il quale sta realizzando una visione del Motorsport assai coerente con le necessità del tempo… che abbiamo a disposizione, mi farei delle domande!
Mi sembra un po’ un colpo al cerchio e uno alla botte. E mi resta comunque la sensazione che, quando il termico sarà un ricordo imbarazzante e vietato, ci resterà il rammarico di non aver mai realizzato, nonostante ne avessimo le capacità creative e tecnologiche, un’auto capace di fare 100 chilometri con un litro di benzina. Quello sì, mi sarebbe sembrato un record davvero civile!
Ecco. Ammesso che non sia un lungo pesce d’aprile. E allora complimenti, ci sono cascato.
© Immagini BRX – ASO Médiathèque – Red Bull Content Pool