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Si aggrava la posizione delle 21 persone indagate, di Autostrade e di Spea (la società incaricata delle manutenzioni) per il crollo del Ponte Morandi: secondo la Procura di Genova l'ipotesi di reato non è più di omicidio colposo, disastro colposo e attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, ma è possibile che vi sia stata una «colpa cosciente».
Significa che i presunti responsabili erano coscienti che il viadotto Polcevera potesse crollare ma, nelle parole dei pm Walter Cotugno e Massimo Terrile, hanno commesso «un gravissimo azzardo» accettando di rischiare non intervenendo con la chiusura immediata al traffico il ponte Morandi, ma valutando che si potesse attendere la fine dell'anno per procedere ai lavori di manutenzione sulla pila 9, quella che cedendo ha causato il collasso del viadotto provocando le 43 vittime del 14 agosto.
In caso di condanna, dunque, con l'aggravante della colpa cosciente le pene previste potrebbero essere aumentate di un terzo. «La colpa cosciente - ha spiegato il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi - è un grado di intensità della colpa. Tecnicamente, si chiama 'colpa di previsione', che si configura con la rappresentazione dell’evento che si dovrebbe scongiurare ma con l'intima certezza che si possa evitare. E' il caso di Guglielmo Tell».
Ieri con una nota ufficiale Autostrade per l'Italia ha sottolineato che «nello stesso progetto di retrofitting del Ponte Morandi erano chiaramente riportati i risultati dei monitoraggi tecnici, eseguiti anche da consulenti esterni, sullo stato di efficienza degli stralli. Tali risultati erano dunque conosciuti da parte di Ministero, Provveditorato e consulenti esterni, nessuno dei quali – insieme alle strutture tecniche della società - ha mai ritenuto ci fossero motivi di allarme o di urgenza».