Porsche 917/30: la più potente di sempre

Porsche 917/30: la più potente di sempre
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La Porsche 917/30 è stata una delle vetture da competizione più incredibili mai costruite. Equipaggiata con un 12 cilindri biturbo, sprigionava 1.580 CV e grazie al peso contenuto in 817 Kg accelerava da 0 a 100 Km/h in 1,9 sec
27 aprile 2012

La Porsche 917/30 è sicuramente una delle vetture da competizione  più affascinanti mai costruite. Più che per avere dominato il Campionato Can Am, fino al punto di ucciderlo per manifesta superiorità, la sua leggenda trova ragione nella incredibile potenza, la più alta mai vista su di un circuito: se il pilota aveva il fegato di ruotare  al massimo il manettino del turbo nel cockpit, equivalente a 2,7 bar di pressione, il 12 cilindri contrapposti scatenava  addirittura 1580 CV! Mai nessuna altra vettura da corsa sarà più capace di tanto.

La Canadian American Cup

La Can-Am (Canadian-American) Cup nacque nel 1966, con un regolamento molto simile all’allora gruppo 7 europeo: in pratica, una volta che le vetture avevano due sedili e le ruote coperte, tutto era consentito, senza alcun limite di cilindrata o artifici. Si può probabilmente affermare che la Can Am è stata la categoria più estrema di tutta la storia dell’automobilismo sportivo. Le competizioni si svolgevano su di una lunghezza media di 200 miglia. 


Dopo la prima edizione vinta dalla Lola Chevrolet di Surtees, furono le McLaren Chevrolet ad imporsi per cinque anni di fila: due volte con lo stesso Bruce McLaren, due con il connazionale neozelandese Hulme, una con l’americano Peter Revson.

1971: la Porsche scende in pista con la 917

La Porsche, ovviamente interessata al mercato nordamericano, dopo essere stata un po’ alla finestra ed avere aiutato dei clienti privati, schierò nel ‘71 la 917: bella, raffinata, ma in debito di almeno 250 CV rispetto al muscoloso V8 Chevrolet della concorrenza. 

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La Porsche 917/30,protagonistadella Can-Am Cup


Era imperativo dunque tirare fuori molti più cavalli: inizialmente si pensò ad un nuovo propulsore a 16 cilindri, poi si optò per rinvigorire il classico 12 cilindri con un doppio turbo. La cosa oggi può sembrare logica o semplice, ma nel 1971 il turbo era una tecnologia ancora poco esplorata e conosciuta in campo automobilistico, basti pensare che in Europa la prima automobile sovralimentata, la BMW 2002, arriverà solo nel 1973.

Certamente la  poderosa cubatura aiutò a smorzare il più grosso problema strutturale di questo tipo di propulsore, il turbo lag, ovvero il vuoto di potenza  che intercorreva  dal momento in cui il pilota schiacciava l’acceleratore a quello in cui le turbine da camion Eberspacher gli rovesciavano addosso una mandria di cavalli, ma comunque il lavoro dei tecnici di Stoccarda non fu facile.

La Porsche 917/10: V12 biturbo da 900 CV

Quando però la 917/10 biturbo da oltre 900 CV arrivò in America, ci si rese subito conto che il dominio McLaren stava volgendo al termine. La Porsche progettava di schierare una propria squadra ufficiale, con pilota Jo Siffert, autore di buone prestazioni con la 917 aspirata: purtroppo il forte conduttore svizzero perì a Brands Hatch durante una gara extra campionato di F.1, e la nuova vettura fu affidata al Team Penske, che aveva come driver  Mark  Donohue, uno dei migliori americani di tutti i tempi.

Sarà abbastanza potente solo quando riuscirò a lasciare i segni degli pneumatici in accelerazione per tutto un rettilineo fatto nella marcia più alta


Fu lui a sviluppare la Can Am, e quando gli ingegneri tedeschi  gli chiedevano se la vettura era abbastanza potente, era solito rispondere : «Sarà abbastanza potente solo quando riuscirò a lasciare i segni degli pneumatici in accelerazione per tutto un rettilineo fatto nella marcia più alta»!


Purtroppo  “Capitan Nice”, come era soprannominato Mark, fu vittima di un terribile incidente durante i test, quando la 917 perse di netto la carrozzeria posteriore, e dovette lasciare il volante per gran parte della stagione a George Follmer («Ogni volta che lo vedevo in pista mi sentivo come se stesse andando a letto con mia moglie»), il quale si aggiudicò facilmente il campionato 1972, imponendosi in cinque gare su nove.

Porsche 917/30: 817 Kg e 1580 CV in configurazione full power

Nonostante la vittoria schiacciante, in Porsche si decise di proseguire nello sviluppo, dando vita appunto alla mitica 917/30. Il propulsore (che ricordiamo raffreddato ad aria) fu portato da 5000 a 5400cc ed il sistema di turbocompressione raffinato, aumentando quindi i CV  in configurazione full power ai famosi 1.580 ; ovviamente per garantire l’affidabilità si era soliti attestarsi sui 1300 CV in qualifica ed i 1100 in gara. Il passo fu allungato e l’aerodinamica evoluta con una coda più lunga, mentre venne anche migliorato l’effetto suolo. La vettura pesava ora solo 817 Kg e accelerava da 0 a 100 in 1,9 secondi, a 160 in 3,9, a 320 in 10,9.

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Il propulsore biturbo a 12 cilindri contrapposti, capace di sviluppare fino a 1.580 CV


La casa di Stoccarda affidò l’unica  917/30, ribattezzata dagli americani “Turbopanzer”, ancora al Team Penske, che con un ristabilito Mark Donohue vinse sei delle otto gare in programma, lasciando alla /10 le due rimanenti.

Il dominio Porsche spezzato dalla crisi petrolifera e dai regolamenti

Il dominio Porsche fu così schiacciante che, complice anche la crisi petrolifera, la Can Am introdusse improvvisamente una regola di consumo massimo, la quale di fatto escluse l’assetata 917  turbo dal campionato 1974 (dove si impose, per la cronaca, Jackie Oliver su Shadow).


Alcune vetture (sia /10 che /30) furono acquistate da privati per disputare l’Interserie, il campionato prevalentemente nord europeo (ma si corse una gara anche sulla pista di Casale Monferrato!) con specifiche gruppo 7, dove dominarono fino a che furono ugualmente bandite a fine  1975.

La 917/30 era capace di raggiungere velocità vertigionese, che sfioravano i 400 Km/h

Qualcuno forse ricorderà la bella 917/30 dello svizzero Herberth Muller, con livrea Martini, campione ’74. L’ultimo acuto della 917/30 fu ancora con Donohue, quando nel 1975 sul superspeedway di Talladega realizzò il record mondiale di velocità media in circuito, 356 Km/h, con punte massime sui rettilinei  di 402 Km/h.  Tuttora è il giro più veloce mai realizzato sulla celebre pista dell’Alabama , in quanto la Nascar più veloce in qualifica, senza “plate restrictor”, si è fermata nel 1987 a 342,83. 


Purtroppo questo exploit segnò anche l’addio della bestia al suo pilota preferito, perché pochi giorni dopo Donohue perse tragicamente la vita in Austria al volante della sua Penske/March di Formula 1.  

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L'abitacolo della vettura da competizione

In tutto il mondo esistono solo sei Porsche 917/30

In tutto sono state costruite sei 917/30 (Porsche aveva già prodotto le vetture per la Can Am ’74 prima di sapere dell’esclusione regolamentare): due sono di proprietà del Museo Porsche, e su una di esse, con la collaborazione della Bosch, è stato aggiornato ed addolcito il  sistema di iniezione ed alimentazione,per partecipare senza troppi patemi d’animo alle più importanti rievocazioni storiche, dove è sempre una delle regine. Le altre quattro sono in mano a fortunati collezionisti.


Se non siete tra questi, potete consolarvi con degli splendidi modellini, in particolare troviamo fantastici gli  1:18 della Exoto, con menzione particolare per la vettura del record ed una commovente edizione in soli 99 pezzi verniciati a mano chiamata “Finish Line” , che riproduce la macchina di Donohue mentre taglia il traguardo di Mosport 1973 infangata e senza un ampio pezzo di frontale perso in una collisione.

Per chi volesse invece approfondire la conoscenza del suo pilota di punta, è stato  ristampato recentemente  (in inglese) il libro/autobiografia scritto nel 1974 da Mark Donohue “The unfair advantage”, che ha in copertina ovviamente proprio la 917/30.

Ovviamente l’esperienza fatta dalla Porsche con i propulsori turbo nella Can Am fu essenziale per produrre nel 1975 la fantastica 911 Turbo.

 

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