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Il sogno di celebrare la sua grandeur con un ponte che Berlusconi non portò a termine riuscirà a Mario Draghi?
La domanda non è oziosa ed anzi ha ravvivato all’improvviso la scena politica nazionale, resa quasi sonnacchiosa dall’afa di agosto e smosso i Palazzi del Potere: torna a galla la proposta del Ponte sullo Stretto, come annunciato da Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture, che durante un’audizione delle Commissioni Ambiente e Trasporti ha annunciato l’avvio di un gruppo di lavoro e di un pubblico dibattito, per arrivare ad «una scelta condivisa», per la quale sarebbe disponibili risorse certe già nella Legge di Bilancio 2023.
L’impegno del Governo sarebbe quindi di procedere con la redazione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica, individuando la migliore tra le opzioni finora evidenziate; questa fase, secondo il ministro «potrebbe concludersi entro la primavera del 2022 per avviare un dibattito pubblico e pervenire una scelta condivisa e evidenziare nella legge di bilancio 2023 le risorse».
«Il governo - ha sottolineato Giovannini - non ha intenzione di dare un calcio alla lattina come dicono gli inglesi: vogliamo un approccio serio, basato su dati scientifici ma anche su valutazioni attente dei trasporti, per prendere una decisione informata. Riteniamo che avviare uno studio di fattibilità tecnico-economico sia la soluzione più adeguata per giungere nei tempi indicati a prendere una decisione come quella che noi auspichiamo».
Un vero fiume in piena, il ministro, che ha così continuato: «Nostra intenzione è procedere a un affidamento a Italferr, società del gruppo FS: scelta che consentirebbe di ridurre i tempi: stiamo verificando con i vertici la road map, visto che vorremmo arrivare ad una decisione entro la prossima primavera, al massimo per giugno dell’anno prossimo. Sono nove mesi, tempistica comunque sufficiente a consentire di indicare nella legge di bilancio 2023 le decisioni che il governo e il parlamento potranno prendere sulla base di questo studio di fattibilità».
Il ministro ha detto di aver «già contattato i presidenti della Regione Calabria e Sicilia, e vorrebbe fossero coinvolte le città metropolitane, le autorità portuali, comitati ed associazioni di categorie», con l’istituzione di un gruppo di lavoro permanente entro l’autunno 2021, fino al completamento del programma entro il 2025.
Le parole di Giovannini hanno avuto l’effetto di un sasso nello stagno: i primi ad esprimere il loro dissenso sono stati i parlamentari del Movimento 5 Stelle, attraverso le parole di Paolo Ficara: «Il Movimento - ha detto il deputato in commissione Trasporti - non ha un atteggiamento pregiudiziale nei confronti del Ponte sullo Stretto di Messina, ma desta forte perplessità l’impostazione emersa dalla relazione del gruppo di lavoro del Ministero della Mobilità e delle Infrastrutture sostenibili, su cui il ministro Giovannini è intervenuto in audizione. Trova infatti conferma quanto da noi già sostenuto, e cioè che questa nuova “corsa al Ponte” non è fondata né su dati aggiornati, né su una seria analisi del contesto in cui si calerebbe l’opera, né tantomeno su approfondite valutazioni d’impatto sugli ecosistemi, nonostante il Parlamento abbia chiesto, con la mozione approvata lo scorso novembre, l’integrazione del gruppo di lavoro con esperti ambientali.
«Aggiungiamo poi un’altra forte perplessità - prosegue Ficara -: si dice no al tunnel sottomarino per la scarsa disponibilità di studi geologici su faglie e frane sottomarine e al tempo stesso si prende in considerazione l’ipotesi di un ponte a più campate, i cui piloni andrebbero a collocarsi su quelle faglie e quei punti franosi ancora poco studiati sotto il profilo geologico e sismico. La nostra volontà è che si abbandoni il campo della discussione ideologica e delle bandierine da sventolare, come fanno quelle forze politiche che in passato hanno ignorato l’esigenza di infrastrutture di collegamento interno alle due regioni, Sicilia e Calabria, e non hanno fatto nulla per la messa in sicurezza antisismica delle città dello Stretto.
«Non smetteremo mai di dirlo: prima di pensare al Ponte dobbiamo esser certi che si possa arrivare in tempi celeri in Calabria e Sicilia, e che anche le reti di collegamento ferroviario e viario all’interno delle due regioni siano efficienti. Andiamo per priorità: estendere l’alta velocità alla Calabria, avere treni e traghetti di ultima generazione per ottimizzare il sistema di attraversamento dinamico, realizzare una vera alta velocità in Sicilia oltre a potenziare le linee ferroviarie esistenti. È una questione di priorità e razionalità: prima di buttar via altri soldi per progettare l’eventuale cattedrale, occupiamoci del deserto: riduciamo prima le attuali undici ore che collegano Roma a Palermo e Siracusa a cinque o sei ore: solo dopo possiamo pensare se fare il ponte per ridurre i tempi di attraversamento di altri venti o trenta minuti. Iniziare ad agire dalla fine, capovolgendo la scala delle priorità, è una scelta che danneggia la Sicilia, la Calabria, i loro cittadini e il Paese intero».