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La notizia è stata pubblicata dal quotidiano La Repubblica: secondo alcune indiscrezioni trapelate dalle indagini in corso sul crollo del viadotto Polcevera, in cui perirono 43 persone, i vertici di Aspi (Autostrada per l’Italia) e quelli della capogruppo Atlantia sarebbero stati a conoscenza del rischio di crollo.
Tra i molti documenti sequestrati dalla Guardi di Finanza, nelle sedi delle due società ci sarebbero infatti documenti di programmazione del rischio che nel periodo 2014-2016 segnalavano il “rischio crollo” per il ponte Morandi.
Negli stessi documenti del 2017 la classificazione si sarebbe trasformata in “perdita di stabilità”.
E' evidente la differenza fra le due classificazioni, poiché nel primo caso si trattava di bloccare il traffico sul viadotto, mentre nel secondo non si richiedevano interventi altrettanto drastici e urgenti.
Sta di fatto che i Cda di Atlantia e Aspi erano forse al corrente che i report era stati edulcorati per evitare complessi e costosi interventi strutturali
Qualcosa di simile si era peraltro già visto nel gennaio scorso, quando i rapporti sullo stato di salute di ponti e viadotti gestiti da Aspi si erano rivelati volutamente sottostimati e questo aveva portato ai primi arresti.
Nella nuova vicenda le responsabilità potrebbero tra l'altro coinvolgere il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, considerato che nelle riunioni del Cda di Aspi partecipa un rappresentate dello stesso MIT (nel ruolo di sindaco) che ha il compito di riportare le sintesi al ministero.
Tanto che tra i 73 indagati dalla Procura di Genova ci sono anche alcuni rappresentanti del MIT.
E’ pur vero che le indagini che riguardano questi ultimi sono relative alle ultime fasi della manutenzione, al momento del rinforzo degli stralli del Polcevera, ipotizzando ritardi nell’approvazione dei progetti da parte del comitato tecnico del ministero stesso.
Tuttavia i nuovi documenti citati da La Repubblica potrebbero ampliare la portata del coinvolgimento ministeriale.