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L'origine del crollo è finalmente chiara: uno dei tiranti ha ceduto, molto probabilmente a causa delle notevoli sollecitazioni causate dal traffico giornaliero.
Ingegner Enrico De Vita era prevedibile questo cedimento?
«Il problema dei tiranti è che, una volta annegati nel cemento, sono molto difficili da analizzare e monitorare dall'esterno anche con apparecchiature sofisticate. Nessuno è in grado di constatare con precisione la condizione di queste strutture».
Come si può ovviare a questo problema?
«Prendendo spunto proprio dal ponte dell'A10, il primo cavalletto della struttura è stato rifatto completamente aggiungendo una rete di tiranti esterna e visibile. In questo modo era possibile monitorare con maggior precisione il degrado della struttura e agire prontamente in caso di necessità»
«Questo lavoro doveva essere eseguito anche sugli altri cavalletti portanti del ponte. Era in programma l'intervento ed il conseguente concorso ma i tempi sono stati troppo lunghi»
Assenza di manutenzione dell'ente?
«La manutenzione era continua ed il monitoraggio dei tiranti molto arduo da effettuare con precisione. La debolezza della struttura era già nota dopo il primo intervento sui tiranti citato prima, i rinforzi del secondo e del terzo cavalletto erano necessari considerate le sollecitazioni a cui sono stati sottoposti per decenni»
Quindi chi può essere additato come responsabile della tragedia?
«Il progetto del ponte era innovativo ma ha presentato nel corso degli anni diverse debolezze, crolli di lieve entità ed il già citato rinforzo del primo cavalletto. Diversi tecnici, 10 anni fa, avevano segnalato il pericolo di un cedimento, tuttavia sarà difficile per il governo dimostrare un'eventuale incuria di Autostrade per l'Italia»
E per quanto riguarda le clausole delle concessioni?
«Si scoprono clausole nel contratto firmato nel 2007 tra lo stato e Autostrade per l'Italia che fanno rabbrividire».
«Lo stato, tramite un iter burocratico, può imporre alla società una penale fino a 150 milioni di euro per non aver eseguito i dovuti lavori di manutenzione e non aver rispettato i termini del contratto. Se però alla società concessionaria viene revocata la concessione per gli anni successivi (previsti dal contratto), quest'ultima può fare appello all'ANAS e richiedere un risarcimento di 1 miliardo di euro per ogni anno di stop»
«Bravissimi i legali di Autostrade che sono stati capaci di far firmare questo documento al parlamento di allora»
La politica è quindi responsabile?
«Assolutamente si, già nel 1997 la rete autostradale fu praticamente svenduta e poi, nel 2007, il parlamento firmò il contratto con Autostrade per l'Italia. La società aveva però dato un contributo a tutti i partiti per la campagna elettorale dell'epoca, denaro che tutti accettarono ad esclusione dell'Italia dei Valori. Le clausole del contratto sulle concessioni furono poi misteriosamente secretate».
E per quanto riguarda i pedaggi?
«C'è poi la incomprensibile formula con cui vengono decisi gli aumenti dei pedaggi autostradali. Formule che consentono ad Autostrade per l'Italia, nonostante eventuali interventi di manutenzione straordinaria o un'improvviso calo di traffico, di mantenere il guadagno annuale stabile sulla medesima cifra agendo direttamente sul prezzo del pedaggio».
E' possibile un'eventuale nazionalizzazione della rete autostradale italiana?
«E' l'unica strada percorribile. Però non conosco quali altri clausole sono state inserite in questi contratti, già Tremonti e Di Pietro si sono scontrati con Autostrade per l'Italia e hanno perso. Spero che ci sia qualcuno in grado di utilizzare gli strumenti corretti per renderlo possibile, abbiamo pagato e strapagato la nostra rete autostradale per anni».
Se Lei fosse ministro come agirebbe?
«Se fossi ministro chiederei a tutti i consulenti legali di leggere le clausole e trovare tutti gli strumenti democratici per ridare al paese un bene costruito dagli italiani e che non può essere sfruttato da pochi privati».