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Nei commenti al nostro articolo del 15 luglio intitolato “Pneumatici, quattro miti da sfatare” alcuni lettori hanno contestato la nostra affermazione sul fatto che non sia vietato montare sullo stesso asse pneumatici di marche diverse, purché contraddistinti dalle stesse misure e dagli stessi indici di carico e di velocità. E lo hanno fatto riportando una direttiva UE che invece impone di avere anche marche identiche.
Piccolo equivoco: quella direttiva riguarda l'omologazione, cioè definisce gli obblighi che i costruttori devono rispettare all’atto della approvazione dei nuovi modelli e che poi devono applicare per conformità a tutta la successiva produzione. Ed è ovvio che una Casa debba montare su ogni esemplare pneumatici della stessa marca. Ma non riguarda la vita della vettura, né la sua manutenzione.
Infatti, il prof. Mario Monti, quando era Commissario a Bruxelles, emanò il cosiddetto Regolamento Monti che, per porre un limite alla posizione dominante che le Case esercitavano sul mercato, introdusse la categoria del “ricambio equivalente”, ovvero non prodotto e non montato dalla Casa automobilistica in primo equipaggiamento, ma prodotto da fabbricanti esperti, testato e approvato per la idoneità al montaggio sugli stessi modelli.
In tal modo la marca del ricambio (e la definizione di “ricambio originale”) non diventava più una strada obbligatoria per il cliente, ma si liberalizzava il mercato e si apriva alla concorrenza. Non solo, ma anche la garanzia della Casa doveva essere conservata, mentre in precedenza bastava adottare un lubrificante di marca diversa da quella consigliata per vedersi rifiutare la garanzia.
Oggi, se un ricambio equivalente provoca un guasto al veicolo, l’onere della prova spetta alla Casa automobilistica.
Fanno parte della categoria dei ricambi equivalenti pezzi importanti della vettura , come: ammortizzatori, dischi freno, pastiglie, motorini d’avviamento, alternatori e, appunto, pneumatici.
Corrisponde al vero che in un manuale distribuito ai tecnici delle revisioni biennali è stata adottata la regola della direttiva UE che prevede uniformità del fabbricante sullo stesso asse, ma è una norma burocratica che contrasta col Regolamento Monti e che strizza l’occhio al monopolio dei fabbricanti di primo equipaggiamento.
Infatti, la vettura che esce in origine con 5 pneumatici della stessa marca, di norma conserverà - nuova - quella di scorta per molto tempo. Se al primo cambio gomme il cliente ha optato per un’altra marca, si troverà con una ruota di scorta di marca diversa. E se non fosse ammesso circolare con quella, dovrebbe acquistarne un’altra per mantenere l’uniformità del marchi sullo stesso asse. E poiché non si può costringere la gente ad avere due ruote di scorta, il problema si ripresenterebbe alla prima foratura.
Morale, il fabbricante che ha ottenuto di fornire il primo equipaggiamento conquisterebbe una sorta di egemonia per tutta la vita della vettura, in barba alla libera concorrenza.
Senza contare che sia il Codice della Strada sia la Carta di circolazione non fanno alcun riferimento alla marca dei pneumatici, che non viene citata da nessuna parte. Al massimo l’abbiamo vista “consigliata” su certi scooter, ma solo nel libretto di manutenzione.
D’altro canto, se è condivisibile il consiglio di avere pneumatici identici fra lato destro e lato sinistro, è pur vero che - a parità di condizioni - le differenze di comportamento fra due pneumatici di marche diverse, regolarmente omologati e approvati, sono così sottili da essere percepiti solo da collaudatori esperti, mentre le differenze fra due pneumatici della stessa marca, ma con profondità del battistrada e pressione di gonfiaggio differenti, sono talmente evidenti da costituire pericolo. E apparirebbe davvero irrazionale vietare la prima ipotesi e accettare la seconda.