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Tecnicamente si chiamano "filler" e sono quei materiali che compongono fino al 40% la mescola di una gomma e la rendono resistente all'abrasione e al calore, nonché meno resistente al rotolamento, il che vuol dire meno consumi. Da anni ormai si impiegano nanoparticelle di silice prevalentemente di forma sferica, ma una nuova mescola con particelle di silice dalla forma allungata permetterà di migliorare ulteriormente il grip e la durata delle gomme.
L'ha realizzata e brevettata Pirelli in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca dopo una ricerca (intitolata "The filler–rubber interface in styrene butadiene nanocomposites with anisotropic silica particles: morphology and dynamic properties") durata tre anni, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista Soft Matter della Royal Society Of Chemistry.
Il team di sviluppo - formato da Roberto Scotti, professore associato di Chimica generale e inorganica, Barbara Di Credico e Massimiliano D’Arienzo, ricercatori nel Dipartimento di Scienza dei Materiali, e coordinato da Franca Morazzoni, professore ordinario di Chimica Generale e Inorganica, in collaborazione con i ricercatori del gruppo R&D di Pirelli Tyre, diretti da Thomas Hanel – è riuscito a sintetizzare nanoparticelle di silice a morfologia allungata utilizzandole nelle mescole.
La silice non sferica, spiega Pirelli «aumenta il rinforzo delle gomme, aderendo meglio al polimero ed aumentando la quantità di gomma intrappolata tra le nanoparticelle. L’impiego di queste silici innovative nelle mescole per pneumatici presenta un effetto di rinforzo superiore del 5 per cento rispetto alle silici tradizionali. Inoltre, le nanoparticelle di silice allungata migliorano la resistenza all’usura e all’abrasione della gomma, diminuendo anche il consumo di carburante del veicolo».
Gli esperimenti, condotti nei laboratori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca e del settore R&D Materiali Innovativi di Pirelli Tyre, hanno consentito di fotografare e quantificare la gomma intrappolata tra le nanoparticelle con l’impiego della microscopia a forza atomica e con tecniche di risonanza magnetica nucleare, come è possibile notare nella figura riportata nella fotogallery.