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Quando saliva il prezzo del petrolio a noi automobilisti appariva crudele e speculativo che un minuto dopo salisse anche il prezzo alla pompa di benzina e di gasolio, anche perché i depositi erano pieni di greggio acquistato al vecchio prezzo.
“Il petrolio è come l’oro - si giustificavano i petrolieri - se ce l’hai in casa devi venderlo al prezzo di mercato, non a quello che hai pagato tu. E’ la legge della domanda e dell’offerta, bellezza!”. E così ci tappavano la bocca.
Ora, però, è successo il contrario. Per una strana magia saltata fuori dalla concorrenza Usa (che vende shale oil, petrolio e gas ricavati dagli scisti bituminosi) e i Paesi arabi (che non vogliono perdere quote di mercato e per questo sono disposti a ribassare il prezzo del greggio fino a mettere fuorigioco e in perdita il petrolio americano), le quotazioni internazionali dell’oro nero sono scese vorticosamente nell’ultimo mese: da oltre 100 a 67 dollari il barile.
Coerenza ad orologeria?
Ma stranamente i ritocchi alla pompa vanno a rilento, si inceppano continuamente, vengono applicati in ritardo. Abbiamo chiesto alle compagnie perché.
Volete la loro risposta? “La benzina che vendiamo adesso è stata prodotta con petrolio acquistato a suo tempo e pagato molto più caro. Non possiamo rimetterci”. Stupenda lezione di coerenza, che merita il plauso dell’antitrust. Meditate, gente, meditate.