Peter Wyhinny, Seat: «Ho iniziato a correre con un VW Caddy TDI... su una ruota!»

Peter Wyhinny, Seat: «Ho iniziato a correre con un VW Caddy TDI... su una ruota!»
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Una lunga chiacchierata con Peter Wyhinny, Direttore di Seat Italia, ci ha fatto conoscere un vero e proprio "Racing Man", con una storia sportiva a dir poco fuori dal comune alle spalle
8 ottobre 2013

Autodromo di Monza – La divisione italiana della Casa di Martorell non poteva scegliere una cornice più appropriata, se non quella dell'Autodromo Nazionale di Monza, per presentare anche nel nostro Paese, dopo il debutto a maggio al Wörthersee, la nuova Seat Leon Cup Racer, affascinante versione da competizione destinata ai team clienti per la stagione 2014.

 

Equipaggiata con un 2.0 TSI in grado di sviluppare 330 CV e 350 Nm, la Leon Cup Racer si distingue per linee davvero accattivanti, che hanno letteralmente rapito l'attenzione degli appassionati accorsi in autodromo lo scorso weekend di gara.

 

Della nuova Leon da corsa ne abbiamo parlato con Peter Wyhinny, Direttore di Seat Italia, che abbiamo scoperto essere anche un vero e proprio “Racing Man” con una storia sportiva a dir poco fuori dal comune alle spalle, come peraltro ha dimostrato in occasione della nostra sfida in pista Six Wheels, dove ha battuto il nostro "Gillo".

 

Cosa rappresenta la nuova Leon Cup Racer per il marchio Seat? Quando scenderà in pista?
«La nuova Seat Leon Cup Racer è il nuovo capitolo nello sviluppo di vetture da gara. Ora la presentiamo al pubblico, vediamo le reazioni dei potenziali clienti e in base all'interesse già a partire dal prossimo anno inizieremo a schierare la Leon da corsa in pista, all'interno di alcune gare di categoria, per esempio nel CITE. Poi se riusciremo a radunare almeno una dozzina di auto potremo organizzare anche un monomarca, che si affiancherà a quello che già oggi facciamo oggi con Ibiza. Penso comunque che la nuova Leon Cup Racer sia davvero bellissima e che quindi quando faremo la prima prova i clienti se ne innamoreranno».

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La nuova Seat Leon Cup Racer debutterà in pista il prossimo anno con un 2.0 TSI da 330 CV

 

Quanto costerà la Leon Cup Racer da corsa?
«La Leon Cup Racer da gara costerà più o meno 70.000 euro».

 

Quando verrà presentata invece la nuova Seat Leon Cupra stradale?
«La nuova Leon Cupra verrà presentata a febbraio e sarà verante qualcosa di sensazionale perché avrà molto in comune con la Cup Racer da corsa che abbiamo svelato oggi».

 

Quest'anno, divenuto Direttore di Seat Italia, ha partecipato alla Ibiza Cupra Cup. Com'è stata questa nuova esperienza e quali circuiti italiani le sono rimasti più impressi?

«Quest'anno volevo prendere parte ad una sola gara della Seat Ibiza Cupra Cup, ma alla fine sono sceso in pista quattro volte. La mia pista preferita è diventata il Mugello, dove ho stabilito il tempo più veloce del giro, ma anche Misano mi è piaciuta molto. Anche qui infatti ho stabilito il miglior tempo sul giro. Imola è stupenda ma in quel caso non sono riuscito a trovare il giusto feeling tra me, la macchina e la pista».

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La Leon Cup Racer è destinata ai team clienti e verrà offerta a circa 70.000 euro

 

Sono piste che conosceva già?
«Assolutamente no, perché fino a quest'anno avevo corso solo in Inghilterra. Infatti ogni giro in più che concludo su una pista qui in Italia riesco a migliorarmi perché gradualmente prendo sempre maggiore confidenza con il circuito».

 

Come ha iniziato a correre?
«Il mio approccio al mondo delle corse è avvenuto in una maniera, diciamo, un po' strana. All'epoca ero Direttore Volkswagen Commercial Vehicles in Inghilterra, ma da sempre amavo le corse e le quattro ruote. Così nel 2000, grazie ai Direttori di Volkswagen Racing, ho avuto la possibilità di prendere parte ad una tappa di un Rally con la Polo. Non ci ho dovuto pensare per più di mezzo nano-secondo e ho subito trovato un pazzo navigatore che si fidasse a sedersi al mio fianco. Alla fine, ed era la prima volta che correvo, ho chiuso in sesta posizione su 12 macchine, riuscendo ad essere più veloce anche in uno degli stage».

Perché non facciamo un Caddy da corsa, per partecipare ad un rally? All'inizio pensavano che stessi scherzando ma io non ero mai stato così serio!

 

E poi com'è proseguita la sua esperienza nel mondo delle corse?
«Questo rally per me è stato una rivelazione. Infatti mi ha fatto pensare che un Volkswagen Caddy non è altro che una Polo con una diverse conformazione di carrozzeria. E allora, in qualità di Direttore della divisione Veicoli Commerciali, mi sono detto: perché non facciamo un Caddy da corsa, per partecipare ad un rally? All'inizio pensavano che stessi scherzando ma io non ero mai stato così serio!»

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Peter Wyhinny in azione con il primo Caddy da corsa con un assetto senza dubbio da perfezionare...

 

Come avete fatto a partecipare ad una gara con un furgoncino? I regolamenti?
«Nel rally infatti non siamo riusciti, ma in in Inghilterra abbiamo la Volkswagen Racing Cup, una gara riservata a qualsiasi auto marchiata VW che come principio base ha il rapporto peso/potenza delle vetture, in modo da equilibrare i diversi modelli in pista. Siamo riusciti a cambiare i regolamenti sostituendo la regola che consentiva la partecipazione “ad ogni auto VW” con “ad ogni veicolo VW”».

 

Come siete riusciti a trasformare un Caddy in un mezzo da competizione?
«Abbiamo usato, stiamo parlando del 2001, il Caddy di precedente generazione. La cosa che mi premeva di più però, in termini di comunicazione, era che esternamente dovesse essere perfettamente identico ad un Caddy venduto in concessionaria. Per questo abbiamo lasciato intatta la carrozzeria, ma anche tutti i dettagli della vettura, compresi gli specchietti. Abbiamo rivisto l'assetto, montando cerchi da 18 pollici e sospensioni da corsa, mentre per il motore abbiamo utilizzato un 1.9 TDI a gasolio da 110 CV (un normale Caddy montava la versione da 90 CV) che abbiamo portato a 190 CV grazie ad una turbina di sovralimentazione più grande e ad un intercooler più potente, oltre ad una rimappatura della centralina. Il cambio era rimasto quello di serie, manuale, ma avevamo montato un differenziale autobloccante meccanico».

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Durante le prime gare del Caddy non era difficile vederlo su una ruota in fase di staccata

 

Qual è stata la prima gara con il Caddy? Com'è andata?
«Abbiamo debuttato con il Caddy da competizione sul circuito di Thruxton, il circuito più veloce d'Inghilterra. Ci sono solo due punti dove si frena, mi ricorda molto quello di Pergusa, in Sicilia. Non abbiamo avuto tempo per fare una prova vera e proprio, avevo guidato il Caddy solo su una pista di un aeroporto e quindi abbiamo utilizzato le qualifiche per testare il nostro mezzo. Il Caddy è risultato inizialmente molto instabile, tanto che spesso finiva su una ruota, ma io sono riuscito a tenerlo sempre in pista. Stringevo i denti sebbene continuassi a sentire che si alzava continuamente, anche a velocità prossime ai 160 km/h, mi continuavo a ripetere di non mollare, sforzandomi di tenere giù il pedale del gas. Alla fine della qualifica la direzione gara non voleva farmi correre per motivi di sicurezza, ma alla fine ho convinto tutti dicendo che io è vero, ero su una ruota, ma non ero mai uscito di pista a differenza di altre auto che invece avevano causato reale pericolo. Alla fine ho partecipato e alla prima corsa col Caddy non sono arrivato ultimo, che era il nostro obiettivo, riuscendo a superare anche alcune Golf GTI».

Sotto al cofano c'era il 2.0 TDI a gasolio da 140 CV di serie portato prima a 235 e poi a 270 CV, utilizzando la turbina di un motore V6 Audi e iniettori pompa speciali

 

Immagino che gli organizzatori non fossero molto contenti di vedere un furgoncino correre in pista, non è vero?
«Purtroppo, almeno all'inizio sì. Infatti la stagione successiva hanno cambiato le regole proibendo ai veicoli commerciali di partecipare. Io allora non ho fatto altro che montare, con un po' di astuzia, i finestrini posteriori al Caddy, utilizzando dei pannelli di plastica trasparente. In questo il mio Caddy non era più un van ma un'auto per trasporto persone in piena regola. Il VW Caddy infatti ha a listino la variante Life con i sedili posteriori, che è un'auto a tutti gli effetti».

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Il Caddy di nuova generazione, con un motore 2.0 TDI di serie portato a 270 CV, dà del filo da torcere a Golf GTI e Beetle da corsa

 

Avete anche gareggiato con il Caddy di nuova generazione. Qui si faceva veramente sul serio però...
«Abbiamo corso con il primo Caddy fino al 2005. Nel frattempo lo abbiamo sviluppato sempre di più, fino a farlo diventare molto più stabile e competitivo. Ormai eravamo diventati credibile anche agli occhi degli organizzatori e così nel 2006 abbiamo iniziato a correre con il Caddy di nuova generazione. Sotto al cofano c'era il 2.0 TDI a gasolio da 140 CV di serie portato prima a 235 e poi a 270 CV, utilizzando la turbina di un motore V6 Audi e iniettori pompa speciali, capaci di iniettare nelle camere di combustione il 38% in più di carburante. Il cambio era il sei marce di serie, poi ovviamente abbiamo montato il differenziale autobloccante».

 

E poi sono arrivati anche i risultati?
«Inizialmente con il nuovo Caddy arrivavo solitamente dodicesimo o tredicesimo, ma poi aumentando la potenza, dal momento che non potevo più togliere peso, sono diventato veramente competitivo, conquistando anche il podio in diverse occasioni».

 

Mi piace molto stare su due ruote, ma sempre al volante di un veicolo che ne ha quattro

E dopo il Caddy?
«Alla fine sono passato ad occuparmi per questioni lavorative di Seat UK e quindi ho iniziato a partecipare alla Volkswagen Racing Cup con una Leon Cupra. Non ottenevo punti in gara, perché la corsa formalmente era riservata solo ai modelli VW, ma comunque potevo gareggiare».

 

Ama correre anche cavalcando le due ruote?
«Mi piace molto stare su due ruote, ma sempre al volante di un veicolo che ne ha quattro (ride, ndr).

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Con il nuovo Caddy sono arrivati i primi podi per Peter Wyhinny


Perché per lei, in qualità di Direttore di Seat Italia, è così importante non solo investire nel motorsport ma anche prendere parte in prima persona alle gare?
«Non c'è modo migliore di esprimere il DNA sportivo di un marchio come Seat se non quello di correre nelle competizioni. Investire nel motorsport inoltre è utile per sviluppare tecnologie da poi portare sulle vetture stradali. I modelli Seat di oggi infatti si riconoscono perché mettono al centro dell'attenzione il guidatore e il piacere di guida. Per questo vedere il marchio Seat qui nei paddock è un orgoglio immenso per me. Partecipare in prima persona, in qualità di Direttore di Seat Italia, è molto importante perché è un po' come se andassi ad inaugurare una nuova concessionaria o come se portassi avanti una strategia di marketing. Il fatto che io prenda parte direttamente alle gara insomma aiuta a dare ancora maggior forza all'immagine di Seat. È vero che investo il mio tempo libero nelle gare, ma devo ammettere che è anche molto divertente».

Vedere il marchio Seat nei paddock è un orgoglio immenso per me

 

Come si presenta oggi la situazione del mercato italiano per Seat?
«La situazione del mercato è veramente difficile. In ogni caso siamo molto contenti delle vendite della nuova Leon, che hanno fatto registrare un + 130% rispetto allo scorso anno quando era ancora in vendita il modello di precedete generazione. Inoltre la maggior parte dei clienti scelgono allestimenti molto ricchi, in particolare Style ed Fr e questo per noi è motivo di grande soddisfazione. Ora poi abbiamo appena presentato due modelli importantissimi per il mercato italiano, ovvero la Leon ST station wagon e la Leon TGI a metano».

 

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