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L'avvento dei veicoli elettrici ha letteralmente stravolto il settore automobilistico globale. Non solo perché gli EV hanno favorito l'irruzione sul mercato di agguerritissimi brand - per lo più cinesi - e il conseguente declino di marchi storici del panorama occidentale. Ma anche e soprattutto perché la mobilità green ha rimescolato l'ordine dei Paesi all'avanguardia nell'automotive. Cosa significa? Semplice: nazioni e regioni che fino a qualche anno fa erano considerate innovative e innovatrici per ogni tematica inerente alle auto, oggi si sono viste sorpassare da attori insospettabili. Detto altrimenti, il graduale
passaggio all'elettrico ha fin qui premiato Stati e governi meglio organizzati ad accompagnare questo cambiamento epocale. Quali? Quelli del Nord Europa, la Cina (trasformatasi in un lasso di tempo relativamente breve nella nuova potenza mondiale delle quattro ruote) e alcuni Paesi in via di sviluppo, gli stessi che hanno accolto a braccia aperte – e senza dazi – le economiche auto elettriche made in China e gli investimenti del Dragone. Dall'altro lato c'è chi non riesce ad accettare il paradigma green, chi teme che questo possa distruggere i suoi marchi nazionali, chi non può contare su governi abili a costruire colonnine e punto di rifornimento necessari per alimentare gli EV. Ci sono però tre casi emblematici che vale la pena analizzare. Tre Paesi hi-tech e all'avanguardia che, nonostante abbiano tutte le risorse necessarie per accogliere la mobilità green, sono ancora terribilmente in ritardo sul fronte delle auto elettriche.
Se diamo un'occhiata al Giappone, scopriamo che questo Paese soddisfa tutte le condizioni che dovrebbero renderlo un leader nei veicoli elettrici: redditi superiori alla media, un'industria automobilistica di primo livello, alti tassi di acquisto di automobili e, più in generale, una cultura che abbraccia la tecnologia. Eppure, ha scritto Bloomberg, nel 2023, all'ombra del Monte Fuji i veicoli elettrici faticano a raggiungere il 2% delle nuove auto vendute (nel 2023 il valore era dell'1,8%). A sollevare il problema è stato Elon Musk in persona. "La nostra quota di mercato è notevolmente bassa. Il Giappone è il terzo mercato automobilistico più grande al mondo e dovremmo almeno avere una quota di mercato proporzionale, ad esempio, ad altri produttori di automobili non giapponesi come Mercedes o BMW, che al momento non abbiamo", ha dichiarato qualche mese fa l'amministratore delegato di Tesla,
secondo cui questo gap sarebbe da attribuire a una sorta di "mancanza di consapevolezza". In realtà, come ha scritto il quotidiano Japan Times, il problema sembrerebbe essere un altro. La lenta adozione degli EV da parte del Giappone risalirebbe a una scommessa fatta un decennio fa dai tecnocrati di Tokyo e dalle case automobilistiche nipponiche: quella di investire massicciamente nella tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno. "Da allora, Toyota Motor, la più grande casa automobilistica al mondo, è stata scettica nei confronti dei veicoli elettrici, finanziando pubblicità fuorvianti e facendo pressioni contro le politiche governative che li promuovono in tutto il mondo", ha sottolineato il quotidiano. Il fatto è che i sogni del Giappone di guidare una rivoluzione delle celle a combustibile non si sono materializzati. E adesso Tokyo è terribilmente indietro sul fronte elettrico.
Diverso il caso della Corea del Sud, dove il passaggio all'elettrico è stato sostenuto da parte dei colossi nazionali come Hyundai Motor Group e Kia (che hanno realizzato modelli molto competitivi) e agevolato dalla presenza, nel Paese, di tre dei cinque maggiori produttori di batterie al mondo (LG Energy Solution, Samsung SDI e SK On). Il punto è che la domanda interna di EV latita. Le vendite di EV sono crollate nel 2023, con solo il 6,2% di nuove auto elettriche acquistate dai sudcoreani. Il motivo? Molti cittadini vivono in complessi residenziali e non possono utilizzare caricabatterie domestici. Un dato: circa il 61% degli oltre 51 milioni di coreani vive in appartamenti o in case multifamiliari, comprese torri residenziali che possono raggiungere i 50 piani e complessi che ospitano fino a 10.000 famiglie. Inoltre di recente si è diffusa una certa psicosi per gli incendi di auto elettriche all'interno dei parcheggi multipiano ospitati nei sotterranei di questi supercondomini che non gioca a favore delle batterie.
Cosa succede, invece, negli Stati Uniti patria di Tesla? Le vendite sono in continuo aumento ma, date le possibilità economiche del Paese, gli USA devono ancora fare i conti con qualche problemino di troppo. Eccoli: elevati costi delle auto in vendita; mancanza di varietà di EV disponibili; ansia, da parte dei cittadini, per la disponibilità di caricabatterie pubblici; un'eccessiva ossessione per l'autonomia delle batterie. In più la nuova PResidenza non sta certo agendo a favore della loro diffusione e sostenibilità economica. Se vi chiedete perché Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti non sono i king delle auto elettriche, ecco: adesso avete delle risposte.
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