Perché l'industria tedesca dell'auto sta finendo KO?

Perché l'industria tedesca dell'auto sta finendo KO?
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Il settore automobilistico della Germania ha ufficialmente alzato bandiera bianca. Gli anni d'oro dell'innovazione, del successo senza rivali ma soprattutto dei guadagni potenzialmente infiniti, sembrerebbero ormai essere tutti lontani ricordi del passato
21 ottobre 2024

Colpa della situazione economica in cui è finita Berlino, tramortita dal destro-sinistro rimediato in pieno volto, coincidente rispettivamente con lo scoppio della guerra in Ucraina e l'ascesa dell'automotive cinese. Senza la Russia, esclusa dal commercio europeo in seguito alla sua offensiva contro Kiev, l'industria tedesca non ha più potuto fare affidamento sul gas a basso costo prima importato dal Cremlino a cifre più che convenienti. Per quanto riguarda la Cina, le quattro ruote del Dragone si sono svegliate e adesso dominano il mercato cinese e puntano a rosicchiare spazio d'azione oltre la Muraglia; di conseguenza, i campioni teutonici non possono più fare affidamento sulla vendita di auto premium alla clientela cinese, o almeno non più come accadeva in passato. 

Il settore è in piena crisi

L'industria dell'auto in Germania, è altamente strategica. Intanto perché dà lavoro a più di 770 mila persone e vale circa il 5% del pil nazionale. E poi, altro aspetto da non sottovalutare, perché le vendite di veicoli e dei componenti vari realizzati all'ombra di Berlino raggiungono ampiamente il 17% delle esportazioni complessive tedesche. Peccato per il governo guidato da Olaf Scholz che i due pilastri che alimentevano l'automotive made in Germany coincidano, come detto, con gas russo (impossibile da importare) e mercato cinese (non tanto off limits, quanto appannaggio di agguerrite case automobilistiche locali). Insomma, la Germania si è riscoperta meno colosso di quanto non immaginava di essere. Già, perché senza le due stampelle citate, l'ex locomotiva d'Europa non è più in grado di esportare – soprattutto in Cina - ben due terzi delle auto prodotte dalle fabbriche delle sue aziende, ignorando la sostanziale debolezza dei mercati domestici ed europei.


La variabile cinese

Pechino è infatti salita sul treno dell'elettrico, mentre Volkswagen, Mercedes e Bmw (e insieme a loro altri brand occidentali) hanno perso tempo e spazio di manovra. Negli ultimi mesi i gioielli di Berlino hanno cercato in tutti i modi di recuperare il terreno perduto sul fronte dell'elettrico, ma la Cina non fa sconti. Nel senso che i software made in China sono all'avanguardia – troppo per imbastire una competizione – e soprattutto possono contare su una filiera casalinga delle batterie che si traduce in costi bassi. La conseguenza è che il mercato interno, ora, è dominato da Byd e soci, con buona pace delle case tedesche che qui generano un terzo del loro fatturato. E che qui preferiscono continuare ad investire. 
 

Indietro sull'elettrico
I numeri sono eloquenti. Nel 2023, gli stabilimenti della Germania hanno sfornato appena 4,1 milioni di veicoli al netto di una capacità produttiva di 6,2 milioni. E nei primi sei mesi del 2024 la produzione ha subito un ulteriore rallentamento traducibile in un -6% rispetto a quanto rilevato nello stesso lasso di tempo nel 2023 e addirittura in un -19% sul 2019. La Germania ha perso il treno per l'elettrico, che è quello che chiede l'Unione Europea, nonché la direzione presa dalla maggior parte dei governi mondiali (compreso quello cinese). Secondo l'Autorità federale tedesca per i trasporti a motore (KBA), la quota di mercato delle auto elettriche nel Paese è cresciuta, ma è ancora relativamente piccola. Basti pensare che dieci anni fa questi veicoli rappresentavano lo 0,02% del numero totale di auto in circolazione, e che oggi quella cifra è arrivata al 2,08%. Difficile, se non impossibile, competere con la Cina sbandierando numeri del genere.

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