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Vogliamo raccontarvi una storia, quasi una fiaba, che posa per la prima volta le sue belle ruote al Parco del Valentino, per muovere i suoi primi passi verso il Circolo del Design di Torino, nella giornata di oggi 20 giugno, alle 12.
In anteprima la one-off Tjaarda 124 Targa, di Tom Tjaarda, viene mostrata al pubblico. E' il penultimo disegno di Tom e la sua ultima realizzazione, che noi abbiam seguito fin dal principio.
La 124 Tjaarda Rondine è splendente e le sue finiture sono ripristinate al meglio.
Filippo Disanto, il suo proprietario, è il biografo ufficiale di Tom. Lo segue ed insegue fin da quando aveva 12 anni, già mosso da vera passione per le auto. Ora però è perplesso, Rondine è pronta e non potrà più seguire Tom nel suo lavoro. E' naturale pensare che, proprio per questa grande emozione di aver seguito dal vivo Tom all'opera, dopo pochi giorni Filippo raggiunge Tom di primissimo mattino, come spesso, e gli propone un progetto: la "124 spider" per gareggiare ha dovuto montare un hard-top, che nascondesse i rinforzi strutturali necessari a reggere la potenza maggiorata. Fu un peccato, perchè di fatto mancò una versione aperta veramente performante. "Tom, facciamo una versione Targa della 124?". Tom è impeccabile e nega tassativamente il progetto. Era il suo carattere, il suo ruolo era quello di designer, non dell'imprenditore. Passano alcuni giorni e Disanto non molla, anzi arriva sotto casa di Tom con una 124 blu targata Brescia, giunta a Torino mezza fusa: gli occhi di Tom si illuminano. L'auto viene gestita con metodo organico: pochi disegni e molte realizzazioni di modello. Si lavora presso una carrozzeria estremamente precisa, che riesce ad eseguire alla perfezione i telai "al fil di ferro" della cabina da realizzare. Tjaarda studia un tetto removibile in plexiglass, optando per una caratteristica da show car. Il roll-bar viene abbassato di alcuni centimetri rispetto alla quota della 124 da rally, riprendendo un po' quello della Rondine Pininfarina. Questo abbassa e schiaccia il lunotto posteriore avvolgente che, muovendosi con i sinuosi parafanghi, danno all'auto una grande sportività.
I paraurti vengono tagliati a lama e le code dei parafanghi posteriori accentuate. La fanaleria posteriore, vera pecca della 124 di serie, è sostituita da gemme coniche a base circolare, ricordando quasi le prime Corvette. L'insieme dell'auto ha un dinamismo davvero dirompente e Tom battezza la sua nuova creatura "la Bomba": il suo fascino è quasi rude.
Molti designers, e tra loro diversi maestri di altissimo livello, non danno peso alle peculiarità meccaniche del mezzo che gli è stato commissionato. Tom non concepì mai di scindere il disegno dalla meccanica, le cui caratteristiche dovevano collaborare con le proporzioni, per consegnare un prodotto industriale completo.
Questa visione riteniamo sia basilare per distinguere e valutare la qualità di un'auto, e gioverebbe molto a risolvere i guai a certi importanti marchi del passato che non riescono più a vendere i loro prodotti, perchè incompleti in questo senso. E' il motivo per cui ad esempio molte Alfa Romeo divennero un mito, sintesi di sostanza e fascino ragionato.
Tom vuole almeno 160 CV, carreggiate allargate, scatola sterzo modificata,rapporti al ponte dedicati, carburatori ad hoc, marmitte e terminali specifici, motore abbassato: tutto deve essere perfettamete coerente allo stile e deve rendere in verità ciò che la linea promette.
Si tenta su "Targa", riuscendoci egregiamente, una colorazione della carrozzeria grigio metallizzata monocroma ma in due toni diversi, per enfatizzare curve e nervature. Per Disanto, sempre più coinvolto da Tom nel lavoro, inizia il calvario: nessuna carrozzeria sembra voler offrire i due colori, senza uno stacco di giunzione. Il lavoro è difficilissimo. All'ennesimo incontro con un verniciatore sembra di essere arrivati al dunque, ma prima di congedarsi l'artigiano si contraddice ed evidenzia la necessità di un "filino", una striscia che copra la giunzione dei due colori. Tom se ne va pronunciando un glaciale "mollo tutto". Riportarlo al lavoro non sarà facile, ma il campione ricevuto poco tempo dopo, da un'altra manodopera, è finalmente soddisfacente.
Anche gli interni sono in toni di grigi, mentre il cruscotto e la barra di finitura sotto al lunotto sono in frassino. I legni sono stati eseguiti direttamete da Disanto, che li ha curati maniacalmente al minimo dettaglio.
Particolarissimo il cruscotto, con le ghiere dgli strumenti in ottone spazzolato. Non si vedeva una finitura del genere dai tempi della "Exemplar 2" del mitico Revelli de Beaumont.
A posteriori ci viene un po' da ridere: in studio Tom ci nominava Disanto con discrezione, parlando con vaghezza di un "collezionista appassionato". Quando vedemmo le foto della Rondine di Pininfarina, in mezzo c'erano però già quelle della 124 Targa in allestimento, e non ci disse nulla in merito. Ma ci sottopose comunque le foto appunto, come a dire "vedremo cosa ne sarà".
In realtà due amici si stavano entusiasmando alla grande di gestire con grande professionalità il loro progetto segreto. Era un po' come rivivere i tempi della Pininfarina anni sessanta. Stesso telaio, stessi attori a volte, un po più invecchiati...Magie che ancora capitano a Torino, in cui il mondo dell'auto continua a modificare la sua faccia ma a rimanere ben saldo nell'anima dei suoi abitanti.
Quindi, conosciuta un po' meglio la situazione sulla nascente one-off, abbiamo iniziato a seguire la genesi della "Bomba" con grande simpatia: pensavamo ad esempio di dover andare in un qualche bel centro specializzato a vedere come andavano le cose, e questo avvenne per carrozzeria e meccanica. Ma ci capitò anche di trovare mezza auto smontata e accatastata in casa di Filippo, con i sedili sull'armadio ed il cruscotto in cucina, dove tuttora sono appesi i telai di prova per realizzare la cabina. Le guarnizioni dei deflettori, ad esempio, non piacevano e vennero tutte rifatte da Disanto in cucina, senza dormirci la notte. Lo stesso per le parti in legno, tutte fatte direttamente in casa, ammorbidendo gli impiallacci con l'ammoniaca ed incollandoli ai loro supporti con la massima attenzione per la direzione delle vene. La selleria è stata quasi rifatta tutta due volte, prima di essere accettabile. La moquette di fondo dell'abitacolo è in lana, perchè è più bella e non brucia.
Le bugne sul cofano hanno impiegato Tom più a lungo del previsto e per Disanto sono state una bella gavetta: allargarle, accorciarle...non facile!
Veder crescere quest'auto è stata un'emozione: abituati a carrozzieri smonta e sostituisci, abbiamo assistito al lavoro di autentici sarti, gente per cui realizzare una modifica a parafanghi e cofani pare una banale opera di taglia e cuci, eseguibile in pochi minuti. Straordinario!
Anche l'auto venne più volte riportata a casa per poter esser vista e rivista, affinchè i particolari riuscissero al meglio. A Tom non sfuggiva nulla, compresi gli ingegnosi meccanismi per la chiusura del cupolotto del tetto removibile. Tutta la bulloneria è dedicata e scelta con cura, arrivando a discutere a lungo se le viti a vista dietro ai sedili dovessero essere a stella o a taglio.
La cura e l'eleganza dei lavori di Tjaarda a volte paradossalmente esulano dalla bellezza stessa del disegno. Paiono avere un'anima.
Lo studio per la realizzazione della cabina è fatto direttamente con i fili di ferro: il disegno a mano, o peggio ancora a cad, non sono rapidi ed efficaci quanto questa tecnica. Fu quella di tutti i designers degli anni sessanta, di Scaglietti e di Touring. Si è nelle mani dell'artigiano, in perfetta sintonia con lui, per la riuscita del pezzo.
Purtroppo Tom non vedrà la fine della sua creatura ed alcuni pezzi vengono completati da Disanto, come il caso della mascherina anteriore: sembra un dettaglio, ma non lo è. Tom non c'è più e Filippo deve terminare l'auto del suo maestro da solo: una situazione spiazzante e struggente. Cerca di ricordare, ma soprattutto deve per forza mettere in pratica quello che ha imparato in questi lunghi anni. Tom gli aveva detto poco prima, "ormai sei pronto a farne una tu", constatando il rigore ed il metodo raggiunti dall'amico-assistente nella gestione del progetto. La mascherina, lasciata indietro per il travaglio della malattia, si scopre essere in pesante ottone. Pesa più di 10 chili. Filippo non si da pace e si confronta con noi. Azzardiamo addirittura di scegliere una batteria diversa ad alte prestazioni e ultra-compatta per bilanciare il peso. Nienete da fare, il progetto va gestito bene: si fa ricostruire una nuova mascherina di alluminio, e poco importa che non sia quella appena impostata da Tom, questa è proprio come l'avrebbe fatta fare Tom! Il lunotto giace sul pavimento del salotto da qualche anno ormai. Anche lui va finito postumo: l'incollaggio si rivela un'avventura e prima di teminarlo ci vorranno svariate ore di lavoro. Deve infatti reggere alla pressione dell'aria in velocità ed il rischio che si scolli è grosso. Tutte attenzioni fondamentali.
Si giunge al termine e dopo mesi l'auto muove i primi passi. L'accensione è insufficiente rispetto ai carburatori: ci risiamo, l'apprendista deve saper completare l'opera. Si lavora fino a notte in officina, arrivando a decidere di mettere l'accensione elettronica pur di non modificare i carburatori. La potenza andrà oltre ai 160 CV, dunque.
Finalmente "Targa" è al Valentino, come già fu per "124 Rondine", e noi ne siamo entusiasti. Vedere esposta l'auto che abbiam visto nascere è un'emozione rara, e l'opera di Tjaarda pare proseguire inestinguibilmente a dare spunti, consigli e suggestioni, sempre con gradissimo charme.
Certo un articolo non basterà a raccontare la storia di quest'auto, segno di un'amicizia, notevole capitolo della storia del car-design e bellissima realizzazione. Ma è nostra intenzione provare quanto prima questa creatura, per poterla magari raccontare ancora un po', prima di concentrarci sull'ultimo capitolo di queste ultime one-off di Tjaarda, che ad oggi rimane nascosto..."Escondido".
Alessandro Sammartini