Paolo Ferrini: “Leggera Come una Lotus”

Paolo Ferrini: “Leggera Come una Lotus”
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Si è tenuto nella serata del 3 maggio presso la Libreria dell’Automobile di Milano il 3° di 9 incontri dell’edizione 2012 di “Quattro Chiacchiere con l’Autore”, che ha visto protagonista Paolo Ferrini, che ha presentato il libro “Leggera Come una Lotus”, dedicato alla storia del marchio britannico
4 maggio 2012

Milano - Si è tenuto nella serata di ieri 3 maggio 2012 presso la Libreria dell’Automobile situata al numero 43 di Corso Venezia, il terzo di nove incontri dell’edizione 2012 di “Quattro Chiacchiere con l’Autore”: serie di appuntamenti volta a mettere a contatto gli appassionati con alcune firme della letteratura motoristica.

Ospite del terzo appuntamento dell’anno (eccezionalmente avvenuto alle ore 17:30, a dispetto di tutti gli altri programmati per le ore 18:00 di ogni giovedì dal 19 aprile al 21 giugno, 17 maggio escluso) è stato Paolo Ferrini, che ha qui presentato il suo libro “Leggera Come una Lotus”, dedicato appunto al marchio britannico. Un’opera che, come ci spiega l’autore nasce dalla volontà di raccontare la storia del marchio britannico nella sua totalità, riunendo insieme sia le vetture da corsa che i modelli di serie, cosa questa mai fatta da nessuno sino ad ora.

«Quando anni fa iniziai a lavorare per la Lotus come Addetto Stampa – spiega Ferrini - mi resi conto del fatto che in Italia questa vettura è vista da due tipologie di pubblico differenti: l’appassionato di Formula 1 ed il proprietario appassionato che conosce a memoria tutte le edizioni di qualsiasi vettura prodotta.»

«Queste due fasce d’utenza hanno però raramente l’occasione di incontrarsi. Ho quindi cercato in questo libro di unire “il sacro ed il profano”, mettendo insieme le auto da corsa con le vetture di serie, unendo a queste una cosa che nemmeno Lotus aveva: l’elenco di tutte le vetture da loro prodotte

colin chapman lotus
Quando era ancora uno studente Chapman desiderava correre e per farlo cercò una vettura nelle condizioni giuste. Trovò così una Austin Seven del ’38. La comprò e la rimise a posto e quando vide che mancava qualche cosa se la costruì, dando così alla luce la Mark 1

 

«Ho così cercato di trasmettere con questo libro una vera e propria panoramica sui vari modelli prodotti dalla Casa britannica, ma mi accorsi che scrivendo quest’opera emerse una storia più fatta di uomini che di auto e questo è dovuto - specialmente per gli appassionati – al fatto che quando noi acquistiamo un’automobile non compriamo un semplice oggetto, ma un qualcosa di “vivo”. C’è un “plus” in questo bene che è dovuto a chi la vettura l’ha progettata, a chi l’ha costruita. Ci sono quindi in questo libro una serie di aneddoti e di curiosità relativi alle persone che hanno lavorato nel creare questa icona che nel tempo è divenuta la Lotus.»

«Questo libro è strutturato in modo da interfacciarsi con tutti, al fine di permettere a chiunque apra questa pubblicazione in qualsiasi sua parte, di trovare una precisa vettura della quale leggerne le caratteristiche. Ciò al fine di poterla consultare “saltando” da un paragrafo all’altro senza dover necessariamente proseguire in ordine cronologico.»

«In quasi ogni capitolo relativo ad un’automobile c’è un “fuoritesto” ove poter leggere un aneddoto legato alla vettura, non esclusivamente di tipo tecnico. Oltre a ciò è possibile apprendere una serie di curiosità, grazie ad alcuni “capitoli a se stanti”, come ad esempio quelli relativi alla produzione dei motori Lotus, aspetto quest’ultimo non da tutti conosciuto.»

paolo ferrini leggera come una lotus 16
In quasi ogni capitolo relativo ad un’automobile c’è un “fuoritesto” ove poter leggere un aneddoto legato alla vettura, non esclusivamente di tipo tecnico

Esiste un vero e proprio alone di mistero legato al nome Lotus scelto dal fondatore Colin Chapman. Può dirci qualcosa di più in merito?

«Ovviamente in questo libro vi è anche la storia di Colin Chapman, fondatore del marchio, oltre a quella relativa al nome Lotus, sul quale molti si sono nel tempo interrogati senza riuscire a darsi una risposta, in quanto lui non lo dichiarò mai ufficialmente, permettendo a tutti di “favoleggiare” su una serie di ipotesi, che spaziano dal fiore di loto al soprannome dato alla moglie nell’intimità.»

«Quando era ancora uno studente di ingegneria Chapman desiderava correre e per farlo ha cercato una vettura che fosse nelle condizioni adeguate. Trovò così una Austin Seven del ’38. La comprò e la rimise a posto e quando vide che mancava qualche cosa se la costruì, dando così alla luce la Mark 1, che gli fu chiesto di vendere in seguito alle vittorie ottenute. Dopo averla commercializzata, ne comprò un’altra realizzando così la Mark 2.»

«Dovendo dare un nome a questa nuova realtà (poiché capì di essere ormai divenuto un costruttore, Ndr.) decise di chiamarla Lotus, perché quella prima vettura che acquistò per realizzare la Mark 1 aveva – quando ancora in vendita, Ndr. - apposto sopra un cartello recitante: “Lot Unsold” (lotto invenduto), che con ogni probabilità diede origine al nome, che Chapman, secondo me, mai ammise chiamarsi così per questo motivo, in quanto simbolicamente “poco poetico”. Era meglio lasciare che la gente credesse che fosse il nomignolo attribuito alla fidanzata.»

lotus seven
La Seven (venduta all’epoca in “scatola di montaggio”), rappresentava una sorta di “sintesi” delle vetture precedenti, destinata sia all’utilizzo quotidiano che a quello sportivo

 

«Nacque così nel 1952 la Mark 3, prima vettura a portare il nome Lotus, dando il via ad una società in grado di produrre automobili destinate alla corse amatoriali. Seguì poi la Seven (venduta all’epoca in “scatola di montaggio”), che rappresentava una sorta di “sintesi” delle vetture precedenti, destinata sia all’utilizzo quotidiano che a quello sportivo.»

Enzo Ferrari era famoso perché grazie alle corse riusciva a commercializzare le vetture stradali. Facendo un confronto con Chapman quali differenze si notano tra i due personaggi?

«Le differenze sono dovute ad una opposta “cultura dell’automobile”. Ferrari e Lotus sono due marchi apparentemente dediti a realizzare la stessa tipologia di prodotto, ovvero auto da corsa e granturismo, che si differenziano però sotto molti aspetti. Il primo guardava più all’esuberanza del motore ed il secondo alle peculiarità telaistiche.»

«Questa differente interpretazione è intravedibile nella nostra differenza di mentalità. Se a noi italiani ci parlano di un’auto la prima cosa che domandiamo è “che motore ha?” Solo successivamente ci interessiamo degli altri aspetti della vettura. Questo è secondo me dovuto ad un retaggio della F1 degli anni ’20 e ’30 quando la auto da corsa erano “tanta potenza e poco telaio” e questo è un motivo per il quale per noi il motore è così importante.  Sono due modi di vedere completamente diversi.»

Lei ha accennato ad alcuni curiosi aneddoti presenti nel libro. Ce ne può raccontare qualcuno per lei particolarmente significativo?

«Un aneddoto molto bello è legato alla vittoria della 500 miglia di Indianapolis del 1965 di Jim Clark (una vittoria che tutti ricordano in quanto fu la prima conseguita da una vettura a motore posteriore ad Indianapolis), che, al termine della corsa, nel mezzo delle consuete cerimonie, interruppe tutti i “riti” post-gara per andare a telefonare a sua madre per rassicurarla e dirle che era arrivato alla fine e che stava bene, in quanto la signora Clark aveva paura di Indianapolis. Lo riteneva un circuito pericoloso.»

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Un aneddoto molto bello è legato alla vittoria della 500 miglia di Indianapolis del 1965 di Jim Clark, che chiamò la madre al termine della gara per rassicurarla


«Tra gli aneddoti più curiosi ve n’è uno molto bello legato al cinema. Tutti ricordiamo il film di 007 in cui Bond aveva in dotazione una Lotus moto particolare in grado di andare sott’acqua. Di solito questi accordi “pubblicitari” sono accompagnati da rilevanti investimenti pecuniari, ma in questo caso Chapman venne a sapere che la produzione era in cerca di una vettura per il nuovo film di 007 e all’epoca c’era la Esprit, pertanto si decise di parcheggiarne una nelle vicinanze del set sino a quando qualcuno non la notò, finendo così per farsi prestare la macchina per le riprese.»

«Per motivi cinematografici però, ad un certo punto la produzione si trovò nella necessità di richiedere una seconda vettura identica e telefonò quindi in Lotus allo scopo di ottenerla, ma gli fu risposto che bianca in quel momento non era disponibile. Ecco pertanto che uno dei dipendenti Lotus provvide a comunicar loro che il “capo” ne aveva una di quel colore. Pertanto la seconda vettura utilizzata nel film fu quella personale di Colin Chapman.»

Perché i nomi delle Lotus iniziano tutti per E?

«Tutte le Lotus hanno un codice di progetto. Iniziando dalla Mark 1 Chapman andò in ordine cronologico e quando arrivò alla 11 decise di chiamarla appunto Eleven (11 in inglese). Da allora tutte le vetture acquisirono la E nella nomenclatura.»

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Le Lotus del prossimo futuro sono quelle firmate da Donato Coco. Per la prima volta in gamma compare una berlina, la Eterne

Lotus nel prossimo futuro. Cosa dobbiamo aspettarci?

«Le Lotus del prossimo futuro sono quelle firmate da Donato Coco (già designer della Ferrari 458 Italia) ed esposte due anni fa a Parigi. Per la prima volta in gamma compare una berlina, la Eterne, ed è una gamma composta da vetture legate tra loro da una certa “sinergia” (5 vetture progettate in 8 mesi), in quanto caratterizzate da una serie di elementi comuni, un concetto questo molto pragmatico nell’ottica della produzione di serie per la condivisione delle componenti. Inoltre queste nuove vetture saranno motorizzate Lotus.»

La serata si è poi conclusa con il tradizionale aperitivo gentilmente offerto dalla libreria, durante il quale gli appassionati hanno potuto scambiare ulteriori “quattro chiacchiere con l’autore” per scoprire altri aneddoti e curiosità, oltre che per farsi autografare una copia del libro.

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