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Come si muovono gli extraterrestri? Da quando nel secondo dopoguerra si iniziò a parlare sempre più insistentemente di UFO (il primo avvistamento è del 1947, negli USA) gli studiosi si sono interrogati su quale motore potessero avere le (vere o presunte) astronavi aliene in grado di attraversare galassie lontanissime per giungere sino alla nostra.
Se è vero che le astronavi extraterrestri esistono, dovrebbero avere dei propulsori talmente efficienti e potenti da coprire distanze enormi, considerando che la velocità della luce per come la conosciamo impiega oltre 2 milioni di anni per arrivare alla galassia più vicina.
Il dibattito sull'esistenza di forme di vita aliene di recente si è riacceso dopo l'avvistamento di Oumuamua, un oggetto volante non identificato scoperto il 19 ottobre del 2017 che è stato definito il primo asteroide interstellare ad essere entrato nel nostro sistema planetario.
Oumuamua (che significa “messaggero che arriva per primo da lontano” in lingua hawaiana, visto che è stato inquadrato per la prima volta da un osservatorio situato alle Hawaii) ha infatti alcune caratteristiche che potrebbero far pensare ad un veicolo realizzato da una forma di intelligenza ignota e non ad un fenomeno naturale come una cometa. Ad esempio non è avvolto da gas come una cometa, si muove più velocemente di un asteroide a 95.000 chilometri l'ora, ha una forma allungata mai vista prima d'ora e una traiettoria molto peculiare, poco assimilabile a quella di altri corpi celesti conosciuti.
Cos'è allora Oumuamua? Gli astrofisici si stanno ancora interrogando e le posizioni sono molteplici: due di questi, Shmuel Bialy e Abraham Loeb dell'Harvard Smithsonian Center for Astrophysics dell'Università di Harvard, hanno avanzato un'ipotesi piuttosto suggestiva, che però secondo il metodo scientifico potrebbe essere, come le altre, plausibile.
Secondo Bialy e Loeb, Oumuamua potrebbe una nave spaziale o ancora più probabilmente una sonda aliena o una parte di essa inviata dalla popolazione di un'altra galassia ad esplorare nuovi mondi. I due lo hanno messo nero su bianco in un articolo pubblicato dalla autorevole rivista Nature, in cui si legge: «Considerando un'origine artificiale, una possibilità è che Oumuamua sia una vela solare, che galleggia nello spazio interstellare come detrito proveniente da un'attrezzatura tecnologicamente avanzata (Loeb 2018). Vele solari con dimensioni simili sono state progettate e costruite dalla nostra stessa civiltà, incluso il progetto Ikaros e la Starshot Initiative2 . La tecnologia delle vele solari potrebbe essere abbondantemente utilizzata per il trasporto di carichi tra i pianeti (Guillochon & Loeb 2015) o tra le stelle (Lingam & Loeb 2017)».
Ma cos'è una vela solare? E' un metodo di propulsone per sonde e satelliti che sfrutta la pressione di radiazione della luce del Sole, la quale a sua volta è una radiazione elettromagnetica che in quanto tale genera una piccola quantità di moto che nello spazio diventa significativa. In sostanza le vele solari sono quei grandi specchi che si vedono attaccati ai satelliti e altri veicoli spaziali. Sono realizzate in materiale plastico, metallico o in altre fibre composite e permettono di risparmiare notevolmente carburante se attivate in abbinamento ai motori a reazione chimica impiegati nelle attuali sonde, satelliti e stazioni spaziali.
Il principio è un po' quello della barca a vela che naviga sfruttando sia il motore termico che la spinta offerta dalle vele, una tecnica che permette di risparmiare molto carburante, oltre che a stabilizzare l'imbarcazione da rollio e beccheggio. La differenza è che al posto del vento, le vele solari sono attivate dalle radiazioni del Sole.
«In alternativa, uno scenario più esotico è quello di Oumuamua può essere una sonda completamente operativa inviata intenzionalmente sulla Terra vicinanza da una civiltà aliena», sostengono Bialy e Loeb. Fantascienza?