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Sulle banconote false c’è scritto: La legge punisce severamente gli spacciatori di monete false. Ma il monito non è mai servito a cancellare il più antico mestiere… degli artisti falliti. Quasi ogni giorno ascoltiamo alla radio: Dopo il grave incidente l’investitore si è dato alla fuga, guidava senza la patente, che gli era stata sospesa un anno fa. Così, da due anni è partita una campagna - che fra i primi sottoscrittori vedeva Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze - con lo scopo di dar vita ad una legge per inquadrare questa nuova fattispecie di crimine stradale, quella di chi colpisce, ubriaco o drogato, e fugge. Anche il vostro editorialista ha firmato la petizione, che tuttavia si è subito arenata sugli scogli delle norme di procedura penale: il crimine stradale è un omicidio volontario, cioè doloso, deliberato, o involontario, cioè colposo?
Pene più severe e certezza della pena
La distinzione è importante perché il nostro Codice consente l’arresto in attesa del processo solo se l’omicidio è volontario, mentre in tutti gli altri casi (ad eccezione del pericolo di fuga o di nuocere agli altri) l’imputato va rimesso subito in libertà. I promotori della raccolta di firme - fra i quali le associazioni dei familiari delle vittime della strada, gli amici della polizia stradale, molti magistrati, oltre a 100.000 cittadini - hanno subito chiesto pene più severe e certezza della pena.
I giuristi hanno dissertato a lungo sul fatto che chi si mette al volante in condizioni psico-fisiche alterate sia conscio del pericolo che rappresenta per la collettività: se compie una strage è omicidio colposo con “dolo eventuale” o con “colpa cosciente”? E sono giunti nella determinazione che il pirata non conosce le sue vittime, non ha alcun motivo di togliere loro la vita, ha sbagliato ma non voleva ucciderle. Quindi, pur con tutte le aggravanti di questo mondo, il suo non è omicidio volontario. Morale: niente galera prima del processo, lo ha ribadito recentemente anche la Cassazione.
Pericolo pubblico
D’altro canto, l’esigenza di tutelare la società civile da simili atti d’incoscienza e di pericolosità richiede interventi urgenti, perché non si può veder condannati a meno di tre anni (quindi con libertà immediata per chi non ha precedenti) quasi tutti i pirati della strada che hanno usato l’auto come arma per uccidere e poi sono fuggiti senza neppure prestare soccorso. Tutto questo nel pieno rispetto delle norme del Codice. Quindi bisogna formulare altre leggi, un nuovo capo d’imputazione nell’ambito dell’omicidio colposo.
“Il senatore Moscardelli (PD), d’intesa col premier Renzi, ha presentato un nuovo disegno di legge che regola la questione: pene severissime, a metà strada fra tra l’omicidio volontario e quello colposo, per i pirati della strada e gli ubriachi che provocano gravi incidenti”
Il ministro dell’Interno, Cancellieri, in gennaio aveva promesso un disegno di legge del Governo per inquadrare l’omicidio stradale. Non se n’è fatto nulla, forse perché le promesse ministeriali non hanno… gambe lunghe o forse perché il Governo Letta era agli sgoccioli. Ora il senatore Moscardelli (PD), d’intesa col premier Renzi, ha presentato un nuovo disegno di legge che regola la questione: pene severissime, a metà strada fra tra l’omicidio volontario e quello colposo, per i pirati della strada e gli ubriachi che provocano gravi incidenti.
Viene previsto il carcere tra 6 e 16 anni, per chi provoca la morte di una persona mettendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolico, oppure sotto stupefacenti, oppure guidando a velocità superiore al doppio del limite, o infine dandosi alla fuga dopo l’incidente. E nel caso di morte di più persone la pena può essere aumentata fino a 21 anni. Quando la condanna diviene definitiva, il testo prevede il ritiro a vita della patente. Il disegno di legge potrebbe anche diventare decreto del governo (quindi entrando subito in vigore), visto l’appoggio che il premier Renzi ha dato all’iniziativa.
Sull’onda dell’emotività
Ma temiamo che ancora non se ne faccia nulla, anche perché nutriamo non poche perplessità sulla congruità e sulla efficacia di un tale provvedimento. Primo: le tre ipotesi che determinano l’imputazione di omicidio stradale non devono essere concomitanti, ne basta una. Quindi chi, dopo aver bevuto appena poco oltre il limite, in una cena, si mette al volante e ha la sventura di investire un passante che sbuca improvvisamente o un ciclista che incede a zig-zag, verrebbe imputato di “omicidio stradale” e non se la caverebbe con meno di sei anni di carcere. Nella stessa ipotesi viene a trovarsi chi, senza aver bevuto, provoca analogo incidente viaggiando a una velocità pari al doppio di quella consentita. Come dire che dove i Comuni hanno abbassato - a volte indecorosamente - i limiti di velocità solo per fare cassa, si rischia anche di… affittare per anni un posto-letto nelle carceri italiane.
“Il vero problema della società civile è quello di impedire ai pirati di rimettersi alla guida, magari senza patente. I cittadini chiedono di poter circolare tranquillamente senza vedersi piombare addosso uno completamente “fatto””
Secondo, ancora una volta, con la spinta dell’emotività, si vuol credere – o far credere - che l’inasprimento delle pene possa costituire un deterrente per gli incoscienti, un rimedio per limitare il numero dei reati. Dai tempi dei Romani, non è mai stata la severità della punizione a condizionare l’autore dei reati, ma la facilità di farla franca. Sono quindi il numero e l’efficacia dei controlli, oltreché la certezza della pena, gli elementi che possono influire.
Alla guida senza patente
Ma nel nostro caso c’è qualcosa di più. Il vero problema della società civile è quello di impedire ai pirati di rimettersi alla guida, magari senza patente. I cittadini chiedono di poter circolare tranquillamente senza vedersi piombare addosso uno completamente “fatto” o con un bel 2,5 per mille di alcol in corpo. La collettività non ha alcun interesse a far marcire in galera - dopo processi durati anni e anni, chi - ubriaco o drogato - ha la sventura di provocare un incidente mortale, mentre - magari il giorno dopo l’incidente - veniva rimesso in libertà e poteva continuare a guidare senza patente, contando sulla esiguità dei controlli. Fa sempre rabbia ascoltare alla radio: “Gli era stata ritirata la patente, ma guidava lo stesso”.
L’importante è un intervento giudiziario rapido ed efficace – nel quale il parere dell’organo di polizia intervenuto deve essere determinante - che sancisca per quanti mesi, o anni, o per sempre, non debba guidare chi ha dimostrato di usare la sua auto come un’arma puntata a caso, contro gli altri, contro innocenti. E che riesca di fatto a impedire di mettersi al volante, dal giorno dopo l’incidente. Non c’entra la velocità, o la percentuale di alcol, o il numero delle vittime: l’incidente potrebbe anche essere incruento, ma le modalità di elevato pericolo con cui è avvenuto sono tali da richiedere la difesa della società civile dal ripetersi di altri incidenti simili.
“In che modo difendersi? Utilizzando i noti braccialetti elettronici che lo stesso ministro Cancellieri ha acquistato mesi fa (a costi notevoli) dalla Telecom”
In che modo difendersi?
Utilizzando i noti braccialetti elettronici che lo stesso ministro Cancellieri ha acquistato mesi fa (a costi notevoli) dalla Telecom. Il ministero ne possiede diverse migliaia: basterebbe dedicarne alcune centinaia agli autori di incidenti stradali con caratteristiche di rischio per gli altri utenti della strada. Si potrebbe così monitorare i loro spostamenti via GPS, oppure rilevare in diretta gli spostamenti dopo aver comunicato i loro codici ai portali autostradali, ai tutor, alle telecamere ZTL, alle centraline delle corsie riservate, insomma a tutti i sistemi di rilevamento territoriali.
La pattuglia più vicina delle forze dell’ordine verrebbe quindi informata e messa in condizioni di fermare l’auto nella quale viaggia il pirata per poter verificare se era semplicemente un passeggero o se stava guidando in prima persona. Ovviamente, nella seconda ipotesi, scattano le manette. Senza appello.