Olio da corsa!

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Sistemi di lubrificazione dei motori da competizione: in cosa differiscono da quelli di serie?
28 giugno 2019

Tutti i motori devono essere lubrificati adeguatamente e a questo provvede un sistema che fa circolare olio inviandolo ai vari organi mobili. Ciò avviene sotto pressione per i cuscinetti di banco e di biella e per i supporti degli alberi a camme; agli altri componenti in genere il lubrificante arriva per sbattimento o utilizzando sistemi a doccia. L’olio non deve solo lubrificare, ma anche contribuire in misura sostanziale al raffreddamento di organi come le bronzine e i pistoni. Nelle prime il calore viene generato dall’attrito che ha luogo in seno allo stesso olio; è quindi importante che tale calore venga asportato facendo attraversare le bronzine stesse da un copioso flusso di lubrificante.

Nei motori di elevata potenza specifica una rilevante quantità di olio viene inviata (sotto forma di getti emessi da appositi ugelli) a lambire la parte inferiore del cielo dei pistoni in modo da sottrarre loro calore. È doveroso segnalare che in motori nei quali questi organi sono particolarmente sollecitati non solo meccanicamente ma anche termicamente, come quelli con un elevato grado di sovralimentazione, per raffreddare i pistoni si fa circolare olio in una apposita canalizzazione anulare praticata alla altezza delle cave per i segmenti. Questa soluzione veniva impiegata nei motori di Formula Uno dell’era Turbo (anni Ottanta).

Nelle auto di serie di prestazioni molto elevate con lubrificazione a carter umido si impiegano coppe ben separate dalla camera di manovella e paratie inclinate che agevolano l’asportazione dell’olio dal manovellismo. Lo step successivo prevede il passaggio al carter secco
Nelle auto di serie di prestazioni molto elevate con lubrificazione a carter umido si impiegano coppe ben separate dalla camera di manovella e paratie inclinate che agevolano l’asportazione dell’olio dal manovellismo. Lo step successivo prevede il passaggio al carter secco
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Negli straordinari V10 e V8 di F1 dei primi anni Duemila, rispettivamente di 3,0 e di 2,4 litri, venivano utilizzati invece getti di olio. In certi casi ne sono stati impiegati addirittura otto per ciascun pistone (emessi da quattro ugelli piazzati alla base del cilindro). Questi motori aspirati si sono avvicinati ai 20.000 giri/min, prima che il regolamento limitasse il loro regime di rotazione massimo (dapprima a 19.000 giri/min e quindi a 18.000). Logico perciò che i progettisti abbiano dedicato gran parte delle loro attenzioni alla riduzione degli attriti e al massimo alleggerimento delle masse in moto alterno. Pistoni ultraribassati quindi e con una estensione del mantello ridotta al minimo. E di canalizzazioni per l’olio neanche parlarne! In questi motori di Formula Uno l’alesaggio è arrivato a ben 98 mm (con una corsa di soli 39,7 mm), cosa che ha consentito l’impiego di valvole molto grandi ed è risultata vantaggiosa ai fini del contenimento delle sollecitazioni meccaniche. Al diminuire della corsa infatti, con uno stesso regime di rotazione la velocità media del pistone decresce. L’altezza dei pistoni era di poco superiore a 30 mm e il peso poteva anche essere lievemente inferiore a 250 grammi. Si tratta di valori impensabili per motori di serie aventi lo stesso alesaggio.

Sezione estremamente schematica (ma decisamente “veritiera”) di un motore di Formula Uno dei primi anni Duemila. Fornita a suo tempo dalla ELF, consente di osservare tra l’altro la conformazione del sottobasamento, del passaggio per l’olio aspirato dalla pompa di recupero e alcuni getti di olio per il raffreddamento dei pistoni
Sezione estremamente schematica (ma decisamente “veritiera”) di un motore di Formula Uno dei primi anni Duemila. Fornita a suo tempo dalla ELF, consente di osservare tra l’altro la conformazione del sottobasamento, del passaggio per l’olio aspirato dalla pompa di recupero e alcuni getti di olio per il raffreddamento dei pistoni

Nei motori destinati alle vetture da competizione o a modelli estremamente sportivi il sistema di lubrificazione è a carter secco. Per un impiego agonistico o quasi il primo vantaggio rispetto alla usuale soluzione a carter umido è costituito dalla minore altezza del motore e quindi possibilità di avere un baricentro più vicino al suolo (cosa importante in quanto riduce la tendenza al coricamento laterale in curva del veicolo). Inoltre questo sistema di lubrificazione è fondamentale, per le auto in questione, perché consente alla pompa di mandata di “pescare” sempre l’olio, anche nelle curve più al limite e nelle accelerazioni e nelle staccate più violente, ovvero in presenza di forze longitudinali e trasversali molto elevate. In frenata l’olio tende ad andare tutto in avanti e in accelerazione avviene il contrario; in curva per via della forza centrifuga tende invece ad accumularsi tutto da un lato (quello esterno alla curva stessa). In queste condizioni un solo punto di aspirazione all’interno della coppa non sarebbe in grado di assicurare un continuo flusso di olio alla pompa che lo sta aspirando (a meno che la coppa stessa non sia stretta e molto, ma davvero molto profonda…). Nei circuiti a carter secco l’olio viene inviato a un serbatoio che può avere una conformazione tale da consentire alla pompa di mandata di pescare l’olio in qualunque situazione.

Le pompe impiegate nei motori ultraveloci sono in genere del tipo a lobi. Spesso due o più vengono alloggiate nello stesso corpo in lega leggera
Le pompe impiegate nei motori ultraveloci sono in genere del tipo a lobi. Spesso due o più vengono alloggiate nello stesso corpo in lega leggera

La lubrificazione a carter secco consente anche di ridurre le perdite per sbattimento e quindi di migliorare il rendimento meccanico, con effetti benefici sulle prestazioni. Adottandola al posto di quella a carter umido si può ottenere un aumento di potenza dell’ordine del 4% e questo nonostante il fatto che ci sia una seconda pompa (quella di recupero), con relativo assorbimento. Le perdite dovute allo sbattimento nei motori veloci hanno una notevole importanza e incrementi prestazionali decisamente considerevoli si possono ottenere adottando pompe di recupero dalla portata tale da mettere in depressione la camera di manovella.

Nei motori da competizione si fa proprio questo e quindi l’albero a gomiti e le bielle devono fendere una nebbia assai meno densa e non una vera e propria pioggia di olio. In genere in quelli di Formula Uno si adottano camere di manovella separate (una per ogni gomito dell’albero) e per ciascuna di esse vi è una pompa di recupero; inoltre ve ne sono spesso altre che provvedono ad aspirare l’olio dalle teste, ove esso altrimenti potrebbe accumularsi in certe condizioni di funzionamento. I motori sono a V e in alcune curve la forza centrifuga può essere addirittura tale da non consentire al lubrificante di tornare verso il basso (lo spinge tutto da una parte all’interno della testa esterna!).

I pistoni dei motori aspirati da competizione (e anche quelli di alcuni motori di serie di prestazioni molto elevate) hanno il disegno “box-n-box” ben visibile in questa immagine. Sono ottenuti per stampaggio a caldo, in una lega di alluminio che in molti casi è a elevato tenore di rame
I pistoni dei motori aspirati da competizione (e anche quelli di alcuni motori di serie di prestazioni molto elevate) hanno il disegno “box-n-box” ben visibile in questa immagine. Sono ottenuti per stampaggio a caldo, in una lega di alluminio che in molti casi è a elevato tenore di rame

Il recupero dell’olio non è sempre facilissimo, come dimostrano alcuni casi verificatisi durante lo sviluppo di certi motori (i tecnici parlano di “oil hiding”, ovvero di lubrificante che “si nasconde”!). In seguito allo sbattimento che subisce da parte degli organi in movimento, quella che viene aspirata dalle pompe di recupero è in effetti una emulsione di olio e aria (o nella migliore delle ipotesi, olio fortemente aerato). Poiché la pompa di mandata deve prelevare dal serbatoio soltanto olio, per quanto possibile privo di bollicine (e anche con poca aria in soluzione), nei motori di F1 si utilizza un separatore centrifugo, grazie al quale il lubrificante che le pompe di recupero inviano al serbatoio viene liberato di gran parte dell’aria. Infine, occorre ricordare che negli alberi a gomiti dei motori di Formula Uno l’olio destinato alle bronzine di biella entra da una canalizzazione assiale e non da passaggi radiali come nei modelli di serie. Ciò consente di ridurre la pressione di mandata (non c’è la forza centrifuga da vincere!) e quindi l’assorbimento di potenza da parte della pompa.

La foto consente di osservare la disposizione degli ugelli che emettono i getti di olio destinati a raffreddare i pistoni in un motore motociclistico a quattro cilindri a V di altissima potenza specifica
La foto consente di osservare la disposizione degli ugelli che emettono i getti di olio destinati a raffreddare i pistoni in un motore motociclistico a quattro cilindri a V di altissima potenza specifica

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