OiLibya Rally Marocco. Africa, la grande bellezza!

OiLibya Rally Marocco. Africa, la grande bellezza!
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In Africa per un Rally è come tornare a casa, nella culla dei Grandi Raid dell’era sportiva. Ultima data utile per provare “dal vero” prima della Dakar, in Marocco si decide il Campionato del Mondo FIM | <i>P. Batini</i>
2 ottobre 2014

Erfoud, 1 Ottobre - Bisogna pensarci un poco, fare mente locale. Tutto è iniziato qui, in Africa. E non poteva essere altrimenti. L’avventura dei Rally-Raid è incominciata qui. Abidjan-Nizza, Jean-Cleaude Bertrand, Parigi-Dakar, Thierry Sabine. Oltre trent’anni fa, roba dell’altro secolo. Sono cambiate molte cose, tutto è cambiato, ma l’Africa e l’avventura dei Rally Raid è ancora lì, cambiata anch’essa, ma inossidabile all’attacco e all’usura del tempo. Viva, non sopravvissuta, evoluta, passata attraverso marosi indescrivibili, attaccata dai quattro punti cardinali, eppure impossibile da… scardinare, perché per quanto aggiornata, è ancora e sempre l’avventura originale.

Un continente ricco di storia... Rallystica!

Il Continente Nero si va via via spogliando dei suoi stupendi Rally. Il più grande è migrato in Sud America, altri soffrono, altri ancora arrivano in punta di piedi con identità incerte. Uno, quello la cui storia è forse la più sofferta, emerge prepotentemente riproponendo per intero lo spirito del grande evento sportivo dell’avventura: il Rally del Marocco. È l’ultima data importante del calendario 2014, l’ultima occasione per una prova generale della Dakar ormai incombente, e l’appuntamento decisivo del Campionato del Mondo delle Moto, che gioca qui le sue carte vincenti: Africa, Deserto “vero”, confronto diretto e l’incertezza dell’essere soli contro tutti, soli contro gli elementi. Da soli. È questa la grande differenza dell’avventura in Africa.

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Il fascino dei grandi raid sta soprattutto negli scenari mozzafiato e l'Africa è maestra nel fornire questa tipologia di contesti

 

Il pilota è da solo in mezzo al nulla, lo è ancora, nonostante i mezzi di comunicazione, la sorveglianza aerea e satellitare, il tracking e le radio “balises”. Più di tutti, torna ad affiorare quell’”effetto solitudine” che solo in questi deserti resta attuale nonostante il progresso tecnologico. È una sensazione, che molti ritengono ancestrale, introspettiva. Correre nel deserto africano è paesaggi mozzafiato, prospettive lontane, orizzonti non interrotti dalla civiltà, il fascino della pista vergine, ma è anche e soprattutto quella sensazione di solitudine che può ancora intimidire, far paura, “costringere” a difendere sé stessi e, per fare questo, ad attingere a risorse sconosciute o di solito poco utilizzate.

Una tipologia unica di rally

Non stiamo parlando di bello o brutto. Il Rally Raid è bello ovunque si corra, nelle Americhe o in Asia, in Medio Oriente o in Sardegna, perché una delle caratteristiche basilari del suo appeal è nella scenografia, sempre incomparabile, spesso inaccessibile, semplice e affascinante. Qui si parla della sensazione d’Africa, che rivive nei giorni dell’OiLibya Rally del Marocco accanto e nella corsa che conclude la stagione dei grandi eventi dei Rally-Raid.

Marc Coma e Joan “Nani” Roma, i detentori della Dakar, Joan Barreda o Vladimir Vasilyev, i principali contendenti dei “Re” e pretendenti al titolo mondiale della specialità, Paulo Gonçalves Campione in Carica e un certo Miki Biasion, in Marocco per sperimentare un’idea di cui si potrebbe parlare di qui a poco come di una nuova, grande avventura, il “senatore” pluri decorato o il debuttante timido e… intimidito. Tutti, prima ancora che la gara entri nel vivo, si sentono tornati a casa.

Il Rally Raid è bello ovunque si corra, nelle Americhe o in Asia, in Medio Oriente o in Sardegna, perché una delle caratteristiche basilari del suo appeal è nella scenografia, sempre incomparabile, spesso inaccessibile, semplice e affascinante

Il bello di questa atmosfera

Scendono dall’aereo e ritrovano l’atmosfera, attraversano l’Atlante e la Valle della Draa per raggiungere Erfoud, una volta avamposto e ancor oggi porta del deserto, respirano polvere e, talvolta sabbia, bevono acqua a volontà contando di farne riserva, rallentano il ritmo e si preparano con calma, assaporando il gusto dell’avventura che inizia di lì a poco. Li ritrovi a passeggio nella piccola città, amici prima ancora che avversari. Discutono delle sei tappe e della traversata del Sahara qui a Occidente, mète pratiche ed emblematiche come Erfoud, Zagora, Marakech, di “ksar” come punti cospicui in mezzo al deserto, di piste lungo il confine.

Non ancora di classifiche e di strategie di gara. Quello che si prepara in questi lunghi preliminari di ambientamento alle temperature elevate e agli scarsi punti di riferimento non è ancora il Rally del Marocco, è la “spedizione” di NPO Events, che ha centrato il compasso della quindicesima Avventura della storia del loro Rally in Marocco, a Erfoud, non a caso. La gente del posto guarda agli “stranieri”, che sciamano per le vie affollate di disordine, bambini e greggi, come se fossero dei marziani. Eppure questi piloti, meccanici, camionisti, organizzatori, abitano questo pianeta da molto tempo. Qui sono a casa loro.

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