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Il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria i nuovi limiti riguardanti la riduzione delle emissioni di CO2 per autovetture e veicoli commerciali leggeri immatricolati dopo il 2020.
L’iniziale proposta della Commissione europea ha subìto una leggera modifica, portando dal 15% al 20% il target al 2025 e dal 30% al 40% quello al 2030.
Con il voto favorevole di 389 parlamentari (i contrario sono stati 239, tra i quali anche i rappresentanti del Partito Popolare, il gruppo politico più numeroso a livello europeo), è stato approvato un pacchetto di normative per ridurre le emissioni di anidride carbonica rispetto al target di 95 g/km da raggiungere per il 2021.
Pur trattandosi di livelli meno severi rispetto alle proposte giunte in aula dalla Commissione Ambiente (20% entro il 2025 e 45% entro il 2030), si tratta di valori più stringenti rispetto a quanto dinora stabilito dalla Commissione Ue, che prevedeva una riduzione del 15% e del 30%.
Le nuove norme introducono anche un sistema di crediti per incoraggiare le Case a lanciare veicoli elettrici, multe in caso di mancato rispetto dei limiti e una serie di quote per la vendita di veicoli a zero o bassa emissione con le relative sanzioni.
Va ricordato che il voto del Parlamento, prima di essere operativo, va sottoposto alle procedure negoziali con i singoli Stati Membri dell'Unione ed è quindi più che possibile una loro revisione, anche alla luce delle prime reazioni che vedono alcune nazioni, come la Germania, già contrarie al provvedimento, mentre la posizione della Francia appare più possibilista.
In attesa di conoscere la posizione ufficiale del nostro Governo su questa delicata vicenda, la decisione del Parlamento Europeo appare non sostenibile per la filiera produttiva automotive nazionale.
Infatti, la reazione da parte dell’Anfia non si è fatta attendere: «Esprimiamo tutta la forte preoccupazione - ha dichiarato Aurelio Nervo, Presidente dell’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica - per l’esito del voto, ritenendo non sostenibili target così aggressivi, a cui si aggiunge l’inasprimento degli obiettivi di riduzione fino al 5% in più per i Costruttori, in caso di mancato raggiungimento di una quota imposta di veicoli elettrici sul totale venduto, valutata al 20% al 2025 e al 35% al 2030. Quanto emerso dalla votazione produrrà un impatto pesantemente negativo sull’occupazione in tutta la filiera produttiva automotive, forzando l’industria a mettere in atto una radicale trasformazione in tempi record e in assenza di un adeguato quadro di condizioni abilitanti per la transizione verso una mobilità a impatto zero, che non tiene in alcun conto il principio di neutralità tecnologica. Transizione che, peraltro, richiederebbe il coinvolgimento di più soggetti, sia per la realizzazione delle necessarie infrastrutture di ricarica, sia per arrivare ad una proposta accettabile da parte del mercato.
Ad oggi, infatti, le infrastrutture di ricarica sono fortemente carenti in Europa e in Italia, fattore che, insieme ai costi ancora elevati dei veicoli elettrici, mette in difficoltà anche i consumatori, chiamati a modificare radicalmente le proprie abitudini di acquisto, solitamente basate su convenienza economica del veicolo e disponibilità infrastrutturale.
La speranza - conclude Nervo - è che il governo italiano esprima una posizione di equilibrio tra l’esigenza di decarbonizzazione e la sostenibilità della filiera industriale, sostenendo la proposta iniziale della Commissione europea in occasione del prossimo Consiglio “Ambiente“ del 9 ottobre, e adoperandosi per la salvaguardia di un settore che comprende 5.700 imprese e più di 253.000 lavoratori che negli ultimi anni ha trainato la ripresa economica del nostro Paese».