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Il passato di Casa Rover, è qualcosa di poco noto e rinverdito oggi in Italia, complice il fatto che l’azienda inglese non ha mai fatto grandi volumi da noi e ha più volte dovuto risorgere anche in patria, dalle proprie difficoltà aziendali.
Fino ad arginarsi ora quale “marchio del passato” in seno al grande gruppo che ne gestisce i diritti. Qualche prototipo interessante però, lo si può trovare negli archivi di quanto sfornato a Coventry, prima e Solihull o Cowley, poi. Dalla personalissima auto dei record post-guerra, con motore aereo, alla coupé con stile italiano.
Il prototipo Jet 1 della Rover, oggi esposto al museo della scienza di Londra, risale al primo dopoguerra ed era una prima auto a turbina gas. Venne sperimentata un’idea di derivazione aeronautica, lavorandoci per alcuni anni, dal 1946 fino alla presentazione ufficiale, del 1950.
La possente e muscolosa Jet 1, lunga 4,4 metri, ottenne un record mondiale di velocità, toccando i 244 km/h. Quel motore “da jet" voleva essere simbolo di tecnica britannica, ma i test di guida in strada hanno poi dimostrato che non si adattava all’uso per auto, anche per via dei costi, dei consumi e della risposta all'acceleratore.
Negli anni Sessanta inglesi non hanno mancato di rivolgersi a designer italiani, per creare auto interessanti. Il prototipo Rover 2000 TCZ è figlio di Zagato, con il caratteristico taglio posteriore, firmato Ercole Spada.
L’auto, evoluta partendo da una 2000 P6, con 107CV, venne esposta al Salone di Torino 1967 e poi anche a Londra, ma non è poi stata messa in produzione di serie. Tecnica a parte, ci sono alcune somiglianze con modelli Alfa e Lancia firmati Zagato in quel periodo e per un certo target, l'appeal sarebbe stato garantito.
Presentata nel 1968, la concept-car Rover P6 BS è una dinamica coupé del periodo in cui la Casa faceva parte di Leyland. Non a caso in patria l'auto è nota anche come Leyland Eight GE e venne esposta anche a New York, perché il motore era un otto cilindri di sapore americano e il target locale interessava.
Formato compatto, nei 4,1 metri adatti per due occupanti (anche se un terzo posto era concesso) ma prestazioni degne dal V8 3.5 della Buick, centrale, che aveva circa 150CV. Nonostante le intenzioni di farsi spazio in Europa e USA, con prezzo entro i 5.000 dollari, il progetto non venne sviluppato.
La sportiva a sei cilindri CCV, venne portata da Rover in anteprima ai Saloni di Ginevra e Torino nel 1986. Letteralmente Coupé Concept Vehicle, questo prototipo molto aerodinamico non era male per i tempi, cercando di anticipare un papabile modello top di gamma della serie Rover, in versione coupé. Tra le caratteristiche che la differenziavano da molta concorrenza, i fari sottili e la calandra chiusa, oltre che l'estesa vetratura "non interrotta". Ma anche l’abitacolo: lussuoso e digitalizzato, con molti comandi disponibili orientati al conducente. In questo anticipò le berline Rover dei primi anni Novanta.
Tra i materiali usati anche molta fibra di vetro, mentre il motore era un 3.0 sei cilindri, con velleità anche oltre Oceano (la CCV doveva essere omologata per gli USA). Sebbene fosse guidabile, non ci sono opinioni pubbliche sul suo comportamento che, teoricamente, beneficiava di sospensioni adattive.