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Dopo un periodo di stop dettato dal secondo conflitto mondiale, durante il quale i veicoli elettrici erano usati principalmente per le consegne nelle città, verso la fine degli anni ’50 l’interesse verso le vetture elettriche tornò a farsi sentire.
Lo sviluppo tecnologico delle auto elettriche era rimasto pressoché invariato per una trentina d’anni a causa del crescente disinteresse verso vetture costose e che portavano con loro problemi non molto lontani da quelli odierni: una rete elettrica poco sviluppata per la ricarica e un’autonomia non proprio brillante, con allora l’aggiunta di velocità di punta parecchio ridotte.
Un primo esempio di veicolo elettrico “moderno”, anche se basato su un’auto già esistente, la francese Renault Dauphine, fu la Kilowatt, realizzata da una joint venture tra Henney Coachworks e la National Union Electric Company. Disponibile in due versioni, da 36 o 72 volt, la Kilowatt più prestazionale riusciva a raggiungere una velocità di punta di 96 chilometri orari – non male per l’epoca - e a percorrere circa un’ora di tragitto con una singola carica. Peccato però che costasse circa il doppio rispetto alla sorella a combustione interna. La povera Kilowatt fu venduta solo per un breve periodo nonostante fosse anni luce avanti rispetto ai propri predecessori.
Nel 1959, arrivò il turno dell'American Motors Corporation e Sonotone Corporation: il sodalizio era volto alla realizzazione di una vettura dotata di batterie al nichel-cadmio a piastre che avrebbero garantito una ricarica rapida abbinata a un peso decisamente inferiore rispetto alle tradizionali batterie al piombo. Il progetto non andò in realtà in porto ma una decina di anni dopo l’AMC ripropose delle proprie vetture elettriche, ma anche in questo caso non fu riscosso particolare successo.
Una ventata di cambiamento arrivò con gli anni ’60 sull'onda dei primi movimenti ecologisti che iniziavano a mettere sotto accusa l’inquinamento generato dai combustibili fossili, ma soprattutto con gli anni ’70 e la prima vera grande crisi petrolifera del 1973, messa in atto dai paesi dell’OPEC. La guerra scatenata da Egitto e Siria nei confronti di Israele aveva di fatto coinvolto anche i paesi della NATO, con tagli pesantissimi delle importazioni di petrolio e un conseguente vertiginoso aumento dei prezzi.
In risposta alla crisi petrolifera gli stati maggiormente bisognosi di petrolio dovettero cercare fonti alternative di approvvigionamento energetico anche per il settore industriale, puntando sul nucleare in Europa, mentre gli Stati Uniti, grazie alla propria produzione interna, non ne soffrirono particolarmente.
Facendo un piccolo passo indietro al 31 luglio 1971, durante la Missione Apollo 15, una elettrica conquistò un primato fino a poco prima impensabile: posando le proprie ruote sulla luna, diventò il primo veicolo con equipaggio ad essere condotto sulla superficie lunare. Il Lunar Roving Vehicle, sviluppato da Boeing e GM Delco Electronics era dotato di quattro motori elettrici, uno per ruota e di due batterie non ricaricabili da 36 volt. Per ragioni di sicurezza, nonostante avesse comunque una discreta autonomia, non potè allontanarsi troppo da Modulo Lunare, in modo tale che in caso di guasto l’equipaggio potesse rientrare a piedi alla base. Fu comunque una buona pubblicità per le auto elettriche e, in generale, diete un boost quantomeno emotivo alla ricerca.
Dagli anni ’70 agli anni ’90 le auto elettriche rimasero perlopiù prodotti di nicchia, e molto spesso erano auto a combustione riconvertite in elettriche, ma ai problemi principali non era ancora stata trovata una risposta nonostante molte case automobilistiche, Fiat compresa, avessero investito cifre ingenti nella ricerca.
Ironia della sorte, sebbene Fiat sia stata tra gli ultimi brand a proporre un modello totalmente elettrico in tempi moderni e sia ancora parecchio indietro rispetto alla concorrenza, nel 1972 riuscì quasi a diventare la prima a lanciare una citycar elettrica, la Fiat X1/23. Purtroppo, quello che sembrava ormai un progetto pronto a entrare a gamba tesa sul mercato, alla fine rimase solo un prototipo e dovettero passare quasi altri quattro lustri prima che Fiat presentasse la Panda Elettra.
Insomma, come poi andremo ad approfondire nella prossima puntata, la vera rivoluzione arrivò verso la seconda metà degli anni ’90 quando il problema dell’ambiente tornò alla ribalta e i produttori nipponici e, più nello specifico Toyota, decisero di dare il via alla stagione delle auto ibride.