No all'energia nucleare: stessi rischi, bolletta più salata per gli Italiani

No all'energia nucleare: stessi rischi, bolletta più salata per gli Italiani
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Con l'aumento delle auto elettriche sul mercato si assisterà ad una maggiore richiesta di energia che ancora oggi viene acquistata dalle centrali nucleari dei Paesi confinanti. A parità di rischi, perché pagare di più?
11 dicembre 2014

La ricarica delle batterie in dotazione alle vetture elettriche più comuni, eseguibile dalla rete domestica in una dozzina di ore, è attualmente molto conveniente tanto è vero che lo slogan del nuovo Suv “Soul EV” della Kia è “200 chilometri con 2 euro”, cioè quasi gratis.

 

Precisiamo che tale importo riguarda esclusivamente le spese di energia; costi da ammortizzare, manutenzione, altri consumi (es. i pneumatici) eccetera sono da calcolare a parte.

 

Ma non sarà sempre così e se, da poche, queste EV diventassero numerose, la richiesta di energia elettrica sarebbe destinata a salire mettendo sotto stress la rete di distribuzione e portando ad un aumento delle tariffe, anche per compensare le mancate entrate erariali che vengono dai combustibili prelevati alla pompa. E allora veniamo alle dolenti note del costo dell’energia elettrica che in Italia, da importatori quali siamo, è assai più alto che nei Paesi confinanti o concorrenti (dal punto di vista produttivo).

Con il referendum del 1987 in Italia il "nucleare" finì sul nascere

Più di 20 anni fa (1987) votammo un referendum con cui rinunciammo alla produzione di energia elettrica da generatori nucleari sul territorio nazionale: votò il 65% degli aventi diritto e di questi l’80% volle la cessazione del nucleare. Era successo, nel 1986, il disastro di Chernobyl nella ex Unione Sovietica, altre fughe radioattive si erano verificate nel 1979 a Three Mile Island negli USA, c’erano fondati dubbi sull’affidabilità nel campo della sicurezza e c’era il problema dello smaltimento delle scorie radioattive.

kia soul ev elettrica (8)
In Italia si continua ad acquistare l'energia elettrica prodotta nelle centrali nucleari dei Paesi confinanti

 

L’opinione pubblica era scossa e suggestionabile, i “verdi” premevano prospettando altre forme “pulite” ed alternative per la produzione di energia elettrica e, col mettere a riposo (eterno) le quattro centrali semifunzionanti, il “nucleare” in Italia finì sul nascere. Ma se il quesito referendario fosse stato posto nel modo che possiamo formulare oggi e che comunque molti avevano previsto già all’epoca, quale sarebbe il risultato?

 

Oggi si potrebbe chiedere agli italiani: «Siete d’accordo ad acquistare a caro prezzo – anziché produrcela in Italia – l’energia elettrica prodotta nelle centrali nucleari dei Paesi confinanti, sapendo che i gravi rischi connessi sono gli stessi di quelli che avremmo coi generatori italiani (o maggiori perché ci manca il controllo)?».

Le radiazioni ci raggiungono in ogni caso

Perché la realtà è che importiamo il “nucleare” per compensare quello che ci manca dai nostri “idroelettrico” e “termico”; il contributo del “solare” e dell’”anemometrico” è molto ridotto. Intanto possiamo in ogni istante essere “bombardati” dalle radiazioni dei reattori dei vicini (per molti italiani più prossimi di quanto fossero quelli nazionali) che non fanno differenza per qualche centinaio (o persino migliaio) di chilometri di distanza; facciamo produrre lo stesso le pericolose scorie radioattive il cui smaltimento ce lo fanno pagare i fornitori esteri, i quali poi magari le seppelliscono nelle Alpi, come del resto avremmo fatto noi.

 

Ho pochi dubbi sul risultato di questa nuova e più esplicita formulazione del referendum, e cioè che ci faremmo l’energia nucleare in casa, con la conseguenza di avere molti posti di lavoro qualificati in più, qualche parlamentare ingenuo in meno (supponendoli in buona fede), più conoscenza sul nucleare ed energia elettrica abbondante e a prezzi contenuti. Ripeto: stessi rischi (che già ci sono), più personale al lavoro, energia meno cara.

Non è che con le nostre quattro centrali avremmo risolto i problemi del mondo, ma alcuni dell’Italia forse sì

 

Contenti? Per inciso il petrolio non è esente da emissioni dannose o perlomeno a grande “effetto serra” (conseguenza: surriscaldamento del pianeta), da perdite inquinanti nel trasporto che insudiciano i mari e le spiagge ed uccidono gli animali e da conseguenze catastrofiche, come le guerre per possederne i pozzi, con centinaia di migliaia di vittime, in gran parte giovani.

 

Beninteso, non è che con le nostre quattro centrali avremmo risolto i problemi del mondo, ma alcuni dell’Italia forse sì. Siamo a godere le conseguenze di aver deciso a maggioranza una cosa tecnica; come se la prosecuzione del “Metodo Stamina” in medicina andasse al referendum, dove il mio voto di ignorante varrebbe come quello del dottor Veronesi.

 

Carlo Sidoli 

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