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Tra le conseguenze della guida in stato d’ebbrezza, oltre alla pena detentiva scatta anche la sospensione della patente a carico dell’imputato: una sanzione che rende ancor più duro il periodo di “reinserimento sociale“.
Ma una recente sentenza della Corte di Cassazione è destinata a modificare la situazione: infatti, se l’automobilista positivo all’alcol test sceglie di svolgere lavori socialmente utili in luogo della pena detentiva, la patente gli va restituita nel momento in cui ha inizio il periodo di volontariato, e non dopo.
E’ quanto stabilito dalla quarta sezione della Corte di Cassazione: accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato torinese Gianluigi Marino, ha annullato la sentenza del Tribunale di Ivrea che aveva condannato l’imputato a 4 mesi di reclusione, al pagamento di mille euro di ammenda e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente per 9 mesi.
A giudizio della Suprema Corte, questa sanzione non poteva essere applicata, perché nel frattempo la pena detentiva era stata sostituita con i lavori di pubblica utilità.
Il 30 novembre 2015, durante un controllo stradale, l’imputato fu trovato alla guida in stato d’ebbrezza: i valori rilevati evidenziarono un tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5, fascia per la quale scatta il reato penale con l’arresto fino a sei mesi.
In sede processuale, il giudice aveva concesso i lavori di pubblica utilità, ma non aveva disposto la restituzione della patente.
L’avvocato della difesa, contestando i tempi dei procedimenti penali molto lunghi, provvide a presentare ricorso: per la prima volta a livello nazionale, la Suprema Corte ha decretato che il documento di guida deve essere restituito prima dell’inizio del volontariato, e non dopo.