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Pagare dieci euro per ricevere una raccomandata, che spesso poi non viene consegnata ma occorre ritirare di persona all’ufficio postale: è solo l’ennesima modalità di “tassa indiretta“ che consente di mettere le mani nel portafogli degli utenti.
Poi bisogna aggiungere l’importo della sanzione: insomma, siamo alle solite.
Poste Italiane, in accordo con Agcom, dal 10 giugno ha rincarato del 40% la tariffa per la spedizione delle raccomandate più comuni, che pesano meno di 20 grammi: per riceverle, se fino a pochi giorni fa il destinatario doveva pagare 6,80 euro, adesso dovrà sborsare 9,50 euro!
L’aumento, che appare esagerato già nelle dimensioni, potrebbe inoltre avere conseguenze addirittura paradossali: per esempio, la sanzione per parcheggio in divieto di sosta, uno delle più comuni, pagando entro i cinque giorni passa da 42 a 29,40 euro.
Ebbene, in alcune città, spese di notifica e di accertamento potranno valere tra i 18 e i 20 euro: importi di poco inferiori alla sanzione stessa, che in caso di annullamento della multa sarebbe difficile vedersi rimborsate.
Nel caso delle raccomandate, ricordiamo, al destinatario arrivano due diverse comunicazioni: alla prima, infatti, si aggiunge al Can (comunicazione di avvenuta notifica), già abolita dalla legge di bilancio 2018 ed invece reintrodotta dalla manovra 2019: si tratta di una seconda raccomandata (senza ricevuta di ritorno), con la quale le Poste avvisano il destinatario di aver consegnato la multa a una persona diversa, che in quel momento si trovava in casa; se non c’è nessuno in casa, in cassetta resta la Cad, necessaria al ritiro della raccomandata presso gli sportelli postali.
Una soluzione per evitare di pagare la tassa occulta esiste: basta una casella di posta elettronica certificata, cui la Polizia Municipale può inviare la notifica delle sanzioni, evitando di usare carta, risparmiando lavoro ai postini ed eliminando le ricevute di ritorno.
E, aggiungiamo noi, soprattutto evitando ulteriori rodimenti di fegato…