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È una storia che parla di accoglienza, vulnerabilità e buon senso quella che arriva da Bologna, dove un rifugiato ucraino si è visto annullare ben 50 multe per aver percorso ripetutamente corsie preferenziali tra ottobre e gennaio. L’uomo, arrivato in Italia dopo essere fuggito dalla guerra, era stato sanzionato per un totale di 4.750 euro, colpevole di aver attraversato le preferenziali di via Murri e via Matteotti senza sapere di violare il codice della strada.
Il giudice di pace Simona Santini ha accolto il ricorso presentato dal suo legale, Jacopo Mannini, riconoscendo che l’uomo ha agito in “incolpevole ignoranza”. Non parlando l’italiano e non essendo in grado di comprendere pienamente la segnaletica, ha violato le regole senza dolo, ma in buona fede. Il tutto aggravato da una condizione di fragilità economica e sociale legata al suo status di rifugiato titolare di protezione sussidiaria.
Una sentenza che fa giurisprudenza (e riflettere)
Nella sentenza si legge chiaramente che “chiaro è che il ricorrente non abbia agito con dolo”, sottolineando che le barriere linguistiche e culturali possono determinare fraintendimenti anche nelle regole più basilari, come quelle della circolazione stradale. Il giudice ha inoltre evidenziato che le infrazioni, commesse in un periodo ristretto, devono essere considerate come un’unica trasgressione. La sproporzione tra l’ammontare complessivo delle multe e la reale gravità del comportamento ha pesato nella decisione finale.
La vicenda è un esempio concreto di come la legge possa riconoscere la fragilità e l’intento genuino di chi, trovandosi in un contesto nuovo e complesso, compie errori non per malafede ma per necessità o confusione. “Se avesse saputo che sarebbe stato multato di nuovo, non avrebbe mai reiterato il comportamento”, scrive ancora il giudice, respingendo l’ipotesi di reiterazione dolosa.
Il legale dell’uomo ha espresso soddisfazione: “È una sentenza importante dal punto di vista giuridico, perché riconosce l’incolpevole ignoranza, ma anche dal punto di vista umano. In casi simili è giusto guardare alla persona e non solo al codice”.