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L’idea di immettere nel motore ad ogni ciclo una quantità di aria superiore a quella che esso è in grado di aspirare da sé è tutt’altro che nuova. L’avevano già auvuta infatti grandi pionieri come Daimler e Diesel, sul finire dell’Ottocento. Louis Renault nel 1902 ha brevettato il primo compressore centrifugo e nel 1905 l’elvetico Buchi ha pensato a un turbocompressore (a flusso assiale), anzi, addirittura a un motore turbocompound, ottenendo i relativi brevetti.
La capostipite
La prima vettura dotata di un compressore è stata l’americana Chadwick costruita nel 1907 e balzata alla ribalta per essersi imposta in una gara in salita svoltasi in Pennsylvania l’anno successivo. Era dotata di un compressore centrifugo azionato meccanicamente. In seguito Lee Chadwick ha impiegato lo stesso schema per diverse auto destinate a normale impiego stradale.
Per trovare nuovamente la sovralimentazione su di un mezzo a quattro ruote è stato necessario attendere diversi anni, durante i quali sono peraltro stati compiuti studi ed esperienze importanti, fondamentalmente in campo aeronautico. Nel 1919 Paul Daimler ha iniziato le sue ricerche in questo settore, che sono poi sfociate in nuovi motori Mercedes con distribuzione monoalbero, muniti di compressore volumetrico. Nel 1922 la casa tedesca ha vinto la Targa Florio con una vettura dotata di compressore Roots, grazie al quale la potenza del motore poteva essere aumentata del 46%. A pochi mesi di distanza la Fiat ha fatto esordire la sovralimentazione nei Gran Premi, con risultati eccellenti.
Al punto che rapidamente anche gli altri costruttori europei hanno adottato compressori volumetrici. Dall’altra parte dell’oceano, la Duesenberg si è imposta a Indianapolis con una vettura munita di un compressore centrifugo nel 1924 e nel 1925. Ormai la strada era tracciata. I mezzi impiegati per percorrerla erano però differenti; in Europa, dove i circuiti erano tortuosi o comunque imponevano forti variazioni di regime e di apertura del gas, che si susseguivano di continuo, si utilizzavano compressori volumetrici, mentre negli USA, dove si correva prevalentemente sugli ovali, si impiegavano i centrifughi. Questi ultimi hanno dominato la scena nel settore aeronautico, ove sono stati impiegati universalmente sin dagli anni Venti, tanto sugli stellari quanto sui motori a V.
La grande diffusione
Il periodo successivo ha visto una inarrestabile diffusione della sovralimentazione, culminata con i grandi trionfi delle frecce d’argento tedesche nella seconda metà degli anni Trenta e delle Alfa Romeo con la 158 e la 159 nei primi due campionati mondiali di Formula Uno (1950 e 1951). Poi i regolamenti sono cambiati e di compressori nei Gran Premi non si è più sentito parlare fino alla seconda metà degli anni Settanta. Non si trattava più però di dispositivi comandati meccanicamente, ma di turbocompressori, dispositivi costituiti dalla unione di un compressore centrifugo e di una turbina azionata dai gas di scarico.
Sui modelli di serie la sovralimentazione per decenni ha avuto una diffusione decisamente modesta, in quanto limitata ad alcuni modelli di alte prestazioni o comunque di notevole prestigio, costruiti quasi tutti nell’anteguerra. Negli anni Cinquanta l’ultima paladina del centrifugo comandato meccanicamente è stata la Studebaker, che ha utilizzato un Paxton sulla Golden Hawk e sulla Avanti. Il compressore volumetrico però è tornato alla ribalta qualche decennio dopo, impiegato dapprima su alcune Lancia (Volumex) e quindi su alcuni modelli del gruppo Volkswagen (G-Lader). Anche oggi trova applicazioni di notevole interesse, in versioni molto evolute, ma la sua diffusione è relativamente limitata.
Nel 1962, sulle automobili di normale produzione ha fatto la sua comparsa il turbocompressore, grazie alle americane Oldsmobile e Chevrolet; la cosa però è avvenuta con troppo anticipo. I tempi non erano ancora maturi, e la tecnologia neanche, tutto sommato. Questo anche se all’epoca già venivano fabbricati in serie alcuni autocarri con motore turbo e se una vettura azionata da un diesel sovralimentato mediante turbocompressore aveva ottenuto la pole position a Indianapolis dieci anni prima, nel 1952. Occorre però ricordare, a questo proposito, che nei diesel la temperatura dei gas di scarico è molto più bassa di quelle che si hanno nei motori a ciclo Otto; ciò è vantaggioso per quanto riguarda la realizzazione delle turbine, che risultano assai meno sollecitate sotto l’aspetto termico. Inoltre nei diesel il volume dei gas di scarico è elevato anche in fase di rilascio e ai regimi molto bassi, il che consente di ridurre notevolmente il famigerato turbo lag (ritardo di risposta all’azionamento dell’acceleratore).
L'arrivo della sovralimentazione con turbocompressore
Questo ha agevolato la realizzazione dei turbocompressori destinati a tale tipo di motori, e infatti già nella seconda metà degli anni Venti ci sono stati i primi esempi di applicazione in campo navale, industriale e ferroviario. In quanto ai diesel per autocarro, è stata la svizzera Saurer a proporre la sovralimentazione con turbocompressore, proprio alla fine degli anni Trenta. L’interesse dei costruttori è aumentato in misura via via crescente dopo il 1950, ma per assistere al vero boom del turbo sui diesel per veicoli industriali è stato necessario attendere la fine degli anni Settanta.
Per quanto riguarda i motori a ciclo Otto, è stato il settore aeronautico a dare il contributo più importante allo sviluppo della sovralimentazione mediante turbocompressore. C’erano interessi militari e tanti mezzi a disposizione, il che ha consentito di effettuare studi approfonditi e sperimentazioni accurate e prolungate, anche in campo metallurgico. Si deve però osservare che i motori d’aviazione funzionano a regime pressoché costante, senza le continue e repentine variazioni di carico e di velocità che hanno luogo nell’impiego automobilistico. I compressori impiegati erano invariabilmente centrifughi. Quasi tutti erano azionati meccanicamente, ma gli americani avevano già imboccato la strada del turbo, e l'hanno percorsa proficuamente…
Una soluzione che inizia a prendere piede
Tornando alle auto, dopo i prematuri tentativi da parte della Oldsmobile e della Chevrolet, sembrava che l’interesse nei confronti dei turbocompressori per i modelli di serie fosse totalmente svanito. In Germania però la pensavano diversamente e alla fine degli anni Sessanta una BMW sovralimentata con uno di tali dispositivi ha preso parte ad alcune gare tedesche per vetture da turismo. Si trattava di autentici assaggi in vista della entrata in produzione della 2002 Turbo, avvenuta nel 1973. Due anni dopo è stata la volta della Porsche 911 Turbo.
Negli USA, come già visto, la Corvair e la Jetfire non erano riuscite a “sfondare” e il grosso pubblico non sembrava attratto dalle auto sovralimentate; a Indianapolis però le cose andavano in maniera differente. L’arrivo dei motori Ford V8 sembrava aver posto fine alla gloriosa storia dei quadricilindrici Offenhauser, che quindi sono stati dotati di un turbocompressore nel tentativo di farli tornare competitivi. Sui circuiti ovali si viaggia per la maggior parte del tempo con l’acceleratore premuto a fondo o quasi e perciò non ci sono particolari problemi per quanto riguarda il ritardo di risposta. L’Offenhauser turbo ha fatto il suo esordio nel 1966 e ha vinto a Indianapolis nel 1968, per continuare a farlo anche in diverse edizioni degli anni Settanta.
“La Porsche si è sciherata nel campionato Can-Am nel 1972 con una versione sovralimentata della sua formidabile 917 a dodici cilindri, che aveva vinto a Le Mans nei due anni precedenti”
La Porsche si è sciherata nel campionato Can-Am nel 1972 con una versione sovralimentata della sua formidabile 917 a dodici cilindri, che aveva vinto a Le Mans nei due anni precedenti. I regolamenti poi erano cambiati e allora la casa tedesca aveva pensato di utilizzare la vettura, debitamente adattata, nel prestigioso campionato americano. Due anni di partecipazione si sono tradotti in due anni di successi: la 917 turbo ha trionfato sia nel 1972 che nel 1973. La Porsche ha così imboccato la strada della sovralimentazione con eccezionale determinazione e nel 1976 la sua 936 è stata la prima vettura turbo a vincere a Le Mans.
A mostrare a tutti che in Formula Uno la strada giusta era quella della sovralimentazione con turbocompressore è stata la Renault con il suo V6, apparso nei Gran Premi nel 1977. La prima vittoria è arrivata nel 1979, al GP di Francia. Il primo mondiale vinto con una vettura turbo è andato però a una Brabham munita di motore BMW, nel 1983. L’anno precedente la prima vettura con questo tipo di sovralimentazione a vincere il mondiale rally era stata un’Audi.
Diffuso sui diesel ma in calo sui benzina
Mentre la diffusione del turbo sulle auto diesel è cresciuta in maniera inarrestabile, a cominciare dal 1978 (anno della comparsa della Mercedes 300 SD e della Peugeot 604 con motori di questo tipo), fino ad arrivare alla ormai consolidata situazione di dominio assoluto della scena, per le auto di serie a benzina le cose sono andate un poco differentemente. Sull’onda dell’entusiasmo sollevato dalle straordinarie vittorie delle F1, negli anni Ottanta diversi costruttori hanno realizzato alcune pepatissime versioni turbo dei loro modelli di piccola cilindrata (basta pensare alla Uno Turbo…).
Altri hanno cominciato a realizzare auto di media cilindrata già nel 1979, prima ancora del boom sportivo, ma in molti casi senza una particolare convinzione; alcuni sembrava quasi che volessero solo vedere come reagiva il mercato. Per assistere alla grande affermazione delle vetture a benzina con motore turbo è stato necessario attendere ancora un bel po’… Un grande contributo qui è stato dato dall’elettronica, per quanto riguarda i sistemi di controllo motore e di gestione della sovralimentazione, e anche dai notevoli miglioramenti dei quali è stata oggetto la tecnologia dei turbocompressori. L’affermazione del downsizing ha completato l’opera.