Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Per conoscere la potenza di un motore basta moltiplicare il regime di rotazione per la coppia. Quest’ultima è il prodotto della cilindrata per la pressione media effettiva, che indica quanto sono “vigorose” le singole fasi utili che hanno luogo all’interno dei cilindri. Per ottenere la potenza occorre dunque moltiplicare la pressione media effettiva (PME) per la cilindrata e per il regime di rotazione. Sono questi i tre fattori che la determinano.
Nella formula non compaiono le misure di alesaggio e corsa e il rapporto di compressione, parametri motoristici fondamentali, né il numero dei cilindri. Come si spiega questo? Tutti sanno che variando anche uno solo di tali parametri le prestazioni del motore cambiano. La risposta è che sono presenti ma non in maniera esplicita, come viene spiegato qui di seguito.
Le sollecitazioni meccaniche aumentano al crescere della velocità media del pistone, che dipende direttamente dal regime di rotazione e dalla corsa (e quindi, se la cilindrata resta invariata, è legata sia al rapporto corsa/alesaggio che al frazionamento).
In effetti le sollecitazioni meccaniche dipendono dalle forze d’inerzia e quindi dalla accelerazione del pistone. Per calcolarla occorre conoscere la lunghezza della biella. Questo dato non è sempre noto, al contrario della corsa, che viene sempre indicata nelle schede tecniche dei vari modelli. Di conseguenza in genere, per ragioni di praticità, per valutare l’entità delle sollecitazioni meccaniche si fa riferimento alla velocità media del pistone, sempre al regime di massima potenza, in quanto indice affidabile e di facile calcolo.
In settori, come quello dei veicoli industriali, nei quali è di vitale importanza una grande durata del motore, essa è sempre molto bassa, e questo non tanto per limitare le sollecitazioni meccaniche quanto per contenere l’usura.
Nelle odierne vetture di piccola e media cilindrata la velocità media del pistone è generalmente dell’ordine di 16 – 18 m/s; nei modelli di prestazioni elevate può salire anche fino ad arrivare dalle parti di 21 m/s. Nelle monoposto di Formula Uno aspirate dei primi anni Duemila si raggiungevano valori dell’ordine di 25 metri al secondo o poco più. È interessante notare che alcune moto sportive di serie con motore a quattro cilindri di 1000 cm3, utilizzabili normalmente su strada, la velocità media del pistone è arrivata a superare i 24 m/s!
Moltiplicare la cilindrata per il regime di rotazione (ossia un volume per una frequenza) è come moltiplicare la velocità media del pistone per la superficie totale dei pistoni (cioè uno spostamento nell’unità di tempo per un’area). È quindi chiaro che la potenza erogata da un motore dipende direttamente da questi ultimi due parametri: nella formula già vista basta metterli al posto della cilindrata e del regime di rotazione.
Maggiore la superficie dei pistoni, più alta la potenza ottenibile. Tale superficie, ferme restando la cilindrata e la velocità del pistone, è legata al frazionamento del motore e al rapporto corsa/alesaggio (C/D). Aumenta al crescere del primo e al diminuire del secondo. D’altro canto, con uno stesso rapporto C/D e uno stesso numero di cilindri, lasciando invariata la cilindrata, la potenza aumenta al crescere della velocità media del pistone, che come visto è direttamente legata al regime di rotazione. Dunque è chiaro che la formula della potenza tiene conto dei diversi parametri motoristici dei quali abbiamo parlato, anche se ciò non appare in forma esplicita!
Come ovvio, sempre fermi restando il rapporto corsa/alesaggio e la cilindrata totale del motore, il regime di rotazione che può essere raggiunto (a parità di sollecitazioni, ovvero di velocità media del pistone) cresce all’aumentare del frazionamento. Cilindri più piccoli significano minor “percorso” dei pistoni a ogni giro dell’albero a gomiti. E, a parità di cilindrata complessiva e di numero di cilindri, il regime raggiungibile con una eguale velocità del pistone aumenta al diminuire del rapporto corsa/alesaggio. Anche se il volume di ogni cilindro non varia, cambia infatti la distanza che ciascun pistone compie a ogni giro dell’albero.
Quando però l’obiettivo è quello di contenere i consumi, non va trascurato il fatto che, al contrario, un elevato rapporto corsa/alesaggio consente di ottenere una camera di combustione più compatta e riduce il rapporto tra superficie e volume, il che si traduce in minori perdite di calore e perciò in un miglior rendimento termico: il carburante viene “utilizzato” meglio (e per ogni cavallo erogato si consuma una minor quantità di carburante). Però le prestazioni ottenibili sono meno elevate. Regimi di rotazione molto elevati non possono essere raggiunti perché la velocità media del pistone diventa troppo alta; le sollecitazioni meccaniche risultano quindi eccessive e la respirazione del motore diventa più difficoltosa.
Dunque, ferma restando la cilindrata totale del motore, ai fini delle prestazioni sono convenienti un elevato frazionamento (ma ciò fa aumentare la complessità costruttiva, l’ingombro e il peso), un grande alesaggio, che consente anche di impiegare valvole di diametro cospicuo, a vantaggio del rendimento volumetrico (e quindi della PME), e una corsa ridotta, che consente di raggiungere regimi di rotazione assai alti. Cioè di avere un maggior numero di fasi utili nell’unità di tempo. Se però si cercano i consumi minori, la situazione cambia…