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La salvaguardia dell’ambiente è oggi di importanza vitale. Le emissioni di sostanze nocive o in grado di influenzare negativamente il clima vanno ridotte al minimo. Alle industrie, alle centrali termoelettriche e ai sistemi di riscaldamento delle abitazioni, come fonti di inquinamento si aggiungono i veicoli a motore.
Grandi sforzi sono stati compiuti negli ultimi anni e i risultati sono eccellenti: le automobili sono sempre più pulite, almeno nelle nazioni industrializzate; il loro numero però è tale che le loro emissioni hanno comunque un impatto notevole sull’ambiente. E la loro densità nelle grandi città è addirittura impressionante.
Per trattare l’argomento in maniera adeguata è innanzitutto opportuno descrivere quali sono le sostanze inquinanti in gioco e perché vengono emesse.
Cosa fuoriesce dallo scarico
Teoricamente un motore alimentato con una miscela di aria e carburante avente una dosatura chimicamente corretta non dovrebbe emettere allo scarico altro che acqua (allo stato di vapore), anidride carbonica e azoto. Quest’ultimo costituisce oltre il 78% dell’aria, in volume, e non dovrebbe partecipare in alcun modo alla combustione. In altre parole, si dovrebbe comportare come un gas inerte e uscire dai cilindri così come vi è entrato.
Gli unici prodotti di una combustione completa sono dunque l’acqua e l’anidride carbonica, sia nei motori a benzina che in quelli a gasolio. Questo però in teoria, perché all’atto pratico le cose stanno un poco diversamente e dallo scarico esce anche qualcos’altro… Si tratta fondamentalmente dei tre inquinanti “classici”, ossia l’ossido di carbonio, gli idrocarburi e gli ossidi di azoto, le cui emissioni sono regolamentate da diversi anni a questa parte con apposite norme che prevedono una graduale riduzione dei valori massimi ammissibili.
L'ossido di carbonio
L’ossido di carbonio è un gas velenosissimo che si forma quando non vi è ossigeno a sufficienza per ottenere la combustione completa. Una quantità ridottissima nell’aria (attorno allo 0,1%) è sufficiente a causare la morte.
Quando la miscela è ricca (carburante in eccesso rispetto all’aria), non è possibile che ogni atomo di carbonio presente nella camera di combustione si combini con due atomi di ossigeno, in modo da dare origine alla anidride carbonica (CO2). Si forma invece l’ossido di carbonio (CO), nella cui molecola è presente un solo atomo di ossigeno.
Occorre tener presente che, anche se complessivamente la miscela ha una dosatura corretta, non è detto che il carburante sia distribuito uniformemente in seno alla massa gassosa. Possono esserci delle zone nelle quali l’ossigeno è in difetto, ossia la dosatura è localmente ricca.
Gli idrocarburi incombusti
Gli idrocarburi sono presenti in seno ai gas di scarico quando nella miscela presente nella camera non c’è aria a sufficienza per ottenere una combustione completa. In altre parole, la miscela è ricca e l’ossigeno è in difetto rispetto al carburante. Una parte di quest’ultimo, quindi, non brucia ed esce successivamente dallo scarico così come era entrata nel cilindro.
Occorre inoltre osservare che, anche se la dosatura della miscela è corretta, non tutto il carburante fornito riesce a bruciare.
Ci sono delle zone nelle quali il fronte di fiamma, originatasi in corrispondenza della candela, non riesce a penetrare (o comunque la combustione non ha luogo in quanto la fiamma letteralmente si spegne). Si tratta dei “volumi interstiziali”, come quello tra il primo colletto del pistone e la canna del cilindro e quello in corrispondenza del bordo della guarnizione della testa.
I motori Diesel
Nei motori diesel non c’è un fronte di fiamma che avanza durante la combustione e le modalità con le quali quest’ultima si svolge sono ben diverse, rispetto a quelle che si hanno nei motori a ciclo Otto.
Anche per loro valgono comunque considerazioni analoghe. È vero che la dosatura è sempre magra, con aria notevolmente in eccesso, ma è anche vero che non tutto il carburante emesso dall’iniettore riesce a bruciare. La dosatura può essere notevolmente diversa da zona a zona della camera; in certi punti è molto ricca e in altri assai magra. Non tutto il gasolio riesce quindi a combinarsi con l’aria.
I motori a benzina
Tornando ai motori a ciclo Otto (ossia ad accensione per scintilla), c’è anche da tenere presente che durante l’incrocio sono leggermente aperte sia le valvole di aspirazione (che hanno iniziato il loro sollevamento dalle sedi) sia quelle di scarico (che stanno per chiudersi) e che a certi regimi di rotazione, se l’alimentazione è a iniezione indiretta, inevitabilmente una certa quantità di carburante passi direttamente nello scarico.
Questa perdita di benzina può essere ridotta notevolmente adottando un sistema di distribuzione a fasatura variabile. E può essere eliminata completamente se si passa alla iniezione diretta.
Gli ossidi di azoto
L’azoto dovrebbe comportarsi come un gas inerte ma in presenza di temperature molto elevate una certa parte di quello presente nella camera di combustione reagisce con l’ossigeno (se questo è presente in quantità adeguata) formando degli ossidi. Questi inquinanti, che tra l’altro sono tra i maggiori responsabili delle cosiddette “piogge acide”, si formano dunque con miscele magre (specialmente) o a dosatura stechiometrica.
Il particolato
Il particolato è tipico dei motori diesel, per i quali il suo abbattimento costituisce un problema di portata tutt’altro che trascurabile.
Di recente, con la diffusione dei sistemi di iniezione diretta, anche per i motori a ciclo Otto si è cominciato a parlare del particolato, che come noto è costituito dall’insieme delle particelle solide e liquide che vengono emesse allo scarico.
Si tratta fondamentalmente di fuliggine di più sostanze di vario tipo (idrocarburi, composti metallici, acqua…) che si attaccano ai piccolissimi nuclei carboniosi. La composizione delle particelle varia considerevolmente in funzione del carico motore. La formazione avviene in seguito a combustione parziale degli idrocarburi.
Ciò accade sia perché alcune delle goccioline emesse dall’iniettore sono di dimensioni tali che non riescono a vaporizzare nel breve tempo disponibile, sia perché attorno a loro le molecole di carburante presenti nella camera non hanno sempre una sufficiente quantità di aria. I meccanismi di formazione del particolato non sono comunque ancora noti in ogni loro dettaglio.
Schematicamente si può parlare di una prima fase di cokerizzazione o di pirolisi, accompagnata da deidrogenazione e da una successiva coagulazione/agglomerazione dei minuscoli nuclei di carbonio. Il diametro delle particelle va da 0,01 a alcuni micron. La maggior parte comunque è compresa tra 0,1 e 0,3 micron.